Usa 2024, arriva il Super Tuesday: cos’è e perché è importante per la corsa alla Casa Bianca

Il 5 marzo 2024 rappresenta una svolta nella corsa alla nomination per la Casa Bianca: si vota in ben 15 Stati e si decide un pezzo importantissimo delle primarie. A novembre sarà ancora Trump contro Biden?

Pubblicato: 4 Marzo 2024 20:06

Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

La corsa alla nomination per la Casa Bianca di Usa 2024 arriva a una svolta che può decidere il destino elettorale americano: il Super Tuesday. Il “super martedì” si chiama così perché nello stesso secondo giorno della settimana, il 5 marzo in questo caso, si vota in ben 15 Stati e si decide un pezzo importantissimo delle primarie. In più ci saranno i caucus democratici in Iowa, lo Stato nel quale i Repubblicani hanno già tenuto le loro consultazioni popolari a inizio gennaio.

Repubblicani e Democratici avranno indicazioni più chiare, seppur non definitive, sul candidato che potrebbe rappresentarli per diventare il prossimo presidente degli Stati Uniti. Al momento non sono previste grandi sorprese. Né sul fronte dem, con Joe Biden che non sembra avere rivali di partito, né su quello del Grand Old Party, con Donald Trump in piena marcia trionfale, forte anche della sentenza della Corte Suprema che ne ha dichiarato l’eleggibilità.

Dove si vota per il Super Tuesday: 15 Stati coinvolti

I 15 Stati Usa chiamati al voto sono: Alabama; Alaska (solo Repubblicani); Arkansas; California; Colorado; Iowa (ultimo giorno in cui gli elettori Democratici possono inviare il loro voto per corrispondenza); Maine; Massachusetts; Minnesota; North Carolina; Oklahoma; Tennessee; Texas; Utah; Vermont; Virginia. Oltre agli Stati, all’elenco si aggiunge anche il territorio delle Samoa americane. Occhi puntati soprattutto sui grandi Stati, California e Texas, dove Trump prevede di vincere ben 773 delegati e superare il numero “magico” per assicurarsi la nomination alla grande convention del suo partito prevista per luglio. Ecco di seguito le situazioni Stato per Stato.

Alabama

Le primarie si svolgeranno per entrambi i partiti. I delegati in palio sono 50 per i Repubblicani e 59 per i Democratici.

Alaska

Nel territorio di quella che viene definita “the last frontier” (“l’ultima frontiera”), si terranno soltanto le primarie repubblicane, con 29 delegati in palio. L’appuntamento per il voto dei Democratici è invece ad aprile.

Arkansas

Anche qui, come in Alabama, le primarie riguardano entrambi i partiti. Delegati in palio: 40 per i Repubblicani, 37 per i Democratici.

Colorado

Anche in Colorado si svolgeranno le primarie per entrambi gli schieramenti, con 37 delegati in palio per il Grand Old Party e 86 per i Dem. In questo Stato, come spiegato più avanti, Donald Trump era stato squalificato in virtù del 14esimo emendamento per la sua partecipazione all’assalto a Capitol del 6 gennaio, ma la Corte Suprema ha annullato la sentenza.

Maine

Stesso discorso anche per il Maine: primarie parallele per entrambi i partiti. I delegati in palio ammontano a 20 per i Repubblicani e a 32 per i Democratici. Anche qui Donald Trump era stato squalificato, sempre in virtù del 14esimo emendamento, ma “l’effetto Colorado” lo vede tornare in pista anche in questo Stato e negli altri.

Massachussetts

Anche il Massachussetts vedrà le consultazioni contemporanee di Repubblicani e Democratici. I primi potranno conquistare 40 delegati, mentre i secondi 116.

Minnesota

Continua l’onda delle primarie per entrambi i partiti. Delegati in palio: 39 per i Repubblicani e 92 per i Democratici.

North Carolina

In Carolina del Nord si votano ancora le primarie per entrambi i partiti. Stavolta i delegati disponibili per il Gop sono 74, mentre salgono a 132 per i Dem.

California

Il Golden State (lo “Stato dorato”, come viene soprannominata la California) mette sul piatto il bottino più ghiotto da entrambi i partiti: 169 delegati per i Repubblicani e 424 per i Democratici. Nello Stato più occidentale degli Usa si svolgerà anche la votazione del candidato democratico al seggio del Senato della defunta Dianne Feinstein.

Oklahoma

Primarie per entrambi i partiti anche nel rurale Oklahoma. Nel “Sooner State” i delegati in palio sono 43 per il partito di Trump e 40 per quello del presidente Biden

Tennessee

Anche qui primarie per entrambi i partiti. Delegati in palio: 58 per i Repubblicani, 70 per i Democratici.

Texas

Nell’altro grande Stato al centro del Super Tuesday, il bottino elettorale è leggermente meno ricco di quello californiano, ma comunque molto ambito. Delegati in palio: 161 per i Repubblicani, 272 per i Democratici.

Utah

Nello Utah i repubblicani terranno i caucus con 40 delegati in palio, mentre i Dem terranno le primarie con 34 delegati in palio.

Vermont

Primarie per entrambi i partiti. Delegati in palio: 17 per il Gop, 24 per i Democratici.

Virginia

Primarie per entrambi i partiti. Delegati in palio: 48 per i Repubblicani, 118 per i Democratici.

Samoa Americane

Nelle isole Samoa, che costituiscono un territorio e non uno Stato Usa, si svolgeranno i caucus repubblicani e democratici, con rispettivamente 9 e 11 delegati in palio. La particolarità è che i 55mila residenti di queste piccoli atolli vicino all’Australia sono considerati “Us national”, ma non “Us citizen”. Tradotto: possono inviare delegati alla convention, ma non possono votare alle presidenziali.

Come funziona il voto nel Super Tuesday e cosa succede dopo

Non c’è un regolamento comune: le modalità di voto variano da Stato a Stato. La maggior parte delle primarie rientra in cinque categorie principali: chiuse, parzialmente chiuse, aperte agli elettori non affiliati, parzialmente aperte e aperte. Il fattore discriminante riguarda gli elettori che non sono membri registrati del partito e la loro possibilità partecipare alle primarie.

Nel Super Tuesday sono sei gli Stati che prevedono tale possibilità: Alabama, Arkansas, Minnesota, Texas, Vermont e Virginia. Negli altri Stati, invece, viene organizzato il caucus, nel cui ambito possono votare soltanto gli elettori registrati come membri del partito in questione.

La cavalcata elettorale verso le presidenziali proseguirà poi con altri importanti appuntamenti. Decisivi saranno quindi il voto in Georgia (“Swing State” per eccellenza) il 12 marzo, in Florida, dove ha la residenza di Mar-a-Lago, il 19 marzo e, infine, nello Stato di New York il 2 aprile.

Quando arriveranno i risultati del voto?

Per quanto riguarda i risultati, le notizie potrebbero tardare. Poiché il voto si svolge in sei fusi orari diversi, potrebbero infatti essere necessarie ore e giorni per determinare i vincitori e in alcuni Stati potrebbe essere anche necessario più tempo per contare le schede inviate via posta.

In California, ad esempio, devono essere state spedite entro il 5 marzo e possono essere ricevute dagli uffici elettorali fino al 12 marzo. I primi seggi a chiudere saranno quelli della Virginia e del Vermont alle 19 ora locale, l’1 di notte di mercoledì in Italia.

Perché il Super Tuesday è così importante

Il Super Tuesday è dunque un appuntamento fondamentale in vista del voto definitivo di novembre. La sua importanza è data dai numeri, ma è piuttosto recente nella storia americana. Fino agli Anni Ottanta era una sorta di consuetudine non regolamentata, mentre dal 1988 diventa un appuntamento “ufficiale” in cui gli Stati del Sud decisero di concentrare il voto. Lo scopo di riunire le consultazioni in un unico giorno era quello di evitare la cosiddetta “sindrome dell’Iowa”, che proiettava lo Stato del Midwest come il più importante perché il primo in cui si vota.

Al di là di questi aspetti, il Super Tuesday mette in palio un elevato numero di delegati: verrà eletto circa il 30% di quelli democratici e il 36% di quelli repubblicani. Nonostante gli innegabili successi conquistati finora, è però Trump ad apparire più “in bilico” in questa tornata rispetto a Biden. Per il Gop, infatti, si contano 874 delegati, più di un terzo dei 2.429 delegati che voteranno ufficialmente per i candidati alla convention di luglio del partito. L’ex presidente è inoltre impegnato in una campagna elettorale costellata da vicende legali e dalla presenza della concorrente Nikki Haley, fresca di una vittoria piccola ma fortemente simbolica nelle primarie di Washington DC, la prima dopo una lunga serie di sconfitte in tutti i collegi elettorali.

Dal Super Tuesday, in definitiva, si dovrebbe evincere chi saranno i futuri candidati alla presidenza statunitense. Con le doverose eccezioni: nel 2008, quando in campo democratico si affrontarono il futuro presidente Barack Obama e la senatrice Hillary Clinton, il Super Tuesday si concluse con un sostanziale pareggio.

La Corte Suprema Usa decide che Trump può candidarsi

Alla vigilia del Super Tuesday è poi giunta un’ottima e attesa notizia per Donald Trump. Secondo la Corte Suprema, l’ex presidente non può essere escluso dalle primarie del Colorado e, di conseguenza, neanche da quelle negli altri Stati e dalla possibile candidatura repubblicana per la Casa Bianca. In particolare, la decisione dei giudici avrà un immediato impatto anche sulle tornate di voto in Maine e Illinois, che avevano seguito il Colorado nella scelta di escludere il tycoon dalle schede delle primarie. L’eleggibilità non coincide tuttavia con l’immunità, che Trump è però sicuro di ottenere presto.

Per adesso i giudici supremi americani hanno stabilito all’unanimità che la sezione Terza del 14esimo emendamento, invocato in Colorado per bloccare la corsa elettorale di Trump, non può essere utilizzato “poiché la Costituzione attribuisce al Congresso, e non ai singoli Stati, la responsabilità di far rispettare la Sezione 3 contro funzionari e candidati federali”. Il 14esimo emendamento vieta le cariche pubbliche ai funzionari coinvolti in insurrezioni contro la Costituzione, come l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021 nel quale è stato coinvolto indirettamente Donald Trump. La Corte ha anche messo in guardia dal caos minacciato da “esiti statali contrastanti”, cioè dalla possibilità di escludere un candidato in alcuni Stati, ma non in altri. Una situazione che creerebbe confusione per un periodo prolungato, “fino e forse oltre l’inaugurazione”, si legge nella sentenza.

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