In Italia, il dibattito sulla cittadinanza è un tema ricorrente che riemerge ciclicamente senza mai trovare una soluzione definitiva. Negli ultimi decenni, il Parlamento ha discusso diverse proposte per riformare le modalità di acquisizione della cittadinanza, ma nessuna di queste ha mai visto la luce. Di recente si è tornato a parlarne, presentando delle posizioni non più così distinte. Dallo ius soli allo ius scholae, il centrosinistra spinge per un’apertura e la destra resiste, preoccupata per le implicazioni sociali e culturali.
Il risultato è un impasse che lascia sospese le speranze di migliaia di giovani nati e cresciuti in Italia, ma ancora considerati stranieri.
Indice
Che cos’è lo ius scholae?
Lo ius scholae è una proposta di riforma della legge sulla cittadinanza che prevede l’acquisizione della cittadinanza italiana per i minori stranieri che hanno completato un ciclo di istruzione in Italia. In particolare, secondo il disegno di legge presentato dalla senatrice del PD Simona Malpezzi, un minore nato in Italia o arrivato nel Paese entro il compimento del dodicesimo anno di età, che risiede legalmente in Italia e che abbia frequentato regolarmente per almeno cinque anni o più cicli scolastici o percorsi di istruzione e formazione professionale, potrebbe ottenere la cittadinanza italiana.
La proposta è vista come una via intermedia tra lo ius sanguinis (che lega la cittadinanza alla discendenza) e lo ius soli (che la lega al luogo di nascita), puntando a riconoscere l’importanza dell’integrazione scolastica come elemento fondamentale per la formazione di nuovi cittadini. Lo ius scholae risponde all’esigenza di includere quei ragazzi che, pur non essendo nati da genitori italiani, sono cresciuti e si sono formati in Italia, condividendo valori, cultura e lingua non solo del loro Paese, ma anche di quello di formazione.
Che cos’è lo ius soli?
Lo ius soli è un principio giuridico che attribuisce la cittadinanza a chiunque nasca sul territorio di un determinato Stato, indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori. In Italia, attualmente, lo ius soli non è riconosciuto, ma esistono proposte di legge che mirano a introdurlo in forma parziale.
Secondo le proposte avanzate da esponenti come Laura Boldrini e Matteo Orfini, lo ius soli prevede che la cittadinanza italiana venga automaticamente conferita ai nati in Italia da genitori stranieri, purché almeno uno dei genitori risieda legalmente nel Paese da un determinato numero di anni. Per esempio, la proposta di Orfini stabilisce che uno dei genitori deve risiedere legalmente in Italia senza interruzioni per almeno cinque anni o deve possedere un permesso di soggiorno di lungo periodo.
Tale modello di cittadinanza è molto diffuso in Paesi come gli Stati Uniti e il Canada, dove chi nasce sul suolo nazionale diventa automaticamente cittadino. In Italia, tuttavia, la questione è oggetto di dibattito, poiché implica una revisione significativa della concezione tradizionale della “cittadinanza”.
Come si prende oggi la cittadinanza italiana?
Attualmente, la cittadinanza italiana si basa principalmente sullo ius sanguinis. Significa che la cittadinanza viene trasmessa dai genitori ai figli, indipendentemente dal luogo di nascita. Esistono altre modalità attraverso le quali è possibile acquisire la cittadinanza italiana:
- naturalizzazione: un cittadino straniero può richiedere la cittadinanza italiana dopo aver risieduto legalmente nel Paese per un periodo continuo di almeno 10 anni. Il periodo è ridotto a 4 anni per i cittadini dell’Unione Europea e a 5 anni per i rifugiati e gli apolidi;
- matrimonio: uno straniero può acquisire la cittadinanza italiana sposando un cittadino italiano, a condizione che il matrimonio sia durato almeno due anni (un anno se ci sono figli) e che il richiedente risieda legalmente in Italia;
- cittadinanza per nascita: un bambino nato in Italia da genitori stranieri può richiedere la cittadinanza italiana al compimento del 18° anno di età, a condizione che abbia risieduto legalmente e ininterrottamente nel Paese.
Come cambierebbe la cittadinanza con lo ius scholae?
Se venisse approvato, lo ius scholae introdurrebbe un cambiamento significativo nella modalità di acquisizione della cittadinanza per i minori stranieri. In pratica, un minore che ha frequentato con successo un ciclo scolastico di almeno cinque anni in Italia potrebbe richiedere la cittadinanza, anche se non nato da genitori italiani.
Tale approccio riconosce l’importanza dell’istruzione come percorso di integrazione e premia l’impegno dei giovani che, sebbene nati all’estero o da genitori stranieri, si sono formati e cresciuti in Italia. Lo ius scholae potrebbe facilitare l’acquisizione della cittadinanza per migliaia di ragazzi che attualmente non hanno una via semplice per diventare cittadini italiani, pur vivendo e studiando nel Paese da anni.
Come cambierebbe la cittadinanza con lo ius soli?
L’introduzione dello ius soli in Italia segnerebbe una svolta radicale rispetto all’attuale normativa. Con lo ius soli, la cittadinanza verrebbe concessa automaticamente a tutti i bambini nati sul territorio italiano da genitori stranieri che soddisfano determinati requisiti di residenza.
Nelle proposte più comuni, come quelle avanzate da Laura Boldrini e Matteo Orfini, la cittadinanza sarebbe riconosciuta ai nati in Italia da genitori che risiedono legalmente nel Paese da almeno un anno o, in altre versioni, da almeno cinque anni.
Si tratta di approccio che, se adottato, amplierebbe notevolmente la platea di coloro che possono ottenere la cittadinanza italiana fin dalla nascita, riducendo le disparità tra i nati in Italia e facilitando l’integrazione sociale.
L’introduzione dello ius soli è vista da alcuni come una questione delicata, poiché implicherebbe un allentamento dei criteri attualmente restrittivi, sollevando questioni di ordine sociale e politico. I detrattori temono che una riforma in tal senso potrebbe favorire un incremento dell’immigrazione, con conseguenti pressioni sui servizi pubblici e un possibile aumento delle tensioni sociali. Inoltre, il dibattito si concentra anche sul rischio che lo ius soli possa incentivare pratiche opportunistiche, come il cosiddetto “turismo della nascita”.