Ucraina, la Russia rispolvera un accordo di pace del 2022: negoziati possibili?

Il Cremlino ripesca dai cassetti un progetto di accordo con l'Ucraina risalente al 2022, affermando che potrebbe servire come "punto di partenza" per futuri colloqui. Ma Zelensky l'aveva già rifiutato

Pubblicato: 14 Aprile 2024 14:16

Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Il Cremlino ripesca dai cassetti un progetto di accordo tra Russia e Ucraina risalente al 2022, affermando che potrebbe servire come “punto di partenza” per futuri colloqui per porre fine al conflitto. Mosca è dunque davvero pronta a parlare di pace con Kiev? Sulla carta sì, ma non subito. Perché conta ancora di ottenere vantaggi dal campo di battaglia, aumentando raid e bombardamenti per prendere anche Kharkiv e Odessa.

Ciò che è certo è che i russi si siederanno al tavolo delle trattative di pace soltanto con gli americani, e non certo con gli ucraini che non considerano loro “pari”. La comunicazione del Cremlino è inevitabilmente intrisa di propaganda, così come quella ucraina. Nella nebbia della guerra è dunque molto difficile riconoscere un bagliore di verità, a meno che non si conservi la capacità di privilegiare l’analisi degli obiettivi strategici degli attori coinvolti.

La storia dell’accordo di pace del 2022 tra Russia e Ucraina

Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha dichiarato che la bozza di documento discussa a Istanbul nel marzo 2022 potrebbe essere “la base per l’avvio dei negoziati”. Il primo grosso “ma” consiste nel fatto che l’Ucraina aveva già respinto la proposta, che includeva disposizioni per la neutralità geopolitica del Paese invaso e poneva limiti alle sue Forze armate, ritardando al contempo i colloqui sullo status delle aree occupate dalla Russia. Niente di nuovo: la demilitarizzazione e la neutralizzazione dell’Ucraina è un obiettivo strategico di Mosca. Anche la Russia, da parte sua, aveva respinto la formula di pace proposta da Volodymyr Zelensky, che chiedeva il ritiro totale delle truppe degli invasori, il pagamento di un risarcimento per i danni di guerra e un processo presso il Tribunale Penale Internazionale.

Quello riproposto dall’entourage di Vladimir Putin è dunque un progetto di accordo che Russia e Ucraina hanno già discusso nei primi giorni del conflitto. Che però, sostiene il Cremlino, deve tenere conto anche delle “nuove realtà”. Tradotto: deve tenere conto delle difficoltà militari ucraine e del vantaggio tattico russo. Nonché dello status delle regioni occupate e annesse unilateralmente dalla Federazione, in particolare Kherson e Zaporizhzhia. “Nuove entità federali sono state incluse nella nostra Costituzione”, ha sentenziato a tal proposito Peskov. Un dossier sul quale Mosca non accetta neanche di discutere, considerando i territori occupati ormai “russificati”.

L’Ucraina, dal canto suo, ha rifiutato categoricamente la possibilità di negoziare con la Russia in questa fase del conflitto, soprattutto senza garanzie che Mosca si ritirerà dalle zone occupate che attualmente comprendono un quinto del Paese. Senza dimenticare che Zelensky ha fatto approvare un decreto che impedisce qualunque trattativa col Cremlino finché sarà guidato da Putin. Kiev e i suoi alleati occidentali credono che la Russia stia cercando un accordo di cessate il fuoco adesso per guadagnare tempo e rafforzare le sue posizioni allo scopo di conquistare altro territorio. Senza contare che, sul fronte interno ucraino, accettare i negoziati con Putin sarebbe una mossa profondamente impopolare e un duro colpo per il morale nazionale dopo oltre due anni di guerra e decine di migliaia di morti. Allo stesso tempo, le forze ucraine sono in estrema difficoltà contro un esercito russo più potente e dotato di risorse migliori, poiché un nuovo pacchetto di aiuti militari statunitensi è rimasto bloccato al Congresso. Finora i funzionari di Kiev affermano inoltre di non aver subito pressioni da parte degli alleati occidentali per negoziare con la Russia.

Cosa vuole davvero la Russia?

La dichiarazione di Peskov fa seguito alle dichiarazioni rilasciate da Putin giovedì, che ha praticamente deriso i futuri colloqui di pace per la guerra Ucraina che la Svizzera ospiterà a giugno, avvertendo che Mosca non accetterà alcun piano di pace imposto e che nessun negoziato avrà senso o validità senza la Russia al tavolo. “Siamo pronti per un lavoro costruttivo, ma non accetteremo alcun tentativo di imporre una posizione che non sia basata sulla realtà”, ha detto il presidente russo durante un incontro a Mosca con il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko, confermando tuttavia che la bozza del documento di Istanbul del 2022 potrebbe servire come base per le trattative. “Possiamo lavorarci”, ha dichiarato.

Putin ha poi ribadito di aver inviato truppe in Ucraina nel febbraio 2022 per “proteggere gli interessi russi e impedire all’Ucraina di rappresentare una grave minaccia alla sicurezza della Russia unendosi alla Nato”. All’opposto, Kiev e i suoi alleati hanno denunciato la campagna militare della Russia come un atto di aggressione non provocato. Il presidente russo ha quindi minacciato di estendere le conquiste russe in Ucraina, sostenendo che le Forze di Mosca hanno preso il sopravvento dopo il fallimento della controffensiva ucraina e Kiev e l’Occidente dovranno “prima o poi” accettare un accordo alle condizioni del Cremlino. Ultimamente le difficoltà ucraine sono apparse davvero profonde, al punto che Zelensky ha promulgato una nuova mobilitazione generale dopo che le forze di Kiev hanno colpito la Russia nella sua exclave di Kaliningrad per la prima volta.

La vera domanda dunque è: qual è l’obiettivo della Russia? Non certo un cessate il fuoco e il mantenimento del 20% del territorio ucraino già conquistato. E non certo un controllo territoriale totale dell’Ucraina, quanto più un’egemonia politica su Kiev come era stato fino agli Anni Dieci del Nuovo Millennio. L’occupazione totale del Paese è un obiettivo irraggiungibile e neanche inseguito da Mosca, che però resta inflessibile sul controllo della Crimea, tagliando all’Ucraina indipendente l’accesso al Mar Nero. In questo modo potrà orientare a suo favore la traiettoria politica di Kiev, che sarà impossibilitata a esportare i prodotti nazionali, soprattutto grano e cereali, che si muovo soltanto in minima parte via terra (treni o camion). Un film già visto, a ben pensarci: quello in Georgia nel 2008.

Putin ha davvero pronto un piano di tregua?

Alcune fonti russe hanno poi fatto un’altra rivelazione importante: la Federazione avrebbe concordato in anticipo una tregua per il conflitto ucraino. Il piano includerebbe tutti i dossier centrali del conflitto, dal Donbass alla Crimea. In questo caso non si fa però menzione della bozza di accordo del 2022. Il punto fermo del Cremlino è, però, sempre lo stesso: operare un’offensiva vincente che obblighi l’Occidente a negoziare davvero la pace. Offensiva che, secondo le intelligence occidentali, potrebbe avvenire entro giugno.

Uno scenario che sembra confermato anche dagli analisti della Difesa russa, secondo i quali gli Stati Uniti “saranno costretti a offrire una tregua nell’estate 2024”. Il fatto è che, stando a una statistica, l’83% degli americani ritiene che esista il rischio che il conflitto ucraino tra Stati Uniti e Russia si trasformi in una guerra nucleare. Un rischio collegato principalmente alla gestione del conflitto da parte della presidenza Biden. Le presidenziali americane potrebbero, insomma, cambiare del tutto la prospettiva sul conflitto, sullo sfondo della stanchezza imperiale degli Usa e delle tensioni interne alla nazione.

La Russia punta anche alla Moldavia?

Secondo l’Isw (Institute for the Study of War), il Cremlino sta cercando di utilizzare attori filo-russi in Moldavia per destabilizzare la democrazia e la società del Paese. In questo modo, si legge nell’analisi del centro studi statunitense, la Russia vuole impedire alla Moldavia di aderire all’Ue o addirittura giustificare future operazioni ibride o convenzionali contro Chisinau. Un obiettivo plausibile anche per la presenza di un’enclave filorussa nel Paese, e cioè l’ormai celebre Repubblica separatista della Transnistria. Si tratta di una striscia di terra non riconosciuta dall’Onu che corre lungo il confine sud-occidentale dell’Ucraina, nella quale sono presenti 1.500 soldati russi e con ogni probabilità anche armi nucleari. Per la terza volta nella sua storia, il Congresso della Transnistria ha detto “sì” all’unificazione con la Federazione Russa e ne ha chiesto l’aiuto diretto per contrastare le pressioni di Chisinau, soprattutto economiche attraverso i dazi doganali. Si rischia dunque di assistere allo stesso film della Crimea nel 2014, con Mosca che potrebbe attaccare l’Ucraina anche da ovest. Anche se, va detto, che la Repubblica autoproclamata anche stavolta sembra intenzionata più a destabilizzare il governo filoeuropeista moldavo, piuttosto che minacciare direttamente l’Ucraina per conto del Cremlino.

C’è però ancora un altro attore da presentare e un’altra striscia di terra interna alla Moldavia che non ama particolarmente la Moldavia. La governatrice della regione autonoma filorussa della Gagauzia, Yevgenia Hutsul, legata al Cremlino e protagonista di una pomposa visita istituzionale alla corte di Putin, ha lasciato intendere che i funzionari romeni controllano il governo moldavo. Gli analisti dell’Isw sottolineano l’ennesimo di una serie di recenti tentativi del Cremlino di mettere in discussione la sovranità dei governi filo-occidentali europei. Hutsul ha dichiarato l’8 aprile in un’intervista all’emittente tv statale russa Pervyj Kanal che, se la Gagauzia avvia il processo di secessione dalla Moldavia, ci sarà una reazione non solo da parte del governo di Chisinau, ma anche di quello della Romania. Gli esperti militari ritengono che l’intervista di Hutsul abbia probabilmente lo scopo di creare le condizioni per giustificare una potenziale futura aggressione russa contro la Moldavia agli occhi di un pubblico russofono e russofilo in Gagauzia. Non solo: il messaggio propagandistico è rivolto all’intero tappeto imperiale russo, dalla già citata Transnistria agli Stati dell’Asia centrale, passando per la Federazione stessa.

Una sconfitta dell’Ucraina imporrebbe un prezzo troppo alto

Gli Stati Uniti non possono permettersi di perdere una sola guerra, soprattutto quella d’Ucraina. Come emerge da un’altra analisi dell’Institute for the Study of War, una conquista russa dell’intera Ucraina non è affatto impossibile nel caso in cui gli Stati Uniti e l’Unione europea interrompessero del tutto l’assistenza militare. Seppur ridotto e malconcio, una vittoria nel suo Stato cuscinetto per eccellenza porterebbe l’esercito russo a premere direttamente sui confini della Nato, dal Mar Nero all’Artico.

In caso di vittoria, la Russia avrà entusiasmo, uomini e mezzi maggiori rispetto al 2022, sfruttando l’ondata di euforia patriottica e l’appoggio inevitabile degli altri avversari globali degli Usa, in primi la Cina. Inoltre l’economia russa si riprenderà gradualmente man mano che le sanzioni verrano meno, mentre il Cremlino consoliderà le vie traverse con cui già adesso aggira quelle esistenti. Mosca può dunque rappresentare una grave minaccia militare convenzionale per la Nato per la prima volta dagli Anni Novanta, considerando anche il fatto che Mosca si è già impegnata in un ambizioso programma di espansione militare post-bellica. Forte anche dell’eventuale assorbimento della Bielorussia, oltre che dell’Ucraina.

Anche in questo caso, però, le capacità militari di Usa e alleati Nato resterebbero di gran lunga superiori a quelle della Russia. Ma cosa succederebbe se dovessero unire le forze agli altri imperi rivali, come Cina e Iran? Ecco dunque che i costi che Washington si troverebbe a sostenere per continuare ad aiutare Kiev nei prossimi anni risultano molto più bassi di quelli di una vittoria russa. Il perché è presto detto: in caso di accresciuta minaccia russa al confine orientale della Nato, gli Stati Uniti dovranno schierare nell’Est Europa una parte considerevole delle loro truppe di terra e un gran numero di aerei stealth (invisibili ai radar, ndr). Costruire e mantenere questi velivoli è di per sé costoso, ma le sfide legate alla loro rapida produzione probabilmente costringeranno gli Usa a operare una scelta terribile tra mantenerne abbastanza in Asia per difendere Taiwan e scoraggiare o sconfiggere un attacco russo contro un alleato atlantico. L’intera impresa costerebbe una fortuna e tale spesa durerà finché continuerà la minaccia russa, con risvolti socio-economici drammatici.

Geopolitica della guerra in Ucraina

La guerra d’Ucraina non finirà grazie all’intervento mediatore della Cina, che non potranno mai convincere i russi a fare la pace. Pechino non ha alcuna capacità o speranza di coercizione su Mosca su questo piano, sebbene la Russia sia il socio di minoranza di questa alleanza di comodo (in quanto entrambi nemici degli Usa) tra imperi nemici per ragioni profonde strategiche, verrebbe quasi da dire “naturali”. L’ultimo conflitto fra Cina e Unione Sovietica risale al 1969, meno in là nel tempo di quanto si potrebbe pensare, mentre il mondo occidentale era distratto dalla cosiddetta Guerra Fredda.

La situazione ucraina rivela al contempo tanto la vittoria tattica della Russia sul campo di battaglia quanto la sua sconfitta strategica. Tradotto: la vittoria tattica è una questione fisico-matematica, ed è Mosca ad aver conquistato e occupato parti di territorio che prima del 2022 erano legittimamente parte dell’Ucraina; la sconfitta strategica è invece una questione geopolitica, e vede Mosca preda di Pechino alla quale vende a prezzo di favore grano e petrolio, che le consentiranno fra qualche anno di arrivare forte e pronta alla grande contesa per l’egemonia globale contro gli Stati Uniti. Grano che, peraltro, viene coltivato anche in ampie aree della Siberia a causa del riscaldamento globale.

Gli Usa vogliono impedire il sodalizio sino-russo, esattamente come nella seconda metà del Novecento. Per questo motivo chiunque vincerà le elezioni presidenziali americane del 2024 dovrà parlare col Cremlino, e dunque assai probabilmente con Putin. Perché lo impone la grammatica strategica della nazione: se si hanno due nemici, si punta il più debole per non farlo alleare con il più forte. Per lo stesso motivo gli Usa – e dunque la Nato, e dunque l’Ue – non vogliono annientare la Russia nella guerra in Ucraina (realizzando la “profezia” di Kissinger), perché in quel modo diventerebbe facile preda della Cina. Il tutto a scapito dei mal di pancia di Zelensky, che invece costruisce tutto il suo consenso sulla guerra totale al Cremlino. La guerra d’Ucraina potrà dunque finire soltanto con un negoziato tra russi e americani. Al momento la Cina è troppo debole per sfidare apertamente gli Stati Uniti, ma assieme alla Russia ha il coraggio di alzare la posta in gioco. Soprattutto perché quel divario di forza, che sembrava incolmabile un paio di decenni fa, ora si è assottigliato.

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