Cosa succede ai miei debiti e al mio patrimonio personale se fallisco?

Cosa accade realmente quando si è dichiarati falliti? È davvero la fine di tutto?

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Giorgia Dumitrascu

Avvocato civilista

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Pubblicato: 21 Febbraio 2025 11:48

Il fallimento è una parola che spaventa. L’idea di perdere tutto, di vedere i propri debiti accumularsi senza via d’uscita, è un incubo per chiunque si trovi in difficoltà economica. Vediamo nel dettaglio cosa succede.

Chi può essere dichiarato fallito?

Il fallimento riguarda solo imprenditori commerciali che superano determinate soglie dimensionali. I piccoli imprenditori, i professionisti e gli agricoltori ne sono esclusi (art. 1 l. fall.) Il fallimento è uno strumento di regolazione delle situazioni di crisi aziendale, riservato a specifiche categorie di soggetti economici. La disciplina è contenuta nella Legge Fallimentare, come riformata dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D. lgs. n. 14/2019).

Definizione di imprenditore commerciale soggetto a fallimento

L’art. 2195 c.c., definisce imprenditori commerciali coloro che:

esercitano un’attività di produzione di beni o servizi, intermediazione nello scambio di beni, attività bancaria, assicurativa, di trasporto o ausiliarie a tali settori. Con l’eccezione degli enti pubblici, i quali non possono essere assoggettati a procedure concorsuali.”

L’art. 15 l. fall. stabilisce che l’imprenditore commerciale non può essere sottoposto a fallimento se, nei tre esercizi precedenti la richiesta di apertura della procedura, non ha superato almeno uno dei seguenti parametri:

  • un attivo patrimoniale superiore a 300.000 euro;
  • ricavi lordi annui superiori a 200.000 euro;
  • un indebitamento complessivo, anche non scaduto, superiore a 500.000 euro.

L’accertamento del superamento di tali limiti è demandato al Tribunale fallimentare, il quale procede all’esame della documentazione contabile dell’impresa e delle risultanze fiscali. La Cassazione ha più volte ribadito che la valutazione dei requisiti dimensionali deve essere condotta in modo conforme alla realtà economica dell’impresa (Cass. Civ., Sez. I, n. 24219/2016) e che la valutazione della fallibilità deve essere effettuata caso per caso, sulla base di un’attenta analisi del volume d’affari, dell’attivo patrimoniale e dell’indebitamento complessivo dell’imprenditore (Cass. Civ., Sez. I, n. 9167/2013).

Cosa accade ai miei debiti e al mio patrimonio personale se fallisco?

La dichiarazione di fallimento comporta rilevanti conseguenze sia sul patrimonio del debitore sia sulla gestione dei suoi debiti. Tale procedura mira a soddisfare in modo equo i creditori attraverso la liquidazione del patrimonio del fallito.

Effetti del fallimento sul patrimonio

Una volta dichiarato il fallimento, l’imprenditore subisce lo spossessamento, cioè la perdita del potere di disporre dei propri beni, i quali vengono gestiti dal curatore fallimentare per la soddisfazione dei creditori. Lo spossessamento implica che tutti i beni di proprietà del fallito al momento della dichiarazione, inclusi quelli acquisiti successivamente, confluiscono nella massa attiva destinata a soddisfare i creditori. È importante notare che gli atti dispositivi compiuti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento sono considerati inefficaci rispetto ai creditori, al fine di preservare l’integrità del patrimonio destinato al concorso.

Il fallimento non ha soltanto conseguenze economiche, ma può anche comportare ripercussioni personali e reputazionali, poiché l’imprenditore fallito viene iscritto nel registro dei protesti e può essere soggetto a indagini per eventuali reati fallimentari, quali bancarotta semplice o fraudolenta.

Beni protetti dal fallimento

Restano esclusi dal fallimento i beni essenziali e gli strumenti di lavoro indispensabili. Tutti gli altri beni vengono liquidati per soddisfare i creditori. Infatti, la legge prevede che alcuni beni rimangano esclusi dalla massa fallimentare.

In particolare, l’art. 46 l. fall. sancisce che sono impignorabili e quindi esclusi dal fallimento:

  • i beni di uso strettamente personale, quali indumenti e beni essenziali alla vita quotidiana;
  • gli strumenti indispensabili per l’esercizio della professione o dell’attività lavorativa del debitore, nei limiti di quanto strettamente necessario al suo sostentamento.

Esdebitazione: liberazione dai debiti residui

L’esdebitazione cancella i debiti residui dopo il fallimento, permettendo al debitore di ripartire senza obblighi verso i creditori, se rispetta i requisiti di meritevolezza. Questo istituto mira a favorire il reinserimento economico del fallito meritevole, purché abbia collaborato con le autorità concorsuali, non abbia commesso reati fallimentari e la procedura si sia conclusa con la liquidazione dell’attivo.

La richiesta di esdebitazione deve essere presentata con l’assistenza di un legale, durante il fallimento o entro un anno dalla chiusura della procedura. Il tribunale, sentiti il curatore e il comitato dei creditori, decide tramite decreto motivato. Tuttavia, l’esdebitazione non si applica a debiti per obblighi di mantenimento, risarcimenti per fatti illeciti extracontrattuali e sanzioni penali o amministrative.

Differenza tra fallimento e sovraindebitamento personale

Il fallimento e il sovraindebitamento regolano la crisi economica del debitore con finalità e destinatari diversi. Il primo riguarda imprenditori commerciali che superano determinate soglie dimensionali, mentre il secondo si applica a consumatori, professionisti, imprenditori agricoli e piccoli imprenditori, esclusi dalle procedure concorsuali ordinarie. La disciplina del sovraindebitamento è stata introdotta per offrire una soluzione a chi, pur essendo insolvente, non può accedere al fallimento.

Sovraindebitamento personale: una tutela per il debitore civile

Il sovraindebitamento si verifica quando un soggetto non fallibile non riesce a far fronte ai propri debiti senza compromettere il proprio sostentamento e quello familiare. A differenza del fallimento, che è una procedura liquidatoria, il sovraindebitamento mira a offrire una soluzione proporzionata alle capacità economiche del debitore.

Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza prevede tre strumenti:

  • piano del consumatore: consente alle persone fisiche di ristrutturare i debiti senza l’accordo dei creditori, previa valutazione del tribunale.
  • accordo con i creditori: permette a piccoli imprenditori e professionisti di rinegoziare il debito con il consenso della maggioranza dei creditori, sotto il controllo del giudice.
  • liquidazione controllata: prevede la cessione del patrimonio del debitore ai creditori, con possibilità di esdebitazione finale.

Cosa succede ai creditori dopo il fallimento?

La dichiarazione di fallimento di un soggetto imprenditoriale ha un impatto rilevante non solo sul debitore, ma anche sui suoi creditori. Una delle questioni più delicate riguarda il destino dei crediti che non vengono integralmente soddisfatti al termine della procedura fallimentare. Quando la liquidazione del patrimonio del fallito non è sufficiente a coprire tutti i debiti, i creditori chirografari e, in alcuni casi, anche parte di quelli privilegiati, subiscono una perdita definitiva.

Formazione dello stato passivo

A seguito della dichiarazione di fallimento, i creditori devono presentare domanda di insinuazione al passivo fallimentare, ossia richiedere formalmente l’ammissione del proprio credito alla procedura concorsuale. La domanda di ammissione al passivo deve essere depositata entro il termine stabilito dal giudice delegato, generalmente di 30 giorni prima dell’udienza di verifica dello stato passivo. I creditori devono indicare l’ammontare del credito, la sua origine e gli eventuali titoli di prelazione, nonché allegare la documentazione probatoria necessaria. Il curatore esamina le richieste e predispone un progetto di stato passivo, che viene sottoposto all’approvazione del giudice. I creditori che non si insinuano tempestivamente nel passivo possono perdere il diritto di partecipare alla distribuzione dell’attivo, salvo che non dimostrino l’esistenza di una giusta causa di ritardo e ottengano l’ammissione tardiva ai sensi dell’art. 101 l. fall.

Ordine di soddisfacimento dei creditori

Uno dei principi cardine della procedura fallimentare è la gerarchia nella distribuzione del ricavato della liquidazione del patrimonio del fallito. Non tutti i creditori vengono soddisfatti in egual misura, poiché la legge stabilisce una precisa graduazione dei crediti in base alla loro natura e alle eventuali cause di prelazione:

  • spese prededucibili – sono quelle sostenute per la gestione della procedura fallimentare (es. compenso del curatore, spese processuali, oneri fiscali e previdenziali sorti durante il fallimento). questi crediti hanno priorità assoluta rispetto a tutti gli altri.
  • creditori privilegiati – si tratta di crediti assistiti da cause di prelazione, che si distinguono in privilegi generali (ad esempio, crediti retributivi dei lavoratori) e privilegi speciali (ad esempio, ipoteche su immobili o pegni su beni mobili).
  • creditori chirografari – sono coloro che non godono di alcuna garanzia specifica e vengono soddisfatti solo dopo l’integrale pagamento dei creditori privilegiati. in genere, i creditori chirografari recuperano solo una parte del loro credito, in proporzione all’attivo disponibile.

La dichiarazione di fallimento determina il blocco di tutte le azioni esecutive individuali intentate dai creditori contro il fallito. Quindi ogni tentativo di recupero forzoso del credito deve avvenire esclusivamente attraverso la procedura concorsuale.