Il primo trimestre del 2024 ha visto un’importante contrazione nelle convenzioni notarili per i mutui e per altre obbligazioni garantite da ipoteca immobiliare. Con 67.521 atti registrati, il report Istat sul Mercato Immobiliare italiano pubblicato il 19 dicembre 2024 riporta una flessione del 6,6% rispetto al trimestre precedente e una riduzione ancora più marcata, del 12%, su base annua.
Questa dinamica si inserisce in un contesto di debolezza del mercato immobiliare già evidente da diversi trimestri, che potrebbe avere effetti sui tassi di interesse e sull’accesso al credito. Ma quali? Vediamo cosa dicono i numeri.
Perché i mutui sono in calo
Diversi fattori concorrono alla riduzione delle nuove concessioni di mutui. Per esempio, l’aumento dei tassi di interesse insieme a una politica monetaria restrittiva adottata dalla Banca Centrale Europea (BCE) per combattere l’aumento dell’inflazione ha portato a un costante rialzo del costo del denaro, rendendo i mutui più onerosi per le famiglie.
Inoltre, il rallentamento della crescita economica e le difficoltà nel mercato del lavoro hanno influenzato negativamente la fiducia dei consumatori e la propensione all’indebitamento. Questo, accompagnato dalla riduzione della domanda nel mercato immobiliare, in parte conseguenza dei tassi più alti, ha diminuito l’urgenza di acquistare, contribuendo alla contrazione delle compravendite.
Non a caso, nel primo trimestre 2024, rispetto al trimestre precedente, sono diminuite del 5,3% anche le convenzioni notarili relative a compravendite immobiliari e altri atti traslativi a titolo oneroso per unità immobiliari.
Nel confronto congiunturale (ossia rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente), il settore abitativo ha registrato una diminuzione delle transazioni in tutte le aree geografiche italiane, ovvero:
- -6,8% nel Nord-est
- -6,2% al Centro
- -5,9% nel Nord-ovest
- -4,8% al Sud
- -2,3% nelle Isole.
Gli effetti sui tassi di interesse
Se l’aumento dei tassi di interesse ha contribuito a far diminuire la richiesta dei mutui, è possibile il contrario? Ovvero, una richiesta minore di accesso al credito, può influenzare l’andamento degli interessi?
Di fatto, con un un numero ridotto di richieste, le banche potrebbero trovarsi costrette a rendere più competitivi i propri prodotti per attrarre clienti. Anche se la contrazione del numero di mutui accesi riflette anche una minore capacità o volontà di indebitarsi da parte delle famiglie, una maggiore disponibilità di liquidità nelle banche, associata alla riduzione della domanda, potrebbe favorire condizioni più favorevoli per i mutui nel medio termine, soprattutto per chi presenta un buon profilo creditizio.
Questo scenario potrebbe tradursi in una lieve riduzione degli spread applicati sui mutui, soprattutto per quelli a tasso fisso, anche se il tasso base continuerà a risentire delle decisioni della BCE.
C’è da dire, tuttavia, che sebbene la Banca centrale Europea abbia mantenuto un approccio restrittivo, i segnali di rallentamento economico potrebbero spingere verso una pausa nei rialzi futuri. In tal caso, i tassi variabili potrebbero beneficiare di una stabilizzazione, alleviando la pressione sui mutuatari esistenti.
Infine, alcune variabili potrebbero modificare il quadro nei prossimi mesi. Ad esempio, una revisione della politica monetaria, in risposta a segnali di rallentamento dell’inflazione e dell’economia, potrebbe favorire un allentamento delle condizioni di credito.
Misure fiscali o incentivi per l’acquisto della prima casa, se inseriti nella prossima Legge di Bilancio 2025, potrebbero riattivare la domanda, soprattutto per i giovani. In caso contrario, il calo del 12% nei mutui accesi nel primo trimestre 2024, nel breve termine potrebbe tradursi in un mercato immobiliare stagnante e in un accesso al credito limitato.