Christine Lagarde, Presidente della Bce, punta i riflettori su una strategia ben diversa rispetto alla semplice reazione alle minacce di dazi provenienti dagli Stati Uniti. “Non dovremmo reagire d’istinto, ma negoziare”, ha dichiarato in un’intervista al Financial Times. Secondo la sua visione, l’Unione Europea avrebbe tutto da guadagnare dall’apertura di un confronto costruttivo con l’amministrazione americana.
Le dichiarazioni della Presidente Bce si inseriscono nel clima di tensione creato dal presidente eletto statunitense, che ha fatto del protezionismo uno dei pilastri della sua campagna elettorale. Lagarde, invece, prova strategicamente a guardare oltre lo scontro, puntando su un approccio che riduca il rischio di escalation economiche e favorisca un’interazione più pragmatica tra le due sponde dell’Atlantico.
Le guerre commerciali non fanno vincitori
Lagarde non ha usato mezzi termini per descrivere il rischio di uno scontro tariffario. Una guerra commerciale, secondo lei, sarebbe una spirale che danneggia tutti: “Questo non può essere nell’interesse di nessuno, né degli Stati Uniti né dell’Europa, o di chiunque altro”. In caso di escalation, il risultato sarebbe una contrazione dell’economia globale, con effetti che potrebbero colpire pesantemente sia le imprese sia i consumatori.
Il presidente eletto statunitense, Donald Trump, ha già promesso tariffe del 20% su tutte le importazioni non cinesi e minacciato misure ancora più severe contro Pechino. La Bce teme che questa politica possa spingere le aziende europee a delocalizzare negli Stati Uniti, riducendo ulteriormente la competitività dell’UE.
L’alternativa pragmatica di Christine Lagarde: comprare per trattare
Lagarde ha proposto una soluzione che potrebbe trasformare una minaccia in un’opportunità di cooperazione economica. L’idea è quella di aumentare gli acquisti di prodotti americani, dimostrando la volontà europea di trovare un terreno comune: “Potremmo offrire di acquistare determinate cose dagli Stati Uniti e segnalare che siamo pronti a sederci al tavolo e vedere come possiamo lavorare insieme”.
Questo approccio, decisamente molto più morbido ma nelle intenzioni si spera altrettanto incisivo, si opporrebbe a strategie punitive che rischiano di diventare una gara al ribasso senza reali vincitori.
Dazi e inflazione: un effetto collaterale già scritto?
Sul possibile impatto economico delle politiche tariffarie, anche visti i recenti dazi promessi da Trump a paesi confinanti come Canada e Messico, Lagarde ha mantenuto una certa cautela: è troppo presto per stimare le conseguenze.
Tuttavia, ha aggiunto che “se non altro, forse si tratta di un po’ di inflazione netta nel breve termine”.
Innovazione europea: più di un museo
La Presidente della Bce però mantiene un approccio molto lucido e vede nelle tensioni commerciali anche un’opportunità per accelerare le riforme interne. Ha citato la necessità di completare l’Unione dei mercati dei capitali, una proposta bloccata da anni, ma che oggi potrebbe diventare realtà. “Non ho mai visto un tale livello di comprensione e entusiasmo come quello attuale”, ha detto.
Confrontata con l’idea che l’Europa stia diventando un “museo economico”, Lagarde ha risposto con ironia: “È un museo piuttosto attraente, se me lo chiedete”. Ha evidenziato esempi di eccellenza, come il settore agricolo olandese, capace di rendere i Paesi Bassi il secondo esportatore mondiale di prodotti agricoli. “Sapevate che il Paese, nonostante le dimensioni, è così competitivo?” ha chiesto, ribaltando le critiche sui pomodori olandesi: “Ma li mangiate”.
Il dumping cinese e le nuove sfide per l’Ue
Oltre agli Stati Uniti, anche la Cina rappresenta una fonte di preoccupazione per Lagarde. La minaccia di Trump di imporre tariffe al 60% sui beni cinesi potrebbe spingere Pechino a riversare prodotti a basso costo sul mercato europeo, mettendo ulteriormente sotto pressione l’industria del continente. “Uno scenario di rilocalizzazione delle merci cinesi richiede un monitoraggio attento”, ha avvertito la Presidente della Bce.