Sheyna Patel, una studentessa di 14 anni di Longwood, in Florida, ha trasformato la sua passione per le STEM e l’ambiente in un’invenzione rivoluzionaria: un idrogel non tossico in grado di catturare e rimuovere oltre il 93% delle microplastiche presenti nell’acqua.
La sua idea è nata dall’osservazione della crescente minaccia dell’inquinamento da plastica negli oceani e dalla difficoltà di rimuovere queste particelle invisibili, ma dannose, che mettono a rischio la biodiversità marina.
Indice
L’invenzione
Il funzionamento è semplice ma geniale: l’idrogel agisce come una spugna, intrappolando e rimuovendo le microplastiche, in particolare quelle di tipo PET, con un’efficacia dimostrata in laboratorio superiore al 93%.
Il progetto di Sheyna Patel non solo affronta il problema delle microplastiche, ma fa ben capire anche quanto le giovani menti possano contribuire alla salvaguardia ambientale. L’inquinamento da plastica è diventato uno dei problemi ambientali più urgenti da affrontare, sia per la sua gravità, sia perché lo abbiamo ignorato per troppo tempo. Negli ultimi decenni la produzione e il consumo di oggetti in plastica hanno visto una crescita esponenziale e ha prodotto fenomeni di inquinamento sulla terraferma e in mare soprattutto in molti paesi dell’Asia e dell’Africa, dove i sistemi di raccolta dei rifiuti sono spesso inefficienti o inesistenti.
Le conseguenze delle microplastiche per l’uomo e non solo
Le microplastiche sono presenti un po’ ovunque, nell’acqua potabile, negli animali, nel suolo e anche nel nostro corpo, e spesso tendiamo a considerarle pericolose e dannose per la salute umana.
Le microplastiche possono avere dimensioni variabili, con dimensioni comprese tra 1 µm e 5 mm. Le particelle più piccole di 150 µm (includendo quindi anche le nanoplastiche, cioè quelle più piccole di 1 µm) possono essere assorbite dall’intestino e distribuite attraverso il sistema circolatorio in tutto il corpo, mentre quelle più grandi tendenzialmente non vengono assorbite.
Gli studi preliminari hanno dimostrato che queste particelle possono accumularsi nei reni, nel fegato e nell’intestino: i principali effetti osservati sono irritazione e infiammazione intestinale, ma anche stress ossidativo, problemi metabolici e danni al sistema neurologico e immunitario.
Cosa sta facendo l’Italia
L’Italia sta combattendo l’inquinamento da plastica su più fronti, unendosi alla sfida globale in linea con i negoziati per il trattato ONU. In prima linea c’è ISPRA, che coordina progetti finanziati dal PNRR come GhostNets, dedicato al recupero delle “reti fantasma” dai fondali marini, che costituiscono l’86% dei rifiuti sui fondali e sono una fonte pericolosa di microplastiche.
L’azione si estende anche alla prevenzione: con progetti come Tethys si studia il trasporto di plastica dai fiumi al mare, mentre Strong Sea Life promuove lo smaltimento corretto degli attrezzi da pesca. A livello politico, il Paese partecipa alla “High Ambition Coalition” per un trattato vincolante che ponga fine all’inquinamento entro il 2040.
Sul territorio, l’impegno è concreto. Legambiente e comunità locali organizzano pulizie di coste e fiumi e installano barriere “mangia-plastica”, che hanno già bloccato migliaia di rifiuti. A questa mobilitazione civica si affianca la ricerca scientifica per mappare la contaminazione e sviluppare strategie di intervento efficaci, dimostrando un approccio integrato nell’affrontare un’emergenza che richiede soluzioni urgenti e coordinate.