Si chiude una settimana all’insegna della debolezza per i mercati finanziari mondiali, da un lato all’altro dell’oceano, con la Borsa di Londra che ha risentito della salita dell’inflazione. L’attenzione degli investitori si è focalizzata anche sulla BCE e sulla Federal Reserve. Nel frattempo, gli investitori continuano a monitorare le novità sui dazi dell’amministrazione statunitense e le tensioni geopolitiche. Sale l’attesa per le elezioni tedesche, nel weekend, che potrebbero avere un risvolto sul rilancio dell’economia in difficoltà.
Inflazione UK al 3%: le sfide della BoE
A gennaio l’inflazione del Regno Unito si è attestata al 3% su base annua, leggermente al di sopra delle previsioni. I trasporti, i prodotti alimentari, le bevande analcoliche e l’istruzione sono stati i principali fattori di aumento.
L’inflazione core, che esclude i costi energetici e alimentari, è salita al 3,7%, in linea con le stime del consensus. L’Office for National Statistics (ONS) ha ipotizzato che l’introduzione dell’IVA sulle rette scolastiche private possa essere all’origine dell’aumento dei prezzi dell’istruzione.
Questo dato, spiega Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm, evidenzia le sfide che la Banca d’Inghilterra continua a dover affrontare per tornare a un’inflazione del 2%. Verso la fine del 2024 c’era ottimismo sulla possibilità che nel 2025 la banca centrale del Regno Unito riducesse i tassi su base trimestrale, e alcune stime prevedevano addirittura cinque o sei tagli nel corso dell’anno. “Tuttavia, le pressioni inflazionistiche in essere, comprese la crescita sostenuta dei salari e la possibilità di un aumento dei dazi commerciali, potrebbero limitare il margine di manovra per ulteriori tagli dei tassi nel 2025”.
BCE verso altri due tagli nel primo semestre
Fra elezioni in Germania e inflazione, si prevedono altri due tagli della BCE nel primo semestre. E’ quanto prevedono gli analisti di Schroders Economics Team. La BCE ha assunto un atteggiamento più accomodante, spostando la sua attenzione dall’inflazione elevata alla crescita lenta. “Pur avendo modificato le nostre previsioni per includere un ulteriore taglio dei tassi, manteniamo ancora una posizione relativamente aggressiva sui tassi di interesse. Prevediamo che la BCE smetterà di tagliare i tassi a giugno, mantenendo il tasso di deposito al 2,25%. Al contrario, i mercati si aspettano che la BCE ridurrà il tasso di deposito al di sotto del 2%”, sottolineano gli analisti che si attendono “uno scenario di stagflazione nell’Eurozona, dove una lieve ripresa della crescita sarà sostenuta da consumi più forti, ma gli investimenti rimarranno contenuti. Con l’inflazione che resta elevata, la BCE dovrebbe effettuare solo due ulteriori tagli dei tassi quest’anno”. Abbiamo aggiornato la nostra previsione sull’inflazione headline per il 2025 dal 2,2% al 2,4% su base annua, sulla scia dell’aumento dei prezzi dell’energia e dei generi alimentari, mentre continuiamo a prevedere che l’inflazione core resterà elevata, al 2,3%. Anche l’inflazione dei servizi sembra destinata a rimanere alta, poiché la resilienza del mercato del lavoro consente ai sindacati di mantenere un forte potere contrattuale nelle trattative salariali. In particolare, la Germania sta entrando in un periodo critico di trattative salariali, in un momento in cui sia l’inflazione che le aspettative di inflazione sono in aumento.
La Fed e la prima volta della Reserve Bank of Australia
La Banca centrale australiana ha tagliato il suo tasso di interesse per la prima volta da novembre del 2020, mettendo in guardia dalle turbolenze globali che potrebbero ostacolare l’ulteriore allentamento monetario. La Reserve Bank of Australia, in una nota, ha riferito di aver adottato la limatura dello 0,25%, al 4,10%, grazie all’inflazione “scesa sostanzialmente dal picco del 2022”, pur restando “cauta” sugli sviluppi futuri. Le incertezze geopolitiche e politiche, infatti, “sono pronunciate e potrebbero gravare sulle attività in molti Paesi se famiglie e aziende ritardassero le spese in attesa di maggiore chiarezza sull’outlook”.
Dai verbali del FOMC della riunione Fed, del 28-29 gennaio, è emerso l’approccio cauto della banca centrale guidata da Jerome Powell, con i membri che hanno dichiarato di “voler vedere (a condizione che l’economia rimanga vicina al massimo livello di occupazione) ulteriori progressi sull’inflazione prima di apportare nuovi aggiustamenti” sui tassi di riferimento.
Il settore manifatturiero resta in contrazione in Eurozona ma con segnali di miglioramento
In Eurozona l’indice PMI manifatturiero di febbraio preliminare è salito a 47,3 punti dai 46,6 di gennaio. Il settore manufatturiero resta quindi in contrazione (sotto i 50 punti) sebbene mostri segnali di miglioramento. Per quanto riguarda i servizi, l’indice PMI a febbraio si è attestato a 50,7, in calo dai 51,3 punti del mese di gennaio. In Regno Unito l’inflazione si è attestata al 3%, a gennaio, sopra le previsioni degli analisti, mentre quella “core” che esclude i costi energetici e alimentari, è salita al 3,7%, in linea con le stime di consensus. In Germania, lo Zew Institute, ha rilevato un miglioramento del sentiment investitori, a febbraio.
Non si arresta la corsa dell’oro. Goldman Sachs alza stima prezzo a 3.100 dollari
L’Oro continua a correre ed ha ormai pressoché raggiunto un valore di 3mila dollari l’oncia. Gli analisti di Goldman Sachs hanno appena rivisto al rialzo le previsioni sul prezzo dell’oro, in base ad una serie di fattori, non ultimi gli acquisti delle banche centrali, e consigliano di “acquistare”. “Abbiamo rivisto al rialzo le nostre previsioni sul prezzo dell’oro di fine 2025 a 3.100 dollari/toz, rispetto ai precedenti 2.890 dollari/toz – segnala la banca d’affari statunitense – a causa di una domanda strutturalmente più elevata da parte delle banche centrali, con la nostra “GS central bank nowcast” (previsioni a breve sulle mosse delle banche centrali) che sorprende ancora una volta al rialzo a dicembre, e ribadiamo la nostra raccomandazione di trading long (acquisto) sull’oro”.
Tra le commodities, si sono mossi al rialzo i prezzi del petrolio, sostenuti dai timori per le interruzioni dell’offerta in Russia e negli Stati Uniti.
La performance settimanale delle borse
La palma dei rialzi, in questa settimana, viene conquistata dalla piazza di Milano che porta a casa un progresso dell’1,3% circa, sostenuta soprattutto dal risiko bancario. Leggermente positiva Madrid +0,12%. Deboli le altre piazze di Eurolandia: la Borsa di Parigi lima lo 0,12%, quella di Francoforte scivola dell’1,4% e quella di Londra dell’1,2%. Il finale si debole anche per la borsa di Wall Street.
I migliori e peggiori a Piazza Affari
A Piazza Affari, la migliore blue chips risulta STM che porta a casa un rialzo del 16,5%: ha annunciato una nuova tecnologia per data center e cluster AI con Amazon. Bene, inoltre, Leonardo (+14,9%) che ha alzato il velo sui conti 2024. Tra le banche, fa bene BPER con un +6,7% seguita da Banco BPM +4,5% e MPS +4,2%. Unicredit +3,5%. Acquisti anche su Campari +6,5% che ha confermato di stare lavorando a un piano che include una “ristrutturazione organizzativa”. Dal lato dei ribassi, pesante la discesa di Interpump -19,6% e di Recordati -11,8%.