Manca la firma sul curriculum, candidata esclusa dal concorso: cosa dice la legge

Una recente vicenda relativa all'esclusione da un concorso pubblico invita a ricordare quando si può essere esclusi dalla selezione e quando, invece, l'irregolarità è sanabile

Pubblicato: 10 Febbraio 2025 16:07

Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

Presentarsi a un concorso pubblico significa non soltanto arrivare con la giusta preparazione al giorno fatidico della prova, ma anche e soprattutto rispettare tutti i requisiti d’accesso previsti dal relativo bando di selezione. Sembra un’ovvietà ma, a ben vedere, ci sono casi pratici che lasciano spazio ad alcuni utili precisazioni. Recentemente a Rimini una candidata a un concorso per infermieri si è vista invalidare la propria iscrizione perché sul suo curriculum vitae mancava la firma.

La vicenda potrebbe sorprendere i più e porta a chiedersi: basta dimenticare una firma per l’esclusione da una pubblica selezione? Di seguito ne parleremo, dando qualche ulteriore informazione sull’appena citata vicenda e, soprattutto, facendo chiarezza sugli obblighi gravanti su chi intende iscriversi a un concorso.

Candidata fuori dal concorso, il caso finisce in tribunale

Come riportano le cronache locali, alla donna mancava solo la sottoscrizione sul CV per rendere la sua iscrizione integralmente conforme alla lunga lista di requisiti, personali e formativi, previsti per partecipare a un concorso interno. Per l’esattezza, per l’assegnazione dell’incarico di professionista esperto e “case manager”, con ruolo di coordinamento dei servizi sanitari.

Ma non è servito rispettare tutti gli altri requisiti, come il titolo di studio o l’assenza di cause di incompatibilità con le funzioni riferite alla figura da selezionare: il dettaglio della mancanza della firma si è infatti rivelato decisivo per l’esclusione dalla graduatoria della selezione.

La vicenda ha destato la rabbia della candidata, che ha già scelto di percorrere le vie legali e di fare causa all’Ausl Romagna. Da quanto si apprende, l’azienda sanitaria dovrà risponderne innanzi al giudice competente a trattare del ricorso della donna.

Si tratta quindi di un caso già ben delineato nei fatti, ma che attende di essere valutato da un magistrato, con una decisione che dirà alla donna se l’esclusione dal concorso interno è stata effettivamente legittima oppure no. In effetti è interessante parlare di questi temi, visto che nella sanità le selezioni oggi non mancano.

La dichiarazione di autenticità nel CV e il principio di legalità

In linea generale, la firma è richiesta come parte della dichiarazione di autenticità del contenuto del CV (che deve essere redatto in modo efficace), al fine di attestare che le informazioni e i dati personali forniti, corrispondono alla realtà. Nella prassi quasi ogni bando esplicita l’obbligo di firma, ma laddove non fosse previsto nulla a riguardo è sempre preferibile non dimenticarla per evitare possibili contestazioni.

Secondo il principio di legalità di cui all’art. 97 della Costituzione, ogni procedimento amministrativo deve essere compiuto in conformità alla legge e ai regolamenti, e le modalità di partecipazione ai concorsi sono obbligatorie. In particolare, l’organizzazione dell’amministrazione dello Stato deve essere dettagliata con leggi che ne determinano i compiti e gli obiettivi, vincolandola sempre al perseguimento dell’interesse pubblico.

E, proprio in virtù del citato principio di legalità, i concorsi pubblici sono regolati da testi normativi che stabiliscono precise modalità di partecipazione. In particolare, un bando di concorso – in quanto atto amministrativo unilaterale – definisce le condizioni per competere con gli altri candidati. Se il bando specifica che il CV deve essere firmato, l’assenza di firma può essere legittimamente considerata una violazione delle condizioni di partecipazione, determinando l’esclusione del candidato.

Cosa dice la giurisprudenza amministrativa

Abbiamo appena visto che la mancata osservanza di una prescrizione formale come la firma del CV, se espressamente richiesta nel bando, può portare all’esclusione. Tuttavia in giurisprudenza si può trovare un orientamento un po’ più morbido, per casi come questo.

Ci riferiamo ad es. alla decisione del Tar della Campania, la n. 4511 del 2018, che merita di essere menzionata per cercare di fare chiarezza in merito alla questione e tentare di capire quale potrebbe essere l’esito del ricorso di chi si oppone all’esclusione.

Nel provvedimento, che riguardava una vicenda anch’essa legata alla mancanza di firma nel CV, il giudice amministrativo, richiamando peraltro una precedente decisione del Consiglio di Stato, si è espresso nei termini seguenti:

(…) non può negarsi che l’Amministrazione sia titolare dell’ampio potere discrezionale di inserire in un bando tutte quelle disposizioni ritenute più opportune, più idonee e più adeguate per l’effettivo raggiungimento dello scopo perseguito con la selezione indetta; tuttavia il concreto esercizio di tale potere discrezionale deve essere logicamente coerente con l’interesse pubblico perseguito, avendosi cura di valutare la portata delle clausole del bando, ove comminino l’esclusione in termini generali ed onnicomprensivi, alla stregua dell’interesse che la norma violata è destinata a presidiare ed alla rilevanza della lesione di un interesse pubblico effettivo e rilevante (Cons. Stato, V, 10.11.2003, n.7134).

Si tratta di parole che suggeriscono un “salvataggio” del candidato o della candidata che dimentica soltanto la firma. E infatti le parole seguenti, incluse nella stessa decisione, lo confermano:

(…) la verifica della regolarità della documentazione rispetto alle norme del bando non va condotta con lo spirito della caccia all’errore, ma tenendo conto dell’evoluzione dell’ordinamento in favore della semplificazione e del divieto di aggravamento degli oneri burocratici (Cons. Stato, V, 21.9.2005, n.4941).

In sostanza, nel caso in cui non sia ravvisabile la lesione di un interesse pubblico effettivo e rilevante, va accordata la preferenza al favor partecipationis, quindi con divieto di escludere il candidato o la candidata che dimentica di mettere la firma, digitale o autografa, al proprio CV.

Il principio di sanabilità delle irregolarità formali

A conferma di questa linea interpretativa, il Tar della Campania ha richiamato una serie di pronunce anteriori (ad es. Tar del Lazio n.6583 del 2006 o Consiglio di Stato n. 7134 del 2003), ma ciò che preme evidenziare qui è che vige un principio, di derivazione comunitaria, di sanabilità delle irregolarità formali:

con conseguente attenuazione del rilievo delle prescrizioni formali della procedura concorsuale.

E la mancanza di firma nel CV deve intendersi compresa tra le possibili irregolarità formali. In termini pratici, secondo questa interpretazione del giudice amministrativo la mera svista o disattenzione nel non inserire la firma nel curriculum non può essere vista come uno dei possibili errori o, comunque, una violazione tale da invalidare l’iscrizione al concorso. Si tratta insomma di una svista, come si dice in gergo, “sanabile” perché non in grado di influire sull’informazione in merito all’identità e alla storia formativa e professionale del candidato, che potrà essere recuperata in altro modo.

Ecco perché a ben vedere, se nel caso visto in apertura la donna si è vista esclusa dalla selezione, attraverso le vie legali potrà auspicabilmente ribaltare la situazione in modo a lei favorevole.

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