Russia verso un super esercito con altri 180mila soldati, cosa c’è dietro la mossa di Putin

Putin firma un nuovo decreto per aumentare i militari delle Forze armate, per la terza volta dal febbraio 2022. L'obiettivo non è soltanto cacciare gli ucraini dalla regione russa di Kursk, ma anche orientare i futuri negoziati. E non solo

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Pubblicato: 19 Settembre 2024 20:21

La Russia ha annunciato un drastico aumento delle dimensioni del proprio esercito. Il Cremlino ha emesso un nuovo decreto che dispone l’arruolamento di 180mila nuovi soldati, portando il numero complessivo di militari in servizio a 1,5 milioni di effettivi. Esclusi i riservisti. Se si considera l’intero personale militare, il totale sale a quasi 2,4 milioni di persone.

Se l’iter del provvedimento arriverà a compimento, l’esercito di Mosca diventerà il secondo più grande al mondo dopo quello della Cina. Letta in un altro modo: le due grandi potenze rivali degli egemoni globali, gli Stati Uniti, supereranno di molto il loro acerrimo nemico. In vista della futura sfida finale per la supremazia mondiale.

Putin vuole aumentare (ancora) l’esercito russo: come e perché

Innanzitutto è bene ricordare che è la terza volta dal febbraio 2022 che Vladimir Putin chiede ai vertici militari di aumentare gli uomini delle varie forze che compongono l’esercito russo. La prima tornata è datata 21 settembre 2022, quando per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale Mosca indisse una mobilitazione militare, all’epoca definita “parziale”. Non esistendo nel diritto civile o militare russo tale dicitura, il Cremlino ha potuto dettare le proprie regole, parlando di 300mila riservisti pronti a imbracciare le armi. La seconda puntata risale a marzo 2024, quando Putin firmò un decreto similare per la chiamata alle armi dello scaglione primaverile dei militari di leva. Tra aprile e luglio, annunciò il Cremlino, si sarebbero aggiunti 147mila soldati. Offrendoci l’occasione di precisare un dettaglio su come funziona l’esercito russo: un secondo scaglione viene chiamato alle armi in autunno, visto che la mobilitazione precedente scade il 30 settembre.

La Commissione Difesa della Duma (la Camera bassa del Parlamento russo) ha riferito che la decisione di incrementare gli uomini delle Forze armate è parte di un piano di riforma e ampliamento dell’intero settore militare. La giustificazione è, ancora una volta, l’occasione per diffondere la propaganda del Cremlino: “È la risposta alle nuove minacce scaturite dal comportamento dei nostri ex partner stranieri“. Ogni riferimento ad armi o supporto occidentale all’incursione ucraina nell’oblast russo di Kursk non è affatto casuale. Stavolta il megafono della retorica moscovita è il presidente della commissione parlamentare sopra citata, Andrei Kartapolov. In un’intervista a Parlamentskaya Gazeta, la Gazzetta Ufficiale della Duma, ha dichiarato che la crescita delle unità militari servirà a “garantire la sicurezza nella parte nord-occidentale della Russia”, dato che anche la Finlandia è entrata nella Nato.

Occorre precisare che il nuovo decreto di Putin entrerà ufficialmente in vigore il 1° dicembre e, dal punto di vista tecnico, dà mandato al governo (leggi: a se stesso, oligarchi, siloviki e relativi apparati) di reperire i fondi per il nuovo sforzo militare. A giugno di quest’anno aveva evidenziato che il numero di soldati coinvolti nella guerra russa in Ucraina sfiorava quota 700mila, cioè più della metà degli effettivi. Col precedente provvedimento di fine marzo, Putin aveva inoltre esteso di tre anni (da 27 a 30) l’età massima per l’arruolamento di leva che ancora oggi riguarda i russi di sesso maschile tra i 18 e i 30 anni, i riservisti di 28 e 29 anni e i cittadini che lavorano nelle aziende informatiche e nell’industria della Difesa.

Cosa vuole la Russia e come cambia la guerra in Ucraina

La mossa dell’Orso determina un notevole aumento della capacità di combattimento di Mosca contro l’esercito ucraino, inferiore per uomini e mezzi nonostante l’entusiasmo per l’incursione di Kursk e la fornitura di armi a lungo raggio occidentali. Uno degli obiettivi del Cremlino è senza dubbio cacciare gli invasori di Kiev dal proprio territorio nazionale. Ma senza fretta, come si è potuto verificare finora, visto che una guerra prolungata di logoramento, anche se in terra russa, avvantaggia in tutto e per tutto la Federazione. A Mosca nessuno crede infatti che la piccola porzione di territorio finito in mani ucraine non sarà una pedina di scambio in un negoziato che si percepisce ormai imminente. Anche perché al tavolo i russi vogliono sedersi soltanto con gli americani, veri fautori di questa guerra per procura, per trattare da pari a pari.

Anche se, sulla carta, una forza di 1,5 milioni di militari attivi dovrebbe essere in grado di costringere gli ucraini a una grande ritirata, la situazione non è così semplice e scontata. Le nuove truppe, infatti, dovranno essere addestrate. Un processo che per le reclute russe richiede di solito fino a 12 mesi. Non è un tempo eccessivo, se paragonato alla media internazionale, ma in stato di guerra può fare la differenza. Considerando inoltre che il programma militare che inizia a dicembre, la maggior parte dei nuovi mobilitati non sarà pronta al combattimento prima della fine del 2025. Segnale ulteriore della convinzione russa che il conflitto non si esaurirà a breve, al netto di qualunque negoziato o tregua o armistizio che sarà.

Le tempistiche non sono influenzate dal solo addestramento. Le nuove truppe dovranno anche essere dotate di equipaggiamento e di apparecchiature di comunicazione, con tutti i ritardi e le difficoltà del caso. Inoltre, le reclute saranno prelevate dalla forza lavoro civile, rischiando così di infliggere un ulteriore colpo all’economia e al morale della Federazione. Il fatto che i russi combattano senza sosta in Ucraina da più di due anni e mezzo e abbiano ancora bisogno di massicce campagne di reclutamento potrebbe aumentare il disagio percepito da tutti i segmenti della società. La terza leva forzata potrebbe dunque creare una crisi di fiducia, con un effettivo aumento della forza sul terreno che non si vedrà prima di un anno.

I possibili effetti della mossa di Putin

Ovviamente i russi comprendono il potenziale danno al morale civile e militare che può scaturire dal nuovo arruolamento. E sanno anche che qualsiasi possibile successo sul campo non si manifesterà tanto presto. Intanto però proseguono l’avanzata nel Donbass, nonostante tutto. La volontà di Mosca di sopportare ulteriori problemi interni si basa probabilmente sulla speranza che l’aumento della forza bellica intimidirà i nemici esterni della nazione. Gli Stati Uniti vogliono disimpegnarsi e cercano da tempo un accordo che comporterebbe l’obbligo per l’Ucraina di cedere territori alla Russia. Con la benedizione della Nato. Gli ucraini, tuttavia, sono estremamente cauti sul fatto che il Cremlino si accontenterebbe di un simile scambio. E dati i dati sui morti russi e l’evoluzione della guerra, gli ucraini intravedono una ragionevole possibilità di continuare a bloccare le avanzate nemiche. Mantenere la rotta è una scelta allettante per Kiev finché gli Usa rinnoveranno il loro supporto.

Secondo analisti come George Friedman, i russi devono però cambiare la loro strategia, che si basa su un piano a lungo termine per logorare i loro avversari. Mosca deve fare qualcosa che imponga un accordo alle sue condizioni, ma che allo stesso tempo non inneschi una risposta eccessiva da parte degli americani. Un massiccio aumento delle dimensioni militari potrebbe, in questo senso, essere un’opzione. L’auspicio di Putin è convincere i nemici della Russia a capitolare del tutto o in parte. Nel caso non riuscisse in tale intento, una forza combattente più grande potrebbe comunque costringere almeno gli ucraini a ritirarsi.