Truffe su criptovalute e trading online, dalle finte imposte alle commissioni inesistenti

Nelle ultime settimane imperversano le truffe sulle imposte che si dovrebbe versare sulle criptovalute, su asset digitali e altri investimenti online: ecco come difendersi

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Pubblicato: 19 Febbraio 2025 07:49

La tecnologia ha avuto un impatto importante in diversi settori: il mondo della finanza e degli investimenti è stato rivoluzionato da una serie di novità. Le criptovalute sono una di queste. Oltre a permettere di effettuare interessanti investimenti, però, hanno fatto proliferare una serie di frodi. Tra le truffe che subdolamente stanno prendendo piede nel corso degli ultimi tempi una è legata alle imposte che dovrebbero essere pagate proprio sui guadagni derivanti dalle crypto.

Alcuni siti e operatori richiedono il pagamento di alcune somme per poter sbloccare i guadagni che deriverebbero da questo tipo di investimenti spacciate per tasse o imposte. Ma attenzione: la richiesta che nasconde una vera e propria truffa. Questo tipo di frode si sta estendendo anche ad altri tipi di asset, dai Cfd, al forex, dalle azioni ai futures.

Come funziona la truffa che colpisce le criptovalute

Nel corso delle ultime settimane sta imperversando una truffa online che colpisce le criptovalute e altri strumenti di investimento: è una frode informatica, il cui scopo è quello di sottrarre con l’inganno denaro e dati personali alle ignare vittime.

La dinamica attraverso la quale queste persone vengono ingannate è sostanzialmente sempre simile: con la promessa di guadagni elevati si attraggono degli investitori, che vengono dirottati su delle piattaforme di trading poco affidabili o completamente inesistenti.

La vittima, dopo aver investito il proprio denaro, viene convinto della bontà dell’operazione tramite delle dashboard manipolate che evidenziano un incremento (fasullo) del capitale. A questo punto arriva il momento di ritirare i fondi e con con esso la truffa: per sbloccare i profitti, i malviventi impongono il pagamento di un’imposta fittizia.

Bisogna pagare tasse alle società di trading?

Ma quali sono le richieste più comuni che vengono avanzate a quanti hanno effettuato degli investimenti in criptovalute? Fingendo di attenersi alla normativa italiana, viene richiesto il pagamento di un’imposta con un’aliquota che realmente c’è nel nostro Paese (26%), che deve essere versata sulle plusvalenze maturate all’estero.

Questa situazione è un po’ particolare e può trarre in inganno l’investitore più sprovveduto, ma ricordiamo che:

  • le società di trading che non hanno residenza fiscale in Italia non possono operare come sostituto d’imposta ed è il contribuente a dover dichiarare il reddito nella dichiarazione dei redditi;
  • le società di trading che possono operare nel nostro Paese sono tenute a pagare le imposte sui guadagni ottenuti dalle criptovalute e bonificano all’investitore la cifra netta, senza alcuna operazione da parte dell’utente.

Attenzione alle commissioni di sblocco

In altri casi vengono richieste delle commissioni di sblocco. In questo caso è importante procedere con una precisazione importante: nessuna piattaforma di investimento che operi legittimamente avanza delle richieste di commissioni per sbloccare dei fondi che sono di proprietà dell’investitore.

Quando viene richiesta una qualsiasi cifra per poter utilizzare i propri fondi si è davanti ad una frode, che spesso viene accompagnata da delle pressioni psicologiche per far in modo che la vittima effettui il pagamento rapidamente.

I falsi contributi antiriciclaggio

Un’altra forma della truffa è la richiesta di contributi antiriciclaggio per un presunto adeguamento alla normativa vigente. Tutti gli obblighi normativi connessi alle regole sull’antiriciclaggio sono gestite direttamente da delle istituzioni finanziarie regolamentate, che provvedono a trattenere eventuali imposte o commissioni in modo trasparente e automatico. L’investitore non deve effettuare alcun tipo di versamento aggiuntivo.

Commissioni su operazioni non effettuate

Ancora  può essere chiesta all’investitore la copertura di costi per delle transazioni su operazioni mai effettuate sulla blockchain, dall’acceso ai fondi al trasferimento delle criptovalute. Tale richiesta è, a tutti gli effetti, una frode, perché non è mai necessario versare delle commissioni aggiuntive.

Le transazioni sulle blockchain pubbliche, come accade con Bitcoin o Ethereum, vengono applicate automaticamente dalla rete e non devono essere versate agli exchange o da terze parti.

Come operano i truffatori

Nelle truffe sulle criptovalute e sul trading, hanno un ruolo fondamentale le leve psicologiche, che inducono gli investitori a cadere nelle trappole che gli vengono tese. L’obiettivo è quello di andare a manipolare l’investitore costruendo delle strategie ben articolate, in grado di creare una sensazione di fondo di urgenza, confusione e una sicurezza che esiste solo sulla carta. Si fa credere alla vittima che il tempo sia limitato e che se non si paga immediatamente si perde il capitale investito.

Quando si parla di criptovalute la normativa fiscale è ancora poco conosciuta, almeno per la maggior parte degli investitori. I potenziali malfattori giocano proprio su questo terreno, inventando delle tasse che non esistono o spiegando che ci sono degli obblighi legali fasulli per giustificare la richiesta di pagamenti.

La truffa viene resa leggermente più credibile perché vengono utilizzati dei falsi avvisi che arrivano da degli organi ufficiali, come l’Agenzia delle Entrate o l’Irs, l’Internal Revenue Service. I documenti sembrano autentici, ma in realtà sono contraffatti, come avviene nei classici casi di phishing.

Un altro degli strumenti che vengono utilizzati per manipolare le ignare vittime sono le recensioni false e le testimonianze fasulle, con le quali viene attestata la validità della piattaforma o la correttezza delle procedure di pagamento. Spesso e volentieri questi commenti vengono pubblicati direttamente sui forum o sui social network.

Cosa fare in caso di truffa

Quanti dovessero ritenere di essere oggetto di una truffa o essere entrati all’interno di un qualsiasi meccanismo di frode devono agire con la massima attenzione. È importate:

  • interrompere le comunicazioni con la piattaforma e i suoi gestori e non effettuare ulteriori pagamenti;
  • modificare immediatamente le password di tutti gli account che si usano;
  • controllare i propri movimenti bancari e contattare il proprio istituto per bloccare transazioni sospette ed evitare che vengano effettuati ulteriori prelievi;
  • raccogliere tutte le prove, come e-mail, ricevute, screenshot e ogni tipo di comunicazione che è stata ricevuta;
  • presentare una denuncia alle autorità competenti, dunque Polizia postale, Consob e Guardia di Finanza;
  • segnalare la piattaforma fraudolenta per evitare che altre persone cadano nella stessa trappola;
  • consultare un legale per verificare se è possibile recuperare i fondi.