La siccità in Sicilia affossa l’agricoltura, stravolge i paesaggi, minaccia la sopravvivenza del bestiame, aggrava il rischio di incendi e pone un interrogativo sulla tenuta del turismo. Sull’Isola pesa da anni il rischio di una progressiva desertificazione, mai così attuale. Secondo le stime, i danni a oggi sfiorano i 2 miliardi di euro. Il Governo Meloni ha decretato lo stato di emergenza nazionale due mesi fa e ha richiesto a Bruxelles di poter pagare l’anticipo della Pac da metà ottobre anche per aiutare gli agricoltori colpiti dalla siccità.
Quanto piove in Sicilia
La Regione ha varato un Piano Idrico da 1,6 miliardi di euro e ha stilato l’elenco degli allevatori che hanno diritto al bonus fieno con uno stanziamento di 20 milioni di euro. Ne godranno in totale 5.000 aziende zootecniche per un totale di 200.000 unità di bestiame, alle quali verranno assegnate 70.000 tonnellate di fieno. Se le difficoltà alimentari per gli animali sono state risolte, resta però la carenza d’acqua con i bacini artificiali ridotti al lumicino e migliaia di abbeveratoi a secco.
Non va meglio all’agricoltura: nella Piana di Catania decine di produttori di agrumi si sono visti costretti a tagliare metà degli alberi perché impossibilitati a irrigarli tutti. Così, almeno, parte del raccolto potrà essere salvato.
Perché in Sicilia manca l’acqua
In Sicilia piove poco e sempre meno. Secondo i dati Istat, a Catania nel 2022 le precipitazioni furono pari a 291,6 millimetri. Dieci anni prima, nel 2012, avevano raggiunto quota 709,4. A Palermo si parla di 480,6 millimetri nel 2022 contro i 619,6 nel 2012. Ad Agrigento si parla di 173,9 millimetri nel 2022 contro 445,8 nel 2012. La tendenza alla riduzione media dei giorni di pioggia riguarda anche altri territori italiani, ma la Sicilia ne soffre in maniera particolare.
Ma il cambiamento climatico c’entra solo in parte con il disastro siciliano: nel territorio la rete idrica è un colabrodo. Sempre secondo l’Istat nel 2022 in Sicilia la perdita idrica nella fase di immissione in rete dell’acqua per usi autorizzati è stata del 51,6%, per un volume di 339,7 milioni di metri cubi di acqua sprecata. In pratica per ogni goccia d’acqua che esce dal rubinetto ce n’è un’altra che si perde per strada.
E non è tutto: molti fra gli invasi avrebbero bisogno di interventi di ristrutturazione. Questo costringe i gestori a svuotarli parzialmente durante i mesi invernali, per evitare che l’acqua “in eccesso” durante le settimane di pioggia faccia scoppiare le vasche. In sintesi, al disastro climatico se ne aggiunge uno politico-burocratico: buttare l’acqua in una regione cronicamente assetata è una situazione pirandelliana.
Acqua razionata in Sicilia
La situazione ha fatto notizia quando l’Amap, gestore del servizio idrico a Palermo e in 53 comuni associati, ha annunciato un piano di razionamento per il capoluogo siciliano. La memoria è corsa all’indietro agli Anni ’80, quando in diversi quartieri di Palermo i cittadini facevano la coda davanti ai silos per riempire bottiglie e bidoni, o agli Anni ’70 quando il razionamento dell’acqua era la norma.
La sofferenza del capoluogo ha fatto notizia, ma in Sicilia il razionamento dell’acqua è una realtà consolidata. Va avanti da decenni ad Agrigento e provincia, con l’acqua che talvolta arriva ogni 2 o 3 settimane. In determinati quartieri di Catania e nella provincia il razionamento è stato stabilito ogni giorno dalle 22:00 circa alle 6:30 della mattina successiva. A Trapani e in diversi comuni della provincia l’acqua è stata erogata ogni 4 giorni, poi la situazione è parzialmente rientrata. A rischio razionamento anche ampie aree del siracusano e del ragusano e del resto dell’Isola.
Intanto il lago di Pergusa (Enna), primo luogo d’incontro fra Proserpina e Plutone secondo il mito, non esiste praticamente più: la siccità l’ha quasi completamente cancellato dal panorama.
La Sicilia fa dunque parte a pieno titolo delle aree del globo a rischio desertificazione.