Cartelle esattoriali, la notifica può essere effettuata tramite Pec: la sentenza

Anche quando non è stata firmata digitalmente la cartella esattoriale risulta essere valida a tutti gli effetti. A ribadirlo è la Corte di Giustizia Tributaria della Toscana

Pubblicato: 9 Aprile 2024 06:00

Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Una cartella esattoriale inviata tramite Pec, ma non firmata digitalmente, è valida? E quando originariamente la stessa era cartacea cosa cambia? Rispondiamo immediatamente a questi due dubbi dei contribuenti: sì è valida a tutti gli effetti. Anche quando originariamente era cartacea e quando non è presente una firma digitale.

Su un atto, perché sia giuridicamente valido a tutti gli effetti, non serve che venga apposta una sottoscrizione: una firma digitale. La sua validità è determinata dal fatto che lo stesso possa essere riferibile, in maniera inequivocabile, ad un organo amministrativo che abbia la titolarità di emetterlo. E che risulti essere conforme al modello approvato con decreto ministeriale, come prevede l’articolo 25 del DPR n. 602/1973.

A prendere posizione in questo senso è stata la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Toscana, attraverso la sentenza n. 113 del 23 gennaio 2024. I giudici, all’interno della stessa sentenza, hanno sottolineato che la notifica di una cartella esattoriale a mezzo Pec è valida anche senza relata di notifica o con relata in bianco.

Cartella esattoriale notifica via Pec: il caso preso in esame

I giudici toscani hanno emesso la loro sentenza partendo da un caso specifico. L’Agenzia delle Entrate aveva provveduto a notificare via Pec una cartella esattoriale, che si riferiva a degli importi Iva e IRAP non versati per una serie di annualità. Il destinatario era una società a responsabilità limitata.

Il contribuente, ricevuta la Pec della cartella esattoriale, decide di impugnarla presso la Corte di Giustizia di Primo grado, la quale, ad ogni modo, ha ritenuto che il comportamento degli uffici dell’Agenzia delle Entrate fosse corretto. Il ricorso è stato, quindi, respinto.

Non soddisfatta di questa prima sentenza, la società decide di ricorrere in appello avverso la decisione. Il contribuente ha quindi riproposto le proprie osservazioni e le relative doglianze presso la CGT di secondo grado della Toscana.

I punti su cui si fondava l’appello

Sostanzialmente risultano essere quattro i motivi di censura sui quali la società ha fondato il proprio appello. Entrando nello specifico di tratta dei seguenti motivi:

Cartella esattoriale via Pec: cosa hanno deciso i giudici

Anche in secondo grado i giudici toscani hanno sostanzialmente respinto l’appello della società, reputandolo infondato. È stato, quindi, confermato il buon operato dell’Agenzia delle Entrate, ma anche la sentenza di primo grado, che è stata ritenuta corretta.

Soffermandosi nel dettaglio sul primo motivo dell’appello – ossia l’omessa sottoscrizione della cartella esattoriale inviata con la Pec – i giudici di secondo grado hanno ritenuto che la firma digitale non deve essere posta in assenza di prescrizioni normative specifiche.

La cartella non necessita di una sottoscrizione da parte di un funzionario competente. L’esistenza giuridica del documento, infatti, non risulta essere legata ad una sottoscrizione leggibile o ad un timbro – o ad una firma digitale – ma al fatto che l’atto possa essere riferito, in maniera inequivocabile, all’organo amministrativo che ha titolo per emetterlo. E che il documento inviato risulti essere conforme al modello che è stato approvato attraverso un apposito decreto ministeriale. Questo significa, in altre parole, che non è necessaria la sottoscrizione dell’esattore, ma serve la sua intestazione e l’indicazione della causale, tramite un apposito numero di codice.

Proprio su questo punto i giudici di secondo grado hanno successivamente sottolineato come la Corte di Cassazione abbia più volte ribadito come la notifica via Pec di una cartella esattoriale non firmata digitalmente sia corretta. Proprio su questo argomento risulta essere importante la sentenza n. 28852/2023, attraverso la quale i magistrati della Suprema corte hanno ribadito che la notifica della cartella esattoriale può avvenire indipendentemente:

I giudici della Corte di Cassazione hanno precisato che:

Nessuna norma di legge impone che la copia su supporto informatico della cartella di pagamento in origine cartacea, notificata dall’agente della riscossione tramite PEC, venga poi sottoscritta con firma digitale.

La notifica della cartella esattoriale

Soffermandosi, invece, sul secondo rilievo effettuato dalla società a responsabilità limitata – secondo la quale la cartella esattoriale non sarebbe stata notificata perché sarebbe stata inviata a mezzo Pec ma con relata di notifica in bianco – i giudici hanno spiegato che la notifica può essere effettuata a mezzo Pec. L’articolo 26 del DPR n. 602/1973 stabilisce che l’indirizzo di posta elettronica certificato da utilizzare è quello presente nell’indice nazionale Uni-Pec. Utilizzando questa Pec si devono applicare le disposizioni previste dall’articolo 60 del DPR n. 600/1973.

Le norme, in estrema sintesi, non prevedono la compilazione della relativa di notifica da parte dell’esecutore. Il motivo è da ascriversi alla particolarità di questo tipo di notifica, che sostanzialmente non richiede la presenza di un ufficiale notificatore. A questo si aggiunge la natura sostanziale e non processuale della cartella esattoriale, che non ostacola l’applicazione degli istituti appartenenti al diritto processuale.

Stessa sorte deve essere applicata anche al terzo motivo dell’appello: secondo la società ci sarebbe un’inesistenza della notifica per una banale carenza di sottoscrizione della relata di notifica.

Per quanto riguarda, invece, l’omessa motivazione della cartella esattoriale, i magistrati toscani hanno ricordato che, per le cartelle esattoriali relative a delle autoliquidazioni che sono state effettuate a seguito di liquidazioni effettuate basandosi sulle dichiarazioni fiscali dello stesso contribuente, l’obbligo di motivazione viene assolto semplicemente richiamando le suddette dichiarazioni.

Anche su questo punto era intervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza n. 22281/2022, che ha stabilito che la cartella esattoriale, la quale segue un qualsiasi atto fiscale con il quale sia stato quantificato l’importo del debito di imposta e gli interessi passivi del tributo risulta essere adeguatamente motivata richiamando semplicemente l’atto precedente.

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