Gli scienziati della Pacific Northwest National Laboratory (PNNL) hanno sviluppato una batteria “ibernante” che potrebbe potenzialmente fornire un accumulo di energia “stagionale” a lungo termine.
Il prototipo della batteria ha le dimensioni di un disco da hockey e, grazie alla tecnologia dei sali fusi è in grado di intrappolare e immagazzinare energia a lungo termine. Il lavoro degli scienziati del PNNL è stato pubblicato a marzo sul sito di Cell Reports Physical Science.
Le tecnologie di accumulo di energia a lunga durata sono importanti per aumentare la resilienza della rete quando si incorpora una grande quantità di energia rinnovabile. Questa nuova soluzione rappresenta un passo importante verso una soluzione di accumulo stagionale di energia. Secondo gli scienziati la nuova batteria ha il potenziale per superare i limiti di auto scaricamento delle odierne tecnologie per le batterie.
Una batteria stagionale potrebbe essere utilizzata per immagazzinare l’energia idroelettrica prodotta grazie al deflusso delle acque sorgive e rimetterla nella rete quando la domanda di elettricità è più elevata. Un altro possibile utilizzo di questa nuova tecnologia potrebbe essere quello di essere utilizzata dalle aziende per migliorare la capacità di resistere a un’interruzione di corrente.
Come funziona la batteria
Il concetto della nuova batteria è simile a quello della coltivazione di ortaggi in un orto. La produzione extra viene messa in appositi contenitori per conservarla nel congelatore ed essere poi scongelata in caso di bisogno. Allo stesso modo funziona la batteria del PNNL.
La batteria “stagionale” viene caricata riscaldandola a 180°C, in questo modo si consente agli ioni di fluire attraverso l’elettrolita liquido per creare energia chimica. Successivamente la batteria viene raffreddata portandola a temperatura ambiente, questo passaggio provoca la solidificazione dell’elettrolito. Nel momento in cui si presenta la domanda di energia, la batteria viene riscaldata permettendo il rilascio dell’energia immagazzinata.
L’elettrolito della batteria si basa sui sali fusi, questi si presentano allo stato liquido quando le temperature sono elevate, mentre diventato solidi a temperatura ambiente. Durante i test, la batteria del PNNL ha mantenuto una capacità pari al 92% per dodici settimane.
L’obiettivo del PNNL
I tecnici del PNNL hanno progettato il prototipo della batteria con l’obiettivo di evitare l’utilizzo di materiali altamente reattivi. Infatti, la loro batteria utilizza un anodo e un catodo rispettivamente di alluminio e nichel e un elettrolita di sali fusi in cui è stato aggiunto dello zolfo con lo scopo di migliorare la capacità energetica della batteria. Il separatore che divide l’anodo e il catodo è invece realizzato in fibra di vetro al posto della classica ceramica. Questa può essere infatti soggetta a rottura durante il ciclo di gelo e disgelo.
Costi e benefici
L’energia della batteria prototipo è immagazzinata con un costo dei materiali che si aggira sui 23 dollari per chilowattora (KWh), va però detto che questo dato è stato registrato prima che il costo del nichel salisse vertiginosamente.
Il team di ricerca del PNNL sta inoltre testando l’uso del ferro per la sua batteria. Questo perché è meno costoso e, l’ambizione del team è quello di ridurre il costo dei materiali a circa 6 dollari per KWh, circa 15 volte in meno rispetto all’attuale costo delle attuali batterie agli ioni di litio.
L’attuale capacità teorica di energia della batteria prototipo è di circa 260 wattora per chilogrammo, ed è quindi superiore alle attuali batterie piombo-acido e di flusso.