Ue boccia l’Autonomia differenziata e richiama l’Italia: “Rischio disuguaglianze”

La Commissione ammonisce l'Italia sull'Autonomia differenziata e su tutti i possibili rischi per le Regioni. Intanto il M5s scrive a Mattarella per respingere la legge

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Luca Bucceri

Giornalista economico-sportivo

Giornalista pubblicista esperto di sport e politica, scrive di cronaca, economia ed attualità. Collabora con diverse testate giornalistiche e redazioni editoriali.

Anche l’Ue ha da ridire sull’Autonomia differenziata, con la Commissione che ha bocciato la riforma dopo il passaggio in Parlamento. L’Unione, infatti, ha redatto un documento in cui ha richiamato l’Italia e il proprio governo dopo la decisione presa, con una serie di raccomandazioni sulle politiche economiche, sociali, occupazionali, strutturali e di bilancio prese. E proprio sull’Autonomia la bocciatura appare chiara, con l’Ue che ha definito quella in atto una vera e propria “devolution” che ha il rischio di portare una spaccatura all’interno del Paese, con l’acuirsi delle disuguaglianze tra Nord e Sud.

Autonomia differenziata, la bocciatura dell’Ue

Nel documento di lavoro dell’Ue sull’Italia redatto nell’ambito delle raccomandazioni sulle politiche economiche, sociali, occupazionali, strutturali e di bilancio, di cui l’ANSA ha preso visione, si legge una chiara presa di posizione da parte della Commissione sull’Autonomia differenziata passata in Parlamento. L’Ue, infatti, richiama l’Italia prima dell’approvazione finale della riforma, lanciando l’ammonimento al governo Meloni su quanto deciso.

L’Ue definisce quella in atto come una “devolution di ulteriori competenze alle regioni italiane” che “comporta rischi per la coesione e le finanze pubbliche del Paese”. Il pericolo, tra l’altro, è di “disuguaglianze tra le regioni“, col disegno di legge sull’autonomia che “include alcune tutele per le finanze pubbliche, come le valutazioni periodiche delle capacità fiscali regionali e i requisiti per i contributi regionali per raggiungere gli obiettivi fiscali nazionali”.

“Tuttavia sebbene assegni specifiche prerogative al governo nel processo negoziale, non fornisce alcun quadro comune per valutare le richieste regionali di competenze aggiuntive”, osserva Bruxelles, mettendo in luce che “le regioni potranno così richiedere competenze aggiuntive solo una volta definiti i corrispondenti ‘livelli essenziali di servizi’ (Lep)”.

E proprio sui Lep viene posto l’accento, perché “poiché garantiscono solo livelli minimi di servizi e non riguardano tutti i settori, vi sono ancora rischi di aumento delle disuguaglianze regionali“, L’ammonimento dell’esecutivo Ue, poi, si sposta su un problema organizzativo: “La devolution di poteri aggiuntivi alle regioni su base differenziata aumenterebbe anche la complessità istituzionale, comportando il rischio di costi più elevati sia per il settore pubblico che per quello privato”.

La lettera dei M5s a Mattarella

Insomma, un disegno di legge che non convince la Commissione. Un parere che di certo non sarà accantonato, soprattutto dalle opposizioni che già da giorni si muovono affinché la riforma non sia effettiva.

A lavorarci è soprattutto il Movimento 5 Stelle, che con i capigruppo alla Camera e al Senato Francesco Silvestri e Stefano Patuanelli ha scritto una lettera rivolta al presidente della Repubblica Sergio Mattarella con una chiara richiesta: non firmare la riforma sull’Autonomia differenziata.

“Il rinvio presidenziale di cui all’articolo 74 della Costituzione rappresenta una funzione di controllo preventivo, posta a garanzia della complessiva coerenza del sistema: coerenza del sistema costituzionale e democratico potenzialmente compromessa dal disegno di legge in questione. La preghiamo, pertanto, di voler valutare l’opportunità di esercitare la Sua prerogativa costituzionale, proprio per salvaguardare il complessivo assetto democratico, nell’ambito della coerenza e della conformità normativa del disegno di legge sull’Autonomia con i principi fondamentali della nostra Carta costituzionale” si legge nella lettera al Capo dello Stato.

E i capigruppo non fanno sconti nel giudicare la riforma: “Dissolve l’unità del Paese e manda in frantumi la solidarietà nazionale. La riforma è figlia di un esasperato regionalismo spinto al limite della secessione, quella dei ricchi, a danno dei cittadini che vivono nelle aree del Paese meno dotate di infrastrutture e servizi”.