Contaminazione PFAS in Italia, saranno risarcite 300 famiglie

Il tribunale di Vicenza condanna 11 ex dirigenti Miteni: riconosciuti reali multipli come avvelenamento dell’acqua e disastro ambientale

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Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

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Il caso della condanna a 11 ex dirigenti dell’azienda chimica Miteni potrebbe cambiare le sorti di molti altri processi in merito ai PFAS. Il reato contestato a questi è di avvelenamento deliberato dell’acqua, disastro ambientale, gestione illegale dei rifiuti e bancarotta fraudolenta. Il totale di anni di carcere sanciti dal tribunale penale di Vicenza è di 141 anni.

Il processo che ha portato alla condanna degli ex dirigenti è iniziato nel 2021 e ha visto da una parte Miteni e dall’altra circa 300 parti civili. Il gruppo maggiore era quello delle Mamme No PFAS, un gruppo di madri che protestano contro la contaminazione da PFAS in Italia. Molte di queste donne hanno trovato livelli di PFOA nel sangue dei loro figli anche oltre i 300 ng/mL.

Il caso Miteni: 141 anni per 11 dirigenti

Alcuni stanno già parlando di sentenza storica o addirittura di “miracolo”. È arrivata quasi a sorpresa la condanna per 11 ex dirigenti dell’azienda chimica Miteni. A questi sono stati contestati e poi confermati molteplici reati, tra cui avvelenamento deliberato dell’acqua, gestione illegale dei rifiuti, disastro ambientale e bancarotta fraudolenta. Per loro il tribunale penale di Vicenza ha confermato 141 anni di carcere in totale. Oltre alla sentenza, ci sarà un risarcimento per le parti coinvolte.

La vicenda ha inizio nel 2013, quando uno studio rilevò la contaminazione chimica tossica delle falde acquifere e dell’acqua potabile che forniva un’area con 300.000 abitanti tra Padova, Verona e Vicenza. Tra gli inquinanti scoperti c’erano le sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche (PFAS). Queste vengono definite anche sostanze chimiche eterne, perché non si decompongono né nell’ambiente né nel corpo umano.

Cosa sono i PFAS

I PFAS o “sostanze chimiche eterne” sono ampiamente utilizzati per la produzione di pentole antiaderenti, abbigliamento, scatole per la pizza e tanti altri elementi comuni della quotidianità. Sono impiegati principalmente per la loro resistenza all’acqua, al grasso e al fuoco, ma nel tempo diversi studi hanno collegato i PFAS a gravi rischi per la salute.

Tra i problemi maggiori: danni al sistema immunitario, problemi riproduttivi e disfunzioni tiroidee. Proprio uno dei PFAS prodotti da Miteni, l’acido perfluoroottanoico (PFOA), è stato classificato come cancerogeno dall’Organizzazione Mondiale della Sanità ed è vietato dall’Unione Europea.

Sentenza contro PFAS
ANSA
Contaminazione PFAS in Italia.

La presenza di PFOA nel sangue

La vicenda giudiziaria prende forma dallo studio, ma il processo inizia nel 2021. Da una parte dell’aula l’azienda, dall’altra 300 parti civili e tra loro il gruppo delle Mamme No PFAS. Si tratta delle attiviste più influenti nella lotta europea contro queste sostanze chimiche specifiche, proprio per il loro coinvolgimento familiare. Durante i processi si sono presentate con delle magliette sulle quali erano impresse le concentrazioni di PFOA nel sangue dei loro figli con la scritta: “Stai avvelenando mio figlio”.

I valori vanno da 66 a 145, fino anche a 300 ng/mL. Non esiste però una concentrazione di PFAS considerabile sicura. In un rapporto USA del 2022 è stato suggerito che è improbabile che concentrazioni inferiori a 2 ng/mL causino danni. Ma i valori mostrati sulle magliette dal gruppo delle Mamme No PFAS sono tutti molto sopra i livelli indicati dallo studio.

I casi in Europa

La sentenza italiana potrebbe aprire la strada alla risoluzione di altri casi europei di contaminazione. Solo a pochi chilometri dall’Italia, infatti, c’è un altro hotspot europeo di PFAS. A Zwijndrecht, in Belgio, la zona è contaminata da un impianto chimico della 3M.

In questo caso, però, non c’è stato ancora nessun processo penale a condannare i dirigenti. Si spera quindi che la sentenza italiana faccia la differenza e dia il buon esempio su come possa essere affrontata la battaglia contro la contaminazione da PFAS.