Nella Manovra 2026 spunta l’ipotesi del raddoppio della Tobin Tax, l’imposta sulle transazioni finanziarie introdotta nel 2013 dal Governo Monti e oggi destinata a diventare una delle principali fonti di copertura per gli interventi correttivi in arrivo in Parlamento.
Secondo gli ultimi emendamenti della maggioranza, dal 2026 l’aliquota della Tobin Tax salirà dallo 0,2% allo 0,4% sulle transazioni di azioni italiane a elevata capitalizzazione e dal livello attuale dell’1-2 per mille fino al 2-4 per mille sulle operazioni dei mercati regolamentati e non regolamentati.
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Ipotesi raddoppio della Tobin Tax
Il raddoppio della Tobin Tax serve a evitare la stretta fiscale sulle cedole incassate dalle società per le partecipazioni di minoranza, alleggerendo l’impatto sui dividendi più sensibili per pmi e investimenti di lungo periodo.
L’aumento potrebbe essere immediato già dal prossimo anno, senza la progressività triennale ventilata nelle scorse settimane.
La ratio dell’intervento sulla Tobin Tax è chiaro: raggranellare risorse a copertura dei bonus rifinanziati. L’obiettivo è infatti quello di generare un gettito aggiuntivo stimato tra 400 milioni e 1,5 miliardi nell’arco di tre anni, risorse necessarie per finanziare lo stop alla doppia imposizione sui dividendi e mantenere invariati i saldi di finanza pubblica, cardine politico dell’intera Manovra.
Nel definire le alchimie della Manovra 2026, il ministero dell’Economia segue un unico comandamento: ogni modifica deve finanziarsi da sola. L’eliminazione della doppia tassazione sui dividendi, misura molto attesa da imprese e investitori istituzionali, comporta un costo significativo. Da qui la necessità di un’entrata certa, immediata e politicamente difendibile: il raddoppio della Tobin Tax.
Numeri alla mano, l’imposta in vigore porta oggi allo Stato circa 546 milioni l’anno. Il raddoppio secco permetterebbe di generare coperture aggiuntive pari a quasi il 60% delle risorse necessarie alla correzione sulle partecipazioni.
Il Governo difende la misura come un intervento tecnico e non ideologico, funzionale al rispetto dell’impegno a mantenere il deficit pubblico sotto controllo ed evitare un prolungamento della procedura europea per disavanzo eccessivo.
Le critiche al raddoppio della Tobin Tax
Molti operatori e diversi economisti non condividono la scelta. La ragione è semplice: la base imponibile dell’imposta è altamente mobile, come ricordato da Luigi Marattin del Partito Liberaldemocratico, raggiunto da Milano Finanza, e da numerosi analisti finanziari.
L’esperienza italiana e internazionale, viene puntualizzato, mostra che tassare transazioni in un solo Paese rischia di:
- spostare volumi verso mercati esteri con minore imposizione;
- ridurre la liquidità soprattutto sui titoli a media capitalizzazione;
- comprimere la competitività di Piazza Affari rispetto alle principali borse europee;
- produrre in alcuni casi un gettito inferiore alle attese, nonostante l’aumento dell’aliquota.
Il rischio segnalato è quello già verificatosi in altri settori: una tassa nazionale su una base imponibile transfrontaliera può indurre gli operatori a spostarsi altrove, limitando l’efficacia dell’imposta e riducendo gli investimenti.
Tassa sui pacchi fino a 150 euro
In parallelo al raddoppio della Tobin Tax, la Manovra introduce anche un contributo da 2 euro su tutti i pacchi di valore fino a 150 euro, in entrata e uscita dal territorio italiano. La misura potrà colpire l’ecommerce generando entrate comprese fra 150 e 200 milioni di euro.
Il Governo ha scelto di applicare la tassa anche ai pacchi che circolano dentro l’Italia per evitare che la misura fosse qualificata come dazio doganale, superando così i vincoli imposti dalle regole dell’Unione europea. Lo scopo è quello di scoraggiare la fast fashion, che porta con sé inquinamento e un duro colpo all’industria tessile nazionale.