In Italia mancano i lavoratori specializzati? Le figure professionali più difficili da trovare per le aziende

Il report di Confindustria mostra la grave difficoltà di aziende e imprese nel trovare lavoratori esperti e competenti in alcuni comparti chiave

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Federico Casanova

Giornalista politico-economico

Giornalista professionista specializzato in tematiche politiche, economiche e di cronaca giudiziaria. Organizza eventi, presentazioni e rassegne di incontri in tutta Italia.

Per giustificare i dati sempre molto elevati che riguardano la disoccupazione sul nostro territorio nazionale, analisti e commentatori amano ripetere che in Italia non c’è lavoro. Tutti però sappiamo che le cose non stanno esattamente così: è vero che in molti settori – dal digitale alle infrastrutture – il nostro Paese sconta un grave ritardo in termini di innovazione, ma è anche vero che le occasioni non sembrano mancare se consideriamo il mondo del lavoro nella sua interezza.

A scarseggiare, probabilmente, sono proprio le figure altamente specializzate di cui tanto avrebbero bisogno le aziende e le imprese di alcuni comparti come quello tessile e quello farmaceutico (solo per citarne due considerati “tradizionali”). Ma al contempo mancano professionisti di riferimento anche nei settori dell’analisi dei dati, del web marketing e del management aziendale, ambiti divenuti centrali nelle dinamiche interne al mercato del lavoro.

Lavoratori specializzati e figure innovative: l’allarme di Confindustria

A tracciare un quadro completo e dettagliato della situazione odierna ci ha pensato il Centro studi di Confindustria con il suo ormai abituale report estivo, in cui troviamo dati e statistiche relative alla prima metà del 2024, in particolare, al periodo compreso tra gennaio e maggio. L’attenzione degli industriali si è concentrata proprio sul tema delle competenze di difficile reperimento da parte delle imprese, che stanno mettendo in atto strategie e diversivi per far fronte alla carenza di determinati professionisti specifici.

Nello specifico, tra le aziende consultate, oltre il 69% dichiara di riscontrare gravi difficoltà di reperimento nel momento in cui vengono aperte posizioni per nuove assunzioni. E questo nonostante il 32% degli imprenditori abbia attivato una modalità flessibile di lavoro agile per il proprio personale, mettendo in condizione i dipendenti di alternare la presenza fisica sul luogo di lavoro a intere giornate in cui poter operare da remoto (arrivando anche a 3 o 4 giorni a settimana di smart working). Un dato quattro volte più alto rispetto al periodo precedente alla pandemia da Covid-19.

I ruoli più ricercati dalle imprese

Andando a disaggregare i macro-dati nelle singole situazioni, l’analisi di Confindustria mostra una grave difficoltà da parte delle imprese nel trovare le cosiddette competenze tecniche, segnalate da quasi il 70% delle aziende interpellate. A ruota, troviamo le mansioni manuali, che mancano per il 48% delle imprese che assumono (con un picco del 58% nel settore industriale).

Per quanto riguarda i compiti richiesti all’interno dell’azienda, le criticità si riscontrano soprattutto nel trovare personale che sappia dare un supporto nella gestione della transizione digitale (aspetto che accomuna il 66% degli intervistati) e nell’adeguamento alle nuove politiche green (qui si scende al 15% del campione, vista l’estrema specificità della figura richiesta).

Infine, per il 33% degli imprenditori che hanno partecipato all’indagine di Confindustria ci sono problemi nel trovare collaboratori che sappiano aumentare il respiro internazionale dell’impresa: ed ecco che allora quasi un’azienda su due (ossia il 49%) sceglie di rivolgersi a servizi e consulenze esterne per far fronte all’impossibilità di assumere personale sufficientemente qualificato ed esperto.