Come funziona la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro

La risoluzione consensuale del rapporto di lavoro è una delle vie per concludere un contratto. La guida.

Pubblicato: 18 Aprile 2024 18:14

Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

La cessazione di rapporto di lavoro avviene principalmente in due modi. Il primo prevede la volontà del datore, ovvero il licenziamento. Il secondo invece quella del dipendente, ovvero le dimissioni.

Seppur meno comune, esiste una terza via da perseguire ed è quella della risoluzione consensuale. In questo caso le parti decidono di comune accordo di porre fine al contratto di lavoro.

Se ti stai domandando che cos’è la risoluzione consensuale, procedi nella lettura: vedremo insieme da vicino come funziona, in che cosa consiste e come attuarla. I dettagli.

Che cos’è la risoluzione consensuale

La risoluzione consensuale può essere definita una soluzione di mezzo tra licenziamento e dimissioni. Infatti prende anche il nome di ‘licenziamento concordato’.

Di fatto è il risultato di una sorta di fusione tra il recesso datoriale e le dimissioni del dipendente, in cui le due parti si accordano per terminare il rapporto di lavoro in maniera amichevole, a partire da una certa data stabilita assieme.

La possibilità in oggetto è ammessa dalla legge e in particolare dall’art. 1372 del Codice Civile, che infatti dispone quanto segue:

Il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge.

Solitamente la risoluzione consensuale, ossia per mutuo consenso, entra in gioco per necessità organizzative dell’azienda, che vuole ridurre il personale ma senza servirsi dello strumento del licenziamento individuale.

Negoziazione e accordo delle parti per la risoluzione del rapporto: gli elementi

Come accennato, in queste circostanze dipendente e datore concordano di porre fine al contratto di lavoro, in modo amichevole e consensuale.

La negoziazione o trattativa delle parti assume, dunque, rilievo cruciale nella risoluzione consensuale: le parti si siedono ad un tavolo e negoziano assieme tutti i termini dell’accordo scritto, che suggellerà l’intesa raggiunta prima che il rapporto di lavoro abbia fine.

In questi casi è preferibile consultare il rappresentante della propria organizzazione sindacale oppure un legale o un consulente del lavoro abilitato, al fine di conseguire una consulenza adeguata e assicurare che i propri diritti e interessi siano opportunamente tutelati, durante tutto l’iter di risoluzione per mutuo consenso.

Nella prassi l’accordo, redatto per iscritto, viene poi firmato da entrambe le parti per attestare il consenso e l’accettazione delle condizioni concordate. Giuridicamente si tratterà di una scrittura privata avente l’effetto estintivo della relazione di lavoro. Detto atto, peraltro, potrebbe tornare utile in futuro per eventuali contestazioni.

Vediamo ora alcuni elementi tipicamente oggetto di accordo di negoziazione.

Data di decorrenza

All’interno dell’accordo di risoluzione consensuale del contratto di lavoro, sia il datore che il dipendente possono regolare qualsiasi aspetto relativo alla cessazione del rapporto. Uno degli aspetti da stabilire e sul quale concordare è, di certo, la data di decorrenza.

Nel caso in cui questa fosse immediata, il rapporto tra le parti cesserà al momento della sottoscrizione. In caso di decorrenza differita, le parti risultano d’accordo sul proseguimento regolare dell’attività lavorativa fino alla data indicata.

Incentivo all’esodo

Il datore di lavoro può decidere di aggiungere all’accordo di risoluzione una somma di denaro aggiuntiva da erogare in favore del dipendente. Un quantitativo economico, una sorta di indennità, a titolo di compensazione per la risoluzione in oggetto, che vada ad aggiungersi a quello già dovuto per effetto della cessazione del rapporto.

In questi casi si parla tecnicamente di ‘incentivo all’esodo’. La somma di solito viene offerta dal datore di lavoro  appunto per sollecitare il dipendente all’accordo, qualora ad es. questi ritenga che il rapporto con il lavoratore non sia più compatibile con l’organizzazione aziendale, o quando si renda conto che la permanenza in servizio non è più opportuna per le finalità aziendali, o ancora qualora emerga la convinzione che le situazioni personali del lavoratore non permettono più la proficua prosecuzione del rapporto di lavoro.

In relazione alla definizione del “quantum” spettante al lavoratore, a titolo di incentivo all’esodo, la somma potrà essere stabilita come oggetto di accordo in cifra determinata (ad es. 20mila euro), oppure in un certo numero di mensilità di retribuzione. In relazione invece all’aspetto fiscale invece si andrà ad applicare la tassazione separata, con l’aliquota che generalmente viene prevista per il trattamento di fine rapporto.

Preavviso

L’accordo tra le parti disporrà anche in merito all’istituto del preavviso contrattualmente previsto o in merito alla relativa indennità sostitutiva (anche con rinuncia del lavoratore). Stabilire il periodo di preavviso altresì permetterà al dipendente di sapere quanti giorni potrà ancora lavorare in azienda, prima dello stop al rapporto per risoluzione consensuale.

Ferie

Laddove il dipendente abbia ancora delle ferie (scopri cosa è utile sapere sul diritto alle ferie) non utilizzate, l’accordo di risoluzione consensuale potrebbe servire a concordare la liquidazione monetaria.

Clausole di riservatezza

Nell’accordo in oggetto le parti potrebbe riaffermare o modificare le clausole di riservatezza e di non divulgazione, di cui già al contratto di lavoro, a suo tempo firmato.

Lettera di referenze e formazione/assistenza

Inoltre nell’accordo di risoluzione consensuale, si potrebbe stabilire che il datore dia al dipendente una lettera di referenze da ‘spendere’ nella ricerca di un nuovo lavoro e, al contempo, si potrebbe disporre di fornire formazione aggiuntiva o anche assistenza nella ricerca dell’impiego. D’altronde detta soluzione tra le parti è da intendersi amichevole.

Ribadiamo poi che nella negoziazione potrebbero essere discussi, e messi nero su bianco, altri delicati aspetti come l’accordo su eventuali rinunce a rivendicazioni legali reciproche correlate all’impiego, sull’assicurazione o su eventuali restrizioni post occupazionali.

Ricordiamo altresì che, talvolta, il lavoratore potrebbe considerare l’accordo come un’opportunità per ottenere un pacchetto di uscita migliore, rispetto a quello che potrebbe ricevere in ipotesi di licenziamento disciplinare o individuale.

In ogni caso il lavoratore, o la lavoratrice, avranno diritto al versamento delle spettanze di fine rapporto, tra cui le indennità per permessi non goduti, i ratei di tredicesima e/o quattordicesima, maturati alla data di cessazione e, ovviamente, il TFR.

Risoluzione consensuale del rapporto di lavoro online

Al fine di scongiurare il fenomeno delle dimissioni in bianco, da alcuni anni i dipendenti debbono formalizzare la volontà di interrompere il rapporto in modalità telematica. Ciò vuol dire che dovranno inviare dei moduli standard al proprio datore di lavoro, attraverso PEC, così come all’Ispettorato Territoriale del Lavoro. Una forma di tutela che coinvolge tutte le forme di risoluzione del contratto di lavoro.

Sul sito governativo Cliclavoro si può infatti leggere quanto segue:

Dal 12 marzo 2016, al fine di contrastare il fenomeno delle c.d. “dimissioni in bianco”, le dimissioni (volontarie o per giusta causa) e la risoluzione consensuale del contratto di lavoro devono essere comunicate al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematica (art. 26, comma 1, Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 151).

Compilando il modulo, il dipendente dovrà riportare la data di decorrenza e indicare se si tratti almeno di risoluzione consensuale del contratto. L’invio della documentazione può avvenire in totale autonomia, attraverso il citato sito cliclavoro.gov.it. Per riuscire a svolgere tale operazione sarà però necessario munirsi delle credenziali digitali (Spid).

Come accennato, la trasmissione della documentazione potrà compiersi da parte del lavoratore, ma anche per il tramite dei patronati, dei sindacati, dei consulenti del lavoro, presso le sedi territoriali dell’Ispettorato del Lavoro, enti bilaterali e presso le commissioni di certificazione. Le alternative a disposizioni sono numerose.

È importante inoltre sottolineare come il lavoratore abbia sette giorni di tempo, a partire dalla data di trasmissione al Ministero del Lavoro, per revocare la propria dichiarazione di risoluzione consensuale del contratto.

Risoluzione consensuale in sede protetta

L’accordo tra le parti, ottenuto a seguito della negoziazione in oggetto, potrebbe essere oggetto di ‘ratifica’  in una delle sedi indicate dall’art. 2113, c.c. (Dtl competente, sedi previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle Associazioni sindacali maggiormente rappresentative oppure presso le Commissioni di certificazione ai sensi dell’art. 82, D.Lgs. n. 276/2003).

In questi casi, la procedura online di trasmissione dei documenti al Ministero del Lavoro, appena vista, non è obbligatoria.

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