L’Italia combatte una guerra su due fronti, con armi tecnologicamente avanzate ma una retroguardia che fatica a reggere. È il quadro che emerge dall’ultima analisi dettagliata “Mind the Gap” della Commissione Europea sul sistema fiscale europeo. L’Italia viene descritta come virtuosa nella trasparenza e nell’innovazione digitale, ma paralizzata da una riscossione inefficiente e un’evasione concentrata in alcuni settori chiave. Il risultato è un buco che nel 2022 ha superato i 100 miliardi di euro.
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Occhi sul lavoro autonomo e piccole imprese
Il dato più eclatante riguarda i lavoratori autonomi e le piccole imprese. Secondo le stime nazionali citate dal rapporto, questa categoria presenta una “propensione all’evasione” del 59,8%. In altre parole, per ogni 100 euro di tasse che dovrebbero versare, ne pagano meno di 40. In valore assoluto, si tratta di circa 37 miliardi di euro sottratti all’erario ogni anno.
Anche l’evasione dell’imposta sul reddito delle società (IRES) è in aumento, salita al 19,5% del gettito potenziale (pari a 10,3 miliardi). Un valore quasi doppio rispetto alla media europea, stimata del 10,9%. A fronte di questo, l’evasione tra i dipendenti resta residuale, fermandosi al 2,1%. Si conferma così un’evasione “a due velocità”, che grava in modo sproporzionato su alcuni e mina la concorrenza leale.
Il paradosso italiano: si accerta, ma non si incassa
Il vero tallone d’Achille del sistema, tuttavia, non è la capacità di scoprire l’evasione, ma quella di recuperare quanto dovuto. I numeri del 2024 fotografano una debolezza strutturale:
- a fronte di 72,3 miliardi di euro di evasione accertata, il recupero effettivo è stato di 12,8 miliardi (17,7%);
- per le cartelle esattoriali già emesse, dei 40,7 miliardi accertati in questa fase viene incassato solo il 3,1%.
Il risultato è un ammasso di crediti giudicati in gran parte inesigibili: alla fine del 2023, le cartelle pendenti in Italia equivalgono al 180,8% delle entrate nette complessive. Per rendere l’idea, la media Ue è del 30,7%.
Bene la digitalizzazione
Se la riscossione arranca, il fronte della prevenzione e del controllo registra invece passi avanti significativi, riconosciuti a livello europeo. L’Italia è indicata come modello per la digitalizzazione dell’amministrazione fiscale. Le misure più efficaci includono:
- fatturazione elettronica obbligatoria, estesa progressivamente a tutte le transazioni;
- sistemi di intelligenza artificiale come VeRa (Verifica Rapporti Finanziari) per analisi incrociate dei dati;
- interoperabilità delle banche dati per una rete di controllo più fitta.
Questi strumenti hanno contribuito a ridurre il tax gap complessivo (la differenza tra quanto dovuto e quanto versato) dal 19,6% del 2018 a circa il 17% nel 2022. Inoltre, l’Italia è tra i pochi Paesi Ue a pubblicare ogni anno stime dettagliate e disaggregate del tax gap, una trasparenza che la Commissione definisce “virtuosa”.
Agevolazioni per 119 miliardi
Oltre all’evasione, il rapporto mette in luce un altro problema: le spese fiscali, ovvero le agevolazioni, le detrazioni e le esenzioni previste dal sistema. Nel 2025, queste misure comporteranno mancate entrate per 119 miliardi di euro, una cifra stratosferica pari all’11,4% del gettito fiscale totale e al 5,8% del Pil. La somma è superiore all’intero gettito annuale dell’IVA.
La Commissione osserva che, nonostante il numero di queste agevolazioni sia leggermente diminuito (da 625 a 575), il loro impatto in termini di gettito mancato è aumentato. Le più consistenti riguardano il capitolo “Abitazione e pianificazione urbana” (63,5 miliardi), seguite da “Competitività e sviluppo delle imprese” (19,6 miliardi).
Le raccomandazioni di Bruxelles
Alla luce di questa analisi, la Commissione Europea ha rivolto all’Italia raccomandazioni specifiche. Oltre a proseguire nel contrasto all’evasione, in particolare quella degli autonomi, Bruxelles esorta Roma a migliorare drasticamente l’efficienza della riscossione. Viene suggerito di scambiare esperienze e buone pratiche con altri Stati membri e di avviare controlli fiscali congiunti.
Obiettivo del governo è quindi capitalizzare gli investimenti per rendere i controlli più mirati, e al tempo stesso riformare in profondità la macchina della riscossione. Questo per colmare il divario fra ciò che viene accertato e ciò che effettivamente entra nelle casse dello Stato.