Investitori italiani campanilisti ma non snobbano le Big Tech

Secondo una analisi di eToro nelle scelte di portafoglio vince la familiarità del territorio. Tra le azioni italiane spicca Eni

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Redazione

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Pubblicato: 13 Ottobre 2024 09:00

Gli investitori retail italiani sono campanilisti: nelle scelte di portafoglio cercano la familiarità del territorio pur senza abbandonare le abbandonare le Big Tech americane. È quanto emerge da un’analisi di eToro, la piattaforma di trading e investimento, che ha osservato la composizione dei portafogli azionari dei suoi utenti residenti in Italia, suddividendoli per le loro città di appartenenza.

“L’analisi mette in luce un approccio bilanciato degli investitori italiani, che –  spiega Gabriel Debach, Market analyst at eToro – dimostrano un forte legame con le imprese del proprio territorio pur mantenendo un vivo interesse per le dinamiche di innovazione e crescita offerte dalle Big Tech. Tale modello di investimento riflette non solo una predilezione per il noto e il familiare, ma anche una strategica apertura verso opportunità di sviluppo globale”.

Le scelte di allocazione degli investitori retail italiani

Nel dettaglio, nelle loro scelte di allocazione, gli investitori retail italiani continuano a guardare con grande attenzione ai colossi tecnologici, guidati dall’inarrestabile entusiasmo che circonda l’AI e l’innovazione tecnologica in senso più ampio. NVIDIA è presente in un portafoglio su tre (30%), seguita da Tesla Motors (27%), Amazon (26%), Apple (19%) e Meta (17%), con quest’ultima che mantiene alle sue spalle Microsoft (16%). Guardando ai titoli italiani più popolari, al primo posto spicca ENI, presente nell’8% dei portafogli degli utenti eToro e particolarmente apprezzata dagli investitori del Sud Italia, che mostrano di includere più frequentemente il titolo nelle loro strategie rispetto ai concittadini del centro e nord Italia.

Appartenenza territoriale

L’analisi ha visto emergere una forte appartenenza territoriale, soprattutto tra gli investitori delle città e regioni del Nord Italia. Risulta, infatti, frequente vedere un coinvolgimento maggiore degli utenti rispetto alla percentuale nazionale per le società che hanno un legame più forte con il territorio nel quale vivono. I dati mostrano, in particolare, che gli investitori residenti a Milano hanno una maggiore probabilità di inserire nel loro portafoglio società come Webuild, Moncler o A2A, mentre la utility Iren acquisisce popolarità tra torinesi e genovesi.

“La forte presenza di investimento dei milanesi in WeBuild – sottolinea Debach – può essere vista come una scelta ispirata non solo dall’abbondanza di progetti attivi nell’area, ma anche dalla visibilità che l’azienda guadagna attraverso queste attività. Non si tratta solo di una mera questione di contratti, ma anche di una forma di marketing territoriale che rafforza il legame tra l’azienda e la comunità locale. Analogamente, la predilezione per icone regionali nei portafogli degli investitori non riflette solo un’appartenenza geografica, ma sottolinea anche una connessione economico-finanziaria profonda. Ad esempio, gli investitori torinesi mostrano un forte interesse per la Juventus, quelli di Trieste per Banca Generali e quelli di Modena per Ferrari, evidenziando come tali scelte di investimento vadano oltre il semplice sostegno locale per abbracciare una visione più integrata di identità e crescita economica. Questo non dovrebbe, tuttavia, limitare la diversificazione del portafoglio, essenziale per mitigare i rischi associati a un’eccessiva concentrazione in specifici settori o mercati”.

Napoli a trazione italiana

L’analisi evidenzia che gli utenti napoletani risultano meno affezionati ai titoli stranieri rispetto alla media nazionale. Ciò vale anche per NVIDIA, particolarmente popolare tra gli utenti eToro del Nord Italia, ma la cui ricorrenza all’interno dei portafogli del capoluogo partenopeo scende al 23% (-7% rispetto alla media nazionale). Tesla e Apple non rappresentano un’eccezione, con i due colossi americani che vedono una minore incidenza tra gli investitori partenopei, con differenze rispetto alla media nazionale rispettivamente di 5 e 7 punti percentuali.