Il mondo dei finanziamenti moderni è molto diverso, anche solo rispetto a quello di vent’anni fa. Infatti, oggi esistono innumerevoli modalità con cui è possibile reperire capitale per avviare una propria attività o portare a termine un progetto, riuscendo, di conseguenza, ad aggirare tutte quelle limitazioni imposte dalle banche e dagli istituti di credito. Tra i tanti strumenti per finanziare una startup o una PMI, esiste anche il cosiddetto equity crowdfunding, o finanziamento collettivo in italiano.
Questo approccio prevede un processo collaborativo che avviene attraverso portali online autorizzati, dove un gruppo di soggetti conferisce il proprio denaro per sostenere e finanziare gli sforzi di persone e di organizzazioni. Di fatto, il sistema rende possibile la raccolta di liquidità da parte di startup innovative e piccole e medie imprese, sia innovative che non, sfruttando in modo innovativo gli strumenti informatici a disposizione e facendo leva sulla capacità delle stesse piattaforme dedicate di coinvolgere ed emozionare una grande quantità di persone. In questa guida, scopriremo insieme cos’è l’equity crowdfunding, la sua origine e come funziona, senza sottovalutarne vantaggi e inevitabili rischi.
Indice
Equity crowdfunding: cos’è e da dove nasce
L’equity crowdfunding, per definizione, significa puntare su imprese che si ritiene abbiano il potenziale per crescere e imporsi sui mercati. Senza passare per i finanziamenti bancari e i loro elevati tassi di interesse, le aziende possono richiedere capitale agli stessi investitori tramite delle campagne di finanziamento online. In pratica, si investono soldi in cambio di una parte delle quote del loro capitale, diventando soci della società.
D’altronde, il termine deriva dalle due parole inglesi crowd, folla, e funding, finanziamento, e ad oggi rappresenta uno dei quattro modelli di crowdfunding esistenti: il donation-based crowdfunding, l’equity-based crowdfunding, il reward-based crowdfunding e il social lending. Il concetto stesso di crowdfunding ha letteralmente rivoluzionato l’intera industria del capitale, abbattendo le barriere che non permettevano alla folla di investire e sostenere in maniera diretta un progetto e consentendo allo stesso “pubblico” di usufruire a sua volta di sgravi fiscali e di vantaggi economici.
Ci troviamo, insomma, di fronte a una specie di fundraising che utilizza la sharing economy e siti web appositamente creati. E, se è vero che la sua importanza si è fatta gradualmente più evidente, allo stesso modo lo sviluppo dell’equity based crowdfunding è stato sicuramente favorito dalla crescente difficoltà di accesso al credito da parte delle imprese dopo la crisi finanziaria del 2008. Capirete, allora, perché si stia affermando prepotentemente negli ultimi anni.
Guardando al modello, le piattaforme di equity crowdfunding si impongono come un accesso diretto a una tipologia di investimento democratico, svolgendo allo stesso tempo il ruolo di garante. Per evitare di dirottare capitale su attività potenzialmente fallimentari, su questi siti le proposte inviate vengono accuratamente selezionate, elaborate e valutate, prima di essere pubblicate ad uso e consumo dei “backer“. Il pubblico interessato a investire in una startup può così scegliere tra quei progetti che appaiono più sicuri e remunerativi nel lungo periodo, o, in generale, più allettanti.
Equity crowdfunding: come funziona
Ora che abbiamo compreso cos’è l’equity crowdfunding, è opportuno capire anche come funziona. Il modello Equity prevede che il finanziamento sia erogato sotto forma di capitale di rischio, con gli investitori che ottengono in cambio delle quote di partecipazione nella società, con tanto di conseguenti diritti di tipo patrimoniale e amministrativo. Proprio come funzionano le quote societarie standard, con cui si acquisiscono sia i diritti relativi ai dividendi e all’utile sia i diritti di voto in assemblea.
Se un’impresa in cui abbiamo investito incontra il successo di mercato sperato, le azioni che possediamo avranno un valore più elevato di quello che si è pagato e potremo quindi ricavarne un profitto vendendole, oppure scegliendo di incassare direttamente i dividendi. Al contrario, se l’iniziativa non ha successo, come purtroppo succede a molte startup, il rischio è quello di perdere tutto o gran parte del proprio investimento. Non è infatti da sottovalutare che stiamo comunque parlando di investimenti ad alto rischio per loro stessa natura.
Proprio perché il modello equity based è fondato sulla partecipazione azionaria sotto forma di capitale di rischio, che viene utilizzato per costituire il capitale sociale dell’impresa, necessita di una sua regolamentazione. In Italia, siamo stati i primi a normare questa tipologia di crowdfunding con il Decreto Crescita Bis nel 2012, e il settore è stato poi regolamentato dalla Consob nel giugno del 2013.
Le piattaforme intermediarie sono autorizzate dalla Consob e fiscalmente rientrano nella sollecitazione al pubblico risparmio, dovendo rispettare un apposito regolamento che consente di gestire piattaforme di equity crowdfunding previa autorizzazione dello stesso organo di vigilanza. Il successivo aggiornamento del regolamento, pubblicato a gennaio 2018, prevede che tutte le piattaforme autorizzate possono pubblicare campagne di raccolta di capitale di tutte le società offerenti qualificate come Piccole e Medie Imprese (PMI), le PMI in generale, per l’appunto.
Tra le PMI, secondo regola, troviamo startup innovative e a vocazione sociale, le piccole e medie imprese innovative, e infine le PMI che non rientrano nelle due precedenti categorie. Passando all’atto pratico, l’imprenditore propone, attraverso un sito web dedicato all’equity crowdfunding, una raccolta fondi allo scopo di finanziare il suo progetto in termini di capitale.
Allo stesso tempo, sulla stessa piattaforma che ospita la campagna, gli investitori interessati possono consultare ogni dettaglio necessario a prendere una decisione, dalla presentazione del progetto al suo business model, passando pure per eventuali pubblicazioni che ne parlano e diverse informazioni sul team al lavoro nell’azienda. Non solo, nella campagna viene stabilito un traguardo monetario minimo che si ambisce a raggiungere, magari con successivi step di crescita. A questo punto, l’obiettivo fissato dalla raccolta fondi viene diviso in quote dal prezzo fisso, e gli investitori possono acquistarle liberamente.
Il progetto che raggiunge l’obiettivo di raccolta minimo può procedere con la messa in opera, e il risultato deve essere raggiunto entro i termini stabiliti di cui già dicevamo. Gli investitori otterranno in cambio una partecipazione al capitale sociale dell’impresa. Se ciò invece non avviene, la somma deve essere restituita a chi ha investito, senza alcun rischio di sorta.
Una modalità, questa appena descritta, che viene definita anche “all or nothing“. Secondo le osservazioni degli specialisti del settore negli ultimi anni, la somma media richiesta si aggira intorno ai 230mila euro. Sempre a guardare i dati, sappiamo anche che il 60% delle proposte di equity crowdfunding riescono a raggiungere quello che è il minimo richiesto. E dunque a partire definitivamente.
Le migliori piattaforme equity based crowdfunding
La Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB), come già accennato, ha scelto di fissare delle regole piuttosto stringenti per le piattaforme di equity crowdfunding e per chi le gestisce. Al tipo di campagna di raccolta fondi in esame possono accedere anche le imprese che hanno meno di 10 dipendenti e hanno un fatturato inferiore ai 10 milioni di euro.
Allo stesso modo, l’accesso è consentito alle imprese medie, vale a dire con meno di 250 dipendenti e che hanno un fatturato inferiore ai 50 milioni di euro. Vi è pure un obbligo per i gestori di aderire a un sistema di gestione degli indennizzi, o alternativamente di accendere una polizza assicurativa con una copertura di almeno 20mila euro. Non mancano poi dei vincoli che vietano nella maniera più assoluta il possibile conflitto di interessi tra la piattaforma che ospita la raccolta e gestisce la procedura e la compagnia che richiede i fondi tramite capitale di rischio in rete.
Detto questo, vediamo quindi quali sono le migliori piattaforme di equity crowdfunding attualmente in circolazione, e che sono naturalmente autorizzate dalla CONSOB. Prima di tutto è impossibile non citare la celebre CrowdFundMe. Si tratta della prima piattaforma di crowdinvesting in assoluto ad essere ufficialmente quotata a Piazza Affari nel nostro Paese, ed è anche la prima per il numero di investitori totale. Altra piattaforma di rilievo è Mamacrowd, lanciata nel 2016 e particolarmente attenta al settore della green economy.
Abbiamo anche Backtowork24, piattaforma di cui possiede parte delle quotazioni il Gruppo Intesa San Paolo. La sua nascita è datata 2012, e il suo obiettivo principale è quello di veicolare investimenti manageriali verso le piccole imprese. Da non sottovalutare neppure 200Crowd, punto di riferimento per chi vuole investire nel fintech, e Walliance, la prima piattaforma italiana di equity crowdfunding dedicata al Real Estate.