Allarme per il pesce che mangiamo: cosa succede. Arriva quello in provetta?

Il prezzo medio del gasolio per la pesca è raddoppiato rispetto al 2021, costringendo i pescherecci italiani a navigare in perdita o a tagliare le uscite. Ecco gli effetti

Pubblicato: 22 Novembre 2022 11:43

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Non solo listeria nei cibi che mangiamo e prodotti che rischiano di diventare introvabili o costosissimi a causa della guerra. Un altro allarme scatta per i consumi degli italiani. In occasione della Giornata Mondiale della Pesca che si celebra il 21 novembre, uno dei dati più interessanti che emerge riguarda il cambio delle abitudini a tavola.

Addio pesce fresco, benvenuto pesce straniero: le cause

Gli italiani tagliano di ben il 31% gli acquisti di pesce fresco, prevalentemente a causa dei rincari, con i costi per le imbarcazioni che sono praticamente raddoppiati per via della guerra in Ucraina e del conseguente caro energia.

Il prezzo medio del gasolio per la pesca è praticamente raddoppiato rispetto allo scorso anno, costringendo i pescherecci italiani a navigare in perdita o a tagliare le uscite e dunque favorendo, involontariamente, le importazioni di pesce straniero. Fino ad oltre la metà dei costi che le aziende ittiche devono sostenere è rappresentata proprio dal carburante. Non a caso, gli arrivi di prodotti ittici dall’estero sono aumentati del 27% in valore nei primi sette mesi del 2022.

Un trend che va a peggiorare ulteriormente una situazione in cui la produzione nazionale di pesce ammonta a circa 180mila tonnellate, mentre le importazioni di pesce fresco e congelato sono di circa 840mila tonnellate l’anno. L’analisi, condotta da Coldiretti Impresapesca sulla base dei dati Ismea relativi ai primi nove mesi dell’anno, è impietosa: una crisi difficilissima, l’ennesima, da cui sarà dura uscire.

Cosa succede al settore pesca

Non solo. A pesare sono anche le scelte dell’Unione Europea guidata da Ursula von der Leyen un po’ come accaduto per il latte, scelte che hanno portato a una riduzione dell’attività di pesca per il segmento più produttivo della flotta peschereccia italiana come quello dello strascico a poco più di 120 giorni, pari ad un terzo delle giornate annue, portandola di fatto sotto la soglia della sostenibilità economica.

Il risultato? Che in appena una generazione la flotta italiana si è ridotta di un terzo, scendendo a solo 12mila unità, con un numero di quasi 30mila addetti.

Arriva il pesce sintetico “in provetta”?

Senza contare che ora, dopo la carne sintetica, è arrivato pure il pesce “in provetta”. Si tratta di pesce sintetico creato in laboratorio con cellule staminali in provetta, che in un sondaggio ha incassato una sonora bocciatura da ben 7 italiani su 10. Ma quella che Coldiretti bolla come “l’ultima deriva a tavola” è già qui: a sperimentarla per ora è la Germania, con i primi bastoncini di sostanza ittica coltivati in vitro senza aver mai neppure visto il mare.

La società tedesca Bluu Seafood impegnata nel progetto – denuncia Coldiretti – promette di ricreare in laboratorio la carne di salmone atlantico, di trota iridea e di carpa partendo da cellule coltivate e arricchite di proteine vegetali. Per ora in Germania si punta alla realizzazione di prodotti come bastoncini e polpette facendo biopsie ai pesci e creando masse di cellule autoriproduttive da confezionare poi per il consumo umano.

Un business che si preannuncia già succulento, se si considera che a livello globale ogni persona consuma oltre 20 chili di pesce vero all’anno. Noi italiani ne mangiamo circa 28 chili a testa, e siamo comunque sopra la media europea, che è di 25 kg.

Oltreoceano il pesce sintetico non è cosa nuova: negli USA è già stato lanciato il sushi in provetta. Ad esempio, il colosso Nomad Foods, proprietario tra gli altri del marchio Findus Italia, ha firmato un accordo con la start-up californiana BlueNalu per studiare il lancio di pesce da colture cellulari.

La società Wildtype di San Francisco è riuscita invece a racimolare 100 milioni di dollari per sviluppare un sushi da salmone coltivato in laboratorio, programmando l’eventuale distribuzione tramite accordi con Snowfox, che gestisce una catena di sushi bar con 1.230 punti vendita negli Stati Uniti, e con Pokéworks, proprietario di 65 ristoranti di poké.

Anche l’Asia, tanto legata al pesce crudo, si sta lanciando nel settore: in Corea del Sud la CellMeat sta lavorando ai gamberetti in provetta.

Ue aumenta fondi per la pesca italiana

D’altro canto va detto almeno che il settore si dice soddisfatto per il via libera ai fondi europei per aumentare la competitività e la sostenibilità della pesca nazionale.

Il Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura (Feampa) ha stabilito infatti di destinare al settore ittico italiano quasi 1 miliardo di euro per i prossimi sei anni, fino al 2026. Circa la metà dei fondi andrà alla pesca sostenibile, mentre più di un terzo dei fondi è dedicato all’acquacoltura e alla trasformazione e commercializzazione.

Approvato il CCNL dei pescatori: cosa cambia

Un’altra buona notizia è che a fine settembre è stato rinnovato il CCNL per gli addetti che si occupano di pesca marittima. Il contratto nazionale del lavoro riguarda circa 27mila lavoratori impiegati su circa 12mila imbarcazioni.

Federpesca e Coldiretti, insieme a Fai-Cisl, Uila Pesca e Flai-Cgil, hanno rinnovato il contratto collettivo di lavoro proprio alla vigilia della ripresa in molte marinerie delle attività di pesca dopo il fermo obbligatorio.

Il nuovo CCNL prevede una prima tranche di aumento a partire dal 1° ottobre 2022 del 3% e una seconda dal 1° ottobre 2023 del 3,5%.

“Un importante segnale di responsabilità di imprese e lavoratori del settore ittico nazionale di fronte ad una emergenza mondiale in un momento di grande incertezza a livello internazionale con un aumento dei costi di produzione, in particolare il gasolio, insostenibili, ed un’inflazione che si avvicina alle due cifre e che pesa in maniera importante sulle famiglie e sui lavoratori” hanno spiegato le associazioni.