Cambio di rotta netto da parte degli Stati Uniti e, dunque, della gestione del Presidente Biden. Per la prima volta gli USA hanno sostenuto l’appello al cessate il fuoco temporaneo. Un messaggio politicamente pregno di significato, indirizzato a Israele e, nello specifico, a Netanyahu, che appare sempre più l’unico ad avere un chiaro interesse per questo conflitto.
Presentata una bozza di risoluzione al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Una mossa diplomatica ma non solo. Una dichiarazione d’intenti che, dallo scorso ottobre 2023, non era mai giunta. Una reale sorpresa per svariati analisti, considerando come parte di essi si attendesse addirittura un veto proveniente dall’America.
Biden chiede il cessate il fuoco
Stando a quanto riportato dal Guardian, gli Stati Uniti hanno per la prima volta appoggiato in maniera esplicita il cessate il fuoco richiesto dall’ONU. Lo sguardo del mondo è rivolto al conflitto tra Israele e Gaza, ancor più di quanto non sia avvenuto per Russia e Ucraina.
Netta la richiesta a non procedere nell’offensiva prevista su Rafah, a sud del territorio occupato. Si può dire come la presa di posizione della Cina sia stata più dura, tenendo conto del testo prodotto. Si indica infatti la necessità di una tregua “non appena possibile”.
Una sorta di mano tesa a Netanyahu, pur criticandone apertamente l’operato, garantendo una sorta di margine di manovra all’esercito israeliano. È ciò che gli USA propongono in alternativa alla bozza di risoluzione algerina, che pretende un cessate il fuoco immediato. Sarà questo il tema di oggi presso il Consiglio di sicurezza dell’ONU, così come già avvenuto numerose volte negli ultimi mesi.
Stop all’attacco su Rafah
In via privata e pubblica, Joe Biden aveva già mosso dei passi in questa direzione negli ultimi giorni. Si è parlato di un’accesa discussione telefonica con Netanyahu, che avrebbe quasi fatto saltare gli argini tra i due leader.
Di recente il presidente statunitense aveva inoltre commentato il gravoso rischio corso da Rafah. Un nome che indica la speranza ultima per la metà dei 2.3 milioni di abitanti di Gaza, che qui hanno trovato “riparo”.
Questa bozza indica la disponibilità americana a passare attraverso le Nazioni Unite per imporre un certo grado di pressione su Israele. Un gesto tutt’altro che scontato, considerando anche i fragili equilibri in termini di politica interna.
La discussione è più che mai accesa in casa e, considerando il persistente fascino esercitato da Donald Trump sulla “pancia del Paese”, tale azione avrà un peso netto alle prossime elezioni di novembre.
Cosa dice la bozza
Scendendo nel dettaglio, il quotidiano britannico ha avuto modo di visionare il testo presentato. La risoluzione statunitense sottolinea come una grande offensiva di terra su Rafah genererebbe ulteriori perdite civili. A ciò si aggiungerebbe un successivo spostamento dei superstiti, indirizzati anche verso Paesi limitrofi, “con gravi implicazioni per la pace e la sicurezza della Regione”.
Si sottolinea, dunque, l’ammonimento finale, ovvero che nelle attuali circostanze non si dovrebbe in alcun modo procedere a una grande offensiva di terra.
USA e Cina sulla stessa lunghezza d’onda, dunque. Il testo voluto da Biden esordisce con una netta condanna ad Hamas per l’attacco del 7 ottobre, ma è altrettanto politicamente duro nei confronti di Israele.
Ci ha poi pensato Richard Gowan, direttore dell’ONU per l’International Crisis Group, a evidenziare l’importanza di questo primo passo, dopo mesi: “Sospetto che Netanyahu si preoccupi molto più di questa bozza di risoluzione che di richieste più forti o rumorose da parte di altri membri dell’ONU”.
Una bozza ben accolta, ma non priva di elementi in grado di attirare critiche. Per quanto si chieda il cessate il fuoco temporaneo, questo non è “preteso” con immediatezza, come detto. A ciò si aggiunge il fatto che, pur richiedendo protezione dei civili e garanzia di aiuti umanitari, nessuna menzione specifica viene fatta al ruolo e alle colpe del governo israeliano, così come delle sue forze armate.