Elon Musk vuole OpenAI, Altman chiude e rilancia con l’offerta al ribasso per X

Musk tenta di comprare OpenAI, ma Altman lo blocca. Il valore di X crolla, mentre la Casa Bianca inizia a guardare con sospetto l’influenza del magnate

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Pubblicato: 11 Febbraio 2025 09:23

Elon Musk, abituato a fare il bello e il cattivo tempo nella Silicon Valley, questa volta ha trovato pane per i suoi denti. Il miliardario ha tentato di mettere le mani su OpenAI con un’offerta da 97,4 miliardi di dollari che punta a stabilire il valore dell’ente no-profit che controlla l’azienda.

Ma Sam Altman, che ormai gestisce la compagnia come fosse un suo regno personale, non ha intenzione di cedere il controllo, né tantomeno di farsi mettere sotto scacco da Musk.

La sua risposta ironica su X non si è fatta attendere: “No, grazie, ma se volete compriamo Twitter per 9,74 miliardi di dollari”, un decimo della cifra offerta per OpenAI e ben lontano dai 44 miliardi di dollari spesi da Musk nel 2022 per acquisire la piattaforma.

Una provocazione tagliente (da notare che non chiama il social X ma Twitter), che non solo ridicolizza l’offerta di Musk, ma gli ricorda anche quanto abbia strapagato il social che ora fatica a tenere in piedi. Da quando ha messo le mani su Twitter, il valore della piattaforma è crollato a circa 19 miliardi, mentre gli introiti pubblicitari sono precipitati del 60% e gli utenti attivi sono diminuiti del 30%. Un investimento disastroso che rende ancora più ironico il suggerimento di Altman.

Il tentativo di acquisizione e il rifiuto netto

Musk sa bene dove colpire: la struttura di OpenAI è incredibilmente complessa, e il suo consiglio direttivo no-profit ha un potere sproporzionato rispetto ai suoi asset reali. Nonostante abbia solo 2 dipendenti e appena 22 milioni di dollari in bilancio, questa piccola entità controlla un’azienda che nell’ultimo round di finanziamenti è stata valutata 300 miliardi di dollari. E Musk ha pensato di sfruttare questo squilibrio per forzare la mano.

Peccato che Altman non sia affatto disposto a vendere. Nonostante i suoi modi da Ceo illuminato e pacato, sa benissimo che concedere a Musk un pezzo di OpenAI equivarrebbe a lasciargli la chiave di casa.

Per questo, ha bloccato sul nascere qualsiasi tentativo di negoziazione, rafforzando il consiglio con alleati fedeli e cercando di chiudere ogni possibile varco che permetterebbe a Musk di infilarsi. Insomma, più furbo della Casa Bianca. Inoltre, Altman sta guidando la trasformazione della compagnia in una società for-profit con l’ambizioso piano di investire fino a 500 miliardi di dollari in infrastrutture Ai tramite la joint venture Stargate, che ha un investimento iniziale previsto di 100 miliardi di dollari.

La sfida di Musk e l’ennesimo scontro tra titani

Non è la prima volta che Musk e Altman si scontrano. Dopo aver contribuito alla nascita di OpenAI nel 2015, Musk ha lasciato l’azienda 3 anni dopo, frustrato dal fatto di non avere il pieno controllo per poter fare come voleva. Da allora, i rapporti tra i due sono stati un continuo alternarsi di schermaglie e attacchi indiretti, con Musk che ha perfino lanciato la sua società di intelligenza artificiale, Xai, nel 2023, nel tentativo di sfidare OpenAI.

Ma il problema di Musk è che il tempo gioca contro di lui. OpenAI è ormai troppo avanti, con risorse economiche e un’influenza politica che Xai non può ancora eguagliare. Persino a Washington, Altman ha consolidato il suo potere: il nuovo governo ha sostenuto un piano da 100 miliardi di dollari per sviluppare infrastrutture dedicate all’IA, con il coinvolgimento di SoftBank e Oracle.
Musk sperava di scuotere gli equilibri con la sua proposta economica, ma il risultato è stato tutt’altro che vantaggioso per lui. Altman, anziché cedere terreno, ha rafforzato la sua presa sulla compagnia, lavorando attivamente per sganciare OpenAI dall’influenza della componente no-profit.

La Casa Bianca inizia a guardare Musk con sospetto

Mentre Musk tenta di accrescere la sua influenza nel settore dell’intelligenza artificiale, le sue manovre politiche stanno iniziando a suscitare nervosismo all’interno dell’amministrazione statunitense. Se in pubblico il magnate e il presidente Trump sembrano in ottimi rapporti, dietro le quinte la realtà è ben diversa. Alcuni membri dello staff del presidente stanno già esprimendo malumori sulla presenza sempre più ingombrante di Musk nel governo. Il nuovo Dipartimento per l’efficienza del governo, creato su misura per permettere agli uomini di Musk di entrare nelle agenzie federali, ha sollevato più di una perplessità.

Non è mai stato eletto, ma ha versato 277 milioni di dollari per spingere Trump alla Casa Bianca. Ora che il suo investimento ha dato i suoi frutti, Musk si aspetta di riscuotere dividendi sotto forma di potere. Un’idea che trasuda autoritarismo e che stride con quel mito americano di democrazia a tutti i costi che ancora raccontano, sempre pronto a sventolare la bandiera a stelle e strisce e a recitare la solita retorica sulla libertà, con l’aquila sulla spalla e la mano destra al cuore. O sollevata.

Secondo fonti vicine all’amministrazione, la situazione rischia di degenerare: alcuni consiglieri repubblicani temono che l’imprenditore stia esercitando un’influenza eccessiva su decisioni chiave, senza un adeguato controllo. Perfino tra i fedelissimi di Trump, c’è chi inizia a chiedersi se sia arrivato il momento di mettere un freno a Musk. A quanto pare, qualcuno nella Casa Bianca comincia a domandarsi: “Chi controlla Musk?”.