Riscattare lavori socialmente utili (LSU) per la pensione

I lavori socialmente utili possono essere riscattati per aumentare l'assegno della pensione. Ecco come e in quali casi

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Alessandra Di Bartolomeo

Giornalista di economia

Giornalista esperta di risparmio, ha maturato una vasta esperienza nella divulgazione di questioni economiche.

Pubblicato: 3 Gennaio 2018 18:30Aggiornato: 7 Marzo 2024 08:58

I lavori socialmente utili (LSU) sono le attività volte alla realizzazione di opere e alla fornitura di servizi. Per essi si impiegano soggetti beneficiari di sostegni al reddito e in uno stato di svantaggio sul mercato del lavoro. Questi ultimi sono, ad esempio, i disoccupati, i lavoratori in mobilità o in cassa integrazione straordinaria che vengono impiegati, quindi, a vantaggio dell’intera collettività.
Tali lavori possono essere riscattati al fine di aumentare l’assegno di pensione e i costi variano a seconda del periodo in cui è stata svolta l’attività di LSU. Oggi per tali attività è prevista una contribuzione figurativa utile grazie all’articolo 8 del decreto legislativo 468/1997. Ecco maggiori dettagli in merito.

Come sfruttare i lavori socialmente utili ai fini pensionistici

Secondo la legge, per le attività LSU per cui è stato erogato l’assegno fino al 31 luglio del 1995 il lavoratore non dovrà farsi carico di nessun onere per poter sfruttare l’attività per poter andare in pensione. Al contrario, per far sì che l’accredito effettuato a partire dal 1° agosto 1995 sia utile per aumentare l’assegno pensionistico, è necessario riscattare tali periodi. In questo caso l’attività rientrerà nel sistema di calcolo contributivo o retributivo in base alla durata dei periodi assicurativi, ma anche alla loro collocazione temporale.

Calcolo retributivo e contributivo: ecco come funzionano

Il calcolo retributivo solitamente si applica:
• fino al 31 dicembre 2011, se si possiedono 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995;
• fino al 31 dicembre 1995, se si possiedono meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995.
Più nel dettaglio, il sistema retributivo si applica alle anzianità contributive accumulate fino al 31 dicembre 2011 da lavoratori con almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995. Questo sistema lega l’importo della pensione alla media delle retribuzioni (o redditi per lavoratori autonomi) degli ultimi anni lavorativi. Si basa su tre elementi principali: l’anzianità contributiva, che è la somma dei contributi fino a un massimo di 40 anni, la retribuzione/reddito pensionabile, calcolata sulla media degli ultimi anni di attività lavorativa, e l’aliquota di rendimento, che rappresenta il 2% annuo della retribuzione/reddito entro determinati limiti. La pensione, quindi, varia in base a questi parametri, raggiungendo il 70% della retribuzione con 35 anni di anzianità contributiva e l’80% con 40 anni.

Il calcolo contributivo si applica invece di solito:
• prendendo come riferimento la retribuzione pensionabile negli ultimi 12 mesi;
• moltiplicando la retribuzione per gli anni da ricongiungere e l’aliquota contributiva (32,95% per l’Inpdap, 33% per l’INPS Fondo pensioni lavoratori dipendenti).
Esso, al contrario del retributivo, dipende da variabili differenti come l’età, il sesso e l’anzianità contributiva.

Cosa prevede il Jobs Act per i lavori socialmente utili

Quando si parla di lavori socialmente utili è importante capire il funzionamento del decreto legislativo n. 150/2015 attuativo del Jobs Act. L’articolo n. 26 comunica infatti che i lavoratori che percepiscono dei sostegni al reddito e quelli sottoposti a delle procedure di mobilità, potranno svolgere delle attività di pubblica utilità (LPU) nel territorio del Comune in cui risiedono in base a delle specifiche convenzioni stipulate stabilite sulla base della convenzione quadro predisposta dall’ANPAL. Per queste attività è prevista, allo stesso modo, una contribuzione figurativa che sarà utile ai fini della misura della pensione. Resta la possibilità per il lavoratore, anche in questo caso, di chiederne riscatto.

Assodato che i lavori socialmente utili sono riconosciuti figurativamente sia per il conseguimento della pensione che per la determinazione della sua misura, ricordiamo che le ultime novità in merito alle pensioni ci dicono che dal 2019 l’età per uscire dal lavoro aumenterà a 67 anni. Il presidente dell’Istat Giorgio Alleva, poi, ha spiegato che dal 2021 essa salirà ulteriormente arrivando a 67 anni e 3 mesi fino ad arrivare ai 69 anni e 9 mesi a partire dal 2051.