Giornata Mondiale del Cancro, le abitudini sbagliate causano 4 tumori su 10

Nel 2024, in Italia, sono state stimate 390.100 nuove diagnosi di tumore. Serve più impegno per sensibilizzare tutti i cittadini, soprattutto le persone che non adottano stili di vita sani

Foto di Federico Mereta

Federico Mereta

Giornalista scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica. Raccontare la scienza e la salute è la sua passione, perché crede che la conoscenza sia alla base di ogni nostra scelta. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 4 Febbraio 2025 14:55

Prevenzione e terapia su misura. Con la persona che diventa l’unico reale punto di riferimento. Per giocare d’anticipo sui tumori ed affrontarli al meglio. Perché la Giornata Mondiale del Cancro mette in luce come e quanto ci sia da fare. Il tema del ‘World Cancer Day’ è ‘United by Unique’. L’obiettivo è sensibilizzare cittadini, pazienti e Istituzioni a considerare l’unicità di ogni persona colpita dal cancro, garantendo una presa in carico che tenga conto degli aspetti emozionali, psicologici e sociali legati alla malattia.

Più attenzione ai rischi

Sovrappeso e obesità. Ridotta attività fisica. Fumo. Consumo di alcolici. Quattro tumori su dieci dipendono da fattori di rischio modificabili, come quelli sopracitati. Ma ci vuole una risposta su misura per ognuno, sia nelle cure che nella prevenzione.
Perché nel mondo più di un miliardo di persone convive con l’obesità, condizione che in Italia interessa il 10% degli adulti (18-69enni), cioè circa 4 milioni e 100mila cittadini. Il grave eccesso ponderale è un fattore di rischio correlato a 12 diversi tipi di tumore. Però, è ancora scarsa l’attenzione degli operatori sanitari nei confronti dei corretti stili di vita. Nel nostro Paese, solo il 43% delle persone in eccesso ponderale usufruisce di indicazioni per perdere peso da parte dei camici bianchi.
Anche i cittadini con altre condizioni di rischio oncologico ricevono poche raccomandazioni sugli stili di vita sani. A meno di 5 fumatori su 10 (48%) viene rivolto da un medico il consiglio di smettere di fumare. Una regolare attività fisica viene consigliata solo al 30% dei sedentari. Ad appena il 7% dei consumatori di alcol viene raccomandato di non bere.

“Nel 2024, in Italia, sono state stimate 390.100 nuove diagnosi di tumore – segnala Saverio Cinieri, Presidente Fondazione AIOM . Quasi il 60% degli adulti consuma alcol, il 33% è in sovrappeso e il 10% è obeso, il 28% è sedentario, il 24% fuma. Serve più impegno per sensibilizzare tutti i cittadini, soprattutto le persone che non adottano stili di vita sani. Il consumo di alcol è correlato a 7 tipi di carcinoma, l’obesità a 12. E il fumo, da solo, è responsabile del 25% dei decessi oncologici nel mondo”.

“La ‘people-centred care’ porta anche a considerare il contesto sociale di ogni paziente. Ad esempio, il fumo di sigaretta, la sedentarietà e l’eccesso ponderale sono più diffusi fra le persone con difficoltà economiche e un basso livello di istruzione. È già stato dimostrato che i problemi di natura finanziaria determinano una riduzione della sopravvivenza dei pazienti oncologici, con un rischio di morte più alto del 20%, anche in un servizio sanitario universalistico come il nostro. Ora è necessario allargare l’orizzonte dei programmi di prevenzione, considerando l’impatto degli ostacoli economici sull’adesione agli stili di vita sani”.

Approccio su misura

Insomma, puntiamo sulla prevenzione, ma non solo. Secondo Francesco Perrone, Presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), “la prevenzione dei tumori deve essere sempre più al centro della nostra attenzione e delle nostre azioni. Nel 2022, nel mondo, sono stati 20 milioni i nuovi casi di cancro e 9,7 milioni i decessi. Il 40% delle morti è causato da fattori di rischio modificabili, in particolare da fumo, consumo di alcol, sedentarietà ed eccesso ponderale”.

Venendo alle cure, la nuova dimensione della cura del cancro, infatti, è la cosiddetta ‘people-centred care’ che si focalizza a 360 gradi sulla persona colpita dalla malattia, coinvolgendo nel percorso assistenziale anche i familiari e l’intera comunità che circonda il paziente. Questo approccio, che supera quello centrato sul paziente o sulla persona, ha le potenzialità per migliorare i risultati clinici e la qualità di vita, con un uso più efficiente delle risorse e una riduzione dei costi dell’assistenza”.

“Rientra nella ‘people-centred care’ anche un attento monitoraggio dell’appropriatezza d’uso delle terapie – ricorda Perrone. AIOM e l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) hanno istituito un gruppo di lavoro, per analizzare l’attività di monitoraggio portata avanti dall’ente regolatorio in campo oncologico. Grazie a questa collaborazione, abbiamo evidenziato che il profilo dei pazienti coinvolti negli studi clinici è diverso rispetto a quello di coloro che, dopo l’approvazione, vengono trattati con gli stessi farmaci nei reparti di oncologia, cioè nella pratica clinica quotidiana”.

Il parere dei malati sulle cure

Nel frattempo, anche sul fronte delle terapie il “peso” della parola dei malati è sempre più importante. E non solo per il ruolo crescente delle associazioni che li rappresentano: anche in Italia si stanno ponendo le basi legislative per definire con maggior precisione i contorni della partecipazione di queste forme di advocacy alle scelte sanitarie. Se tutto andrà come si spera, ,c’è da aspettarsi che il peso delle associazioni crescerà. E si andrà oltre quanto sta già avvenendo, con l’attività delle associazioni stesse all’interno del ministero o dell’Agenzia del farmaco. Il ruolo sarà infatti diverso e più ampio, visto che dovrà essere inserito un rappresentante delle associazioni in organismi all’interno del Ministero oltre che nei percorsi di istruttoria sui farmaci.

Non solo. Un cambiamento culturale di grande rilevanza nell’oncologia degli ultimi anni è rappresentato dalla crescente attenzione agli esiti riferiti dal paziente (patient-reported outcomes, PROs), sia nelle sperimentazioni che nella pratica clinica. “I PRO e la qualità di vita del paziente sono sempre più un importante tassello del complesso mosaico di valutazione del valore dei trattamenti oncologici e rientrano a pieno titolo nella ‘people-centred care’ – spiega Massimo Di Maio, Presidente eletto AIOM. Questa consapevolezza sta aumentando, anche perché diverse società scientifiche hanno lanciato messaggi a favore del ruolo dei PRO. L’attenzione nei confronti di questi strumenti coinvolge anche le agenzie regolatorie”.

Il risultato è che, negli anni recenti, quasi il 70% degli studi clinici sui tumori include la qualità di vita dei pazienti tra gli endpoint, cioè tra gli obiettivi da analizzare. I dati relativi alla qualità di vita, pur compresi fra gli endpoint, però vengono pubblicati solo in circa la metà dei casi in cui sono stati raccolti. È importante, quindi, migliorare la tempestività con cui queste informazioni sono comunicate e pubblicate.

Non solo. “Oggi pochi ospedali adottano misure di monitoraggio sistematico dei sintomi da parte dei pazienti – fa sapere l’esperto. Serve un cambio di passo, perché la raccolta del punto di vista dei malati sull’esito di un trattamento non resti una semplice affermazione retorica ma diventi un metodo imprescindibile”.