L’anno scolastico 2020-2021 sta per iniziare, e ciò che preoccupa è il numero significativo di insegnanti e personale ATA che non sarà disponibile per il nuovo anno. Con modalità e tempistiche ancora tutte da decidere, ci si trova di fronte a una situazione in cui quasi 30 mila insegnanti saranno assenti. Questo già di per sé costituisce una sfida notevole per il sistema educativo. Ma non è tutto: si stima che circa 9.000 dipendenti ATA, oltre a più di 300 dirigenti scolastici e circa un centinaio di unità di personale educativo, non saranno presenti per il ritorno a scuola il 1 settembre. In totale, gli organici delle scuole si assottiglieranno di circa 40 mila unità, una cifra che lascia perplessi e solleva molte domande circa la gestione delle risorse umane nel settore dell’istruzione.
La carenza di insegnanti e personale ATA è un problema che potrebbe avere ripercussioni significative sulla qualità dell’istruzione offerta agli studenti. Con meno risorse umane disponibili, le scuole potrebbero trovarsi a dover affrontare classi sovraffollate e una diminuzione dei servizi di supporto agli studenti e ciò potrebbe influire negativamente sull’apprendimento degli studenti e sulla loro esperienza scolastica complessiva.
Non si tratta, come potrebbe invece sembrare a una prima lettura, di un mega-piano di licenziamenti nell’ambito dell’istruzione pubblica. Semplicemente, è l’elenco delle persone che, a partire proprio dall’inizio del prossimo anno scolastico, andrà in pensione. L’Istituto Nazionale di Previdenza ha infatti autorizzato un totale di 39.700 certificazioni per pensionamenti del personale scuola. Al momento, fanno sapere dall’INPS, risultano lavorate il 97% delle domande pervenute attraverso i canali del Ministero dell’Istruzione.
Scuola, quante persone andranno in pensione dal 1 settembre 2020
Nella sua comunicazione, l’Istituto di Previdenza mette in chiaro quali figure hanno presentato domanda (e ottenuto la certificazione) e termineranno la loro carriera all’interno degli istituti scolastici di tutta Italia. Nello specifico, alla riapertura delle scuole “mancheranno” 29.900 insegnanti, 8.860 personale Ata, 446 Insegnanti di religione, 363 dirigenti scolastici e 99 unità di personale educativo. In totale, si tratta di 39.700 lavoratori che, dal 1 settembre, saranno in pensione.
Ovviamente, le cattedre non resteranno vacanti. I 30 mila posti di lavoro nel comparto scuola che si libereranno potranno essere occupati da nuovi insegnanti. In particolare, sottolinea l’INPS, questo darà il via a una serie di operazioni di mobilità interna e di nuove immissioni in ruolo. Non solo: dopo molteplici rinvii, infatti, sembra ormai avvicinarsi sempre più il momento dei concorsi per l’assunzione di nuovi insegnanti nelle scuole di ogni ordine e grado. Dal 15 giugno, ad esempio, è possibile presentare domanda per il concorso per la scuola secondaria di primo e secondo grado, che permetterà di assumere oltre 30 mila nuovi docenti.
INPS, risultato positivo
L’Istituto di Previdenza ha evidenziato, intanto, che tutte le procedure per la certificazione della carriera sono state eseguite senza problemi. Nonostante le sfide legate all’attuale situazione di emergenza sanitaria, si è raggiunto un risultato estremamente positivo, come dimostra il elevato numero di domande elaborate.
In una dichiarazione ufficiale, l’Istituto di Previdenza ha sottolineato che l’obiettivo principale è garantire che coloro che hanno diritto alla pensione possano ricevere il loro trattamento pensionistico a settembre, senza interruzioni rispetto allo stipendio che ricevono. Questo significa che il processo di certificazione della carriera è stato gestito in modo efficiente e tempestivo, assicurando che le richieste di pensionamento siano elaborate in tempo utile per garantire ai beneficiari di ottenere il loro sostegno finanziario quando ne hanno bisogno.
Nonostante le difficoltà dovute alla pandemia, l’Istituto ha lavorato duramente per assicurare che i diritti pensionistici dei lavoratori siano protetti e che essi possano godere dei benefici a cui hanno diritto senza alcun ritardo o complicazione. Tale impegno dimostra la dedizione dell’Istituto di Previdenza nel servire i cittadini e nell’assicurare loro un futuro sicuro e protetto dopo anni di lavoro.