È possibile revocare la cedolare secca? Quali sono le conseguenze di questa decisione? Iniziamo con il rispondere alla prima domanda: il locatore ha la facoltà di prendere questa decisione: in qualsiasi annualità può decidere di revocare l’opzione contrattuale. Il cambio di regime fiscale, però, deve essere effettuato entro il termine previsto per il pagamento dell’imposta di registro riferita all’annualità in cui si decide di revocare la cedolare secca.
Il cambio del regime fiscale del contratto di locazione permette al proprietario dell’immobile di effettuare gli aggiornamenti del canone di affitto all’indice Istat: il divieto di farlo, infatti, si applica unicamente al periodo corrispondente alla durata dell’opzione. Ricordiamo, comunque, che a questo punto il proprietario è anche obbligato a versare l’imposta per l’annualità di riferimento. Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di capire come si debbano muovere i diretti interessanti nella gestione della cedolare secca.
Indice
Cedolare secca: cos’è
La cedolare secca costituisce, a tutti gli effetti, un regime di tassazione facoltativo, che permette di versare un’imposta sostitutiva al posto della normale Irpef e delle relative addizionali. Hanno la possibilità di optare per la cedolare secca quanti stanno percependo dei redditi provenienti dalla locazione di immobili. O che, comunque vada, abbiano dei diritti reali sugli stessi.
È necessario sottolineare che la cedolare secca non viene applicata in maniera automatica, ma deve essere scelta direttamente dal locatore. La normativa ha previsto due diverse aliquote, rispettivamente al 10% e al 21%, che si riferiscono a due diverse tipologie di contratti.
Grazie alla cedolare secca è possibile sostituire completamente anche le imposte di bollo e di registro che si devono applicare sulla risoluzione e sull’eventuale proroga del contratto di locazione.
Quando si può revocare la cedolare secca
A stabilire come debba essere revocata la cedolare secca è il provvedimento direttoriale del 7 aprile 2011, il quale ha richiamato esplicitamente il comma 11 dell’articolo 3 del DLGS n. 23/2011. Qui, infatti, è stato stabilito che il locatore – a pena dell’inefficacia dell’applicazione del regime facoltativo – è obbligato a comunicare al conduttore, con un lettera raccomandata, la rinuncia, per il periodo di durata dell’opzione, all’aggiornamento del canone di locazione e alle eventuali variazioni accertate dall’Istat dell’indice nazione dei prezzi al consumo.
Comunque vada il locatore potrà revocare la cedolare secca nel corso di una qualsiasi annualità contrattuale successiva rispetto a quella nella quale è stata esercitata. Il cambio di regime fiscale deve essere effettuato, però, entro il periodo di pagamento dell’imposta di registro che si riferisce a quel determinato anno.
Una volta che la cedolare secca sia stata revocata è possibile procedere con l’aggiornamento del canone di locazione. Il divieto, infatti, vale esclusivamente per il periodo in cui viene adottata l’opzione. Gli aggiornamenti devono essere effettuati, sostanzialmente, sul canone che risulta dal contratto non attualizzato per effetto del periodo in cui la cedolare secca veniva applicata.
Cosa succede se ci sono più locatori
Cosa succede nel caso in cui la locazione dell’immobile ad uso abitativo sia di proprietà di due o più locatori e che detengano in maniera congiunta un contratto di locazione? Il provvedimento chiarisce che l’applicazione della cedolare secca produce un effetto diretto solo sui locatori che la esercitano.
Quanti non optano per la sua applicazione sono obbligati al versamento dell’imposta di registro sulla parte del canone di locazione che risulti essere ufficialmente imputabile in base alle quote di possesso. È necessario, inoltre, provvedere a versare l’imposta di bollo sul contratto di locazione. In questo caso, però, dal provvedimento non vengono forniti dei chiarimenti circa l’aggiornamento del canone: a questo punto sarebbe utile comprendere se la quota del canone che non risulti essere oggetto di cedolare secca possa essere sottoposta ad un’eventuale variazione.
Ufficialmente, dando uno sguardo a quanto previsto dalla norma, non sembra che ci siano dei divieti in questo senso. Quindi sembrerebbe possibile effettuare degli aggiornamenti almeno per la quota di proprietà dell’immobile dato in affitto, il cui locatore avrà la possibilità di aggiornare il canone.
Canone di locazione: gli aggiornamenti Istat
Una importante indicazione sulla rivalutazione dei prezzi degli affitti è arrivata direttamente dall’ultimo aggiornamento Istat del canone di locazione. A determinare la variazione è stato l’andamento dei prezzi al consumo per le famiglie italiane, che viene calcolato ogni mese direttamente dall’Istat. Il 15 dicembre 2023 è stato effettuato l’ultimo aggiornamento dello scorso anno, che ha stabilito che l’indice di rivalutazione – almeno quello riferito al mese di novembre 2023 – sia pari a +118,7 su base annua, con un adeguamento dello 0,7% rispetto al mese precedente sempre su base annuale. Su base biennale, invece, siamo su un 12,3%: questa percentuale si applica sui contratti con clausole di adeguamento ogni due anni.
Ricordiamo che i vari adeguamenti Istat servono a calibrare il canone di affitto al costo della vita e all’andamento dell’economia. Può essere calcolato su base annuale o biennale.
Scegliere la cedolare secca blocca il canone di affitto, che per la durata del contratto non può essere sottoposto a delle variazioni. Il regime, quindi, risulta essere agevolato sia per il proprietario dell’immobile, che beneficia di una tassazione ridotta, che per l’inquilino che non si vede aumentare il canone annualmente.
È sempre bene, comunque vada, verificare le clausole contenute all’interno del contratto di locazione, perché potrebbero essere previste delle esplicite eccezioni o delle disposizioni specifiche. Il contratto può stabilire, ad esempio, che il canone possa essere rivisto in diversi momenti, come ad esempio alla scadenza dello stesso. Se è prevista una clausola di revisione del canone, le parti hanno la possibilità di concordare un nuovo canone che si basa sugli indici Istat o su altri parametri che devono essere contenuti all’interno del contratto stesso.
Gli adeguamenti Istat
È importante ricordare che il metodo attraverso il quale procedere con l’adeguamento Istat non è sempre lo stesso. All’interno del contratto di locazione possono essere indicate varie soluzione:
- si può optare per l’applicazione dell’indice FOI medio annuale dell’anno precedente. Questa soluzione comporta l’adozione dei dati alla fine dell’anno precedente per calcolare la media da adottare;
- nel momento in cui viene applicato il primo adeguamento deve essere utilizzato l’indice più recente disponibile, andandolo a moltiplicare con il canone indicato nel contratto.