TARIP, cos’è e quando deve essere pagata: come funziona la nuova tassa sui rifiuti

La TARIP è l'evoluzione della TARI e permette di calcolare la tariffa sui rifiuti in base alla loro reale produzione. E in certi Comuni è già operativa

Pubblicato: 15 Maggio 2024 12:03

Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Cos’è la TARIP e quando viene applicata? E soprattutto quali differenze ci sono con la classica tassa sui rifiuti? La TARIP è, a tutti gli effetti, un sistema tariffario più equo, che si basa direttamente sulla quantità di rifiuti che una famiglia produce. Vige il principio che chi meno inquina, meno paga, applicando un sistema che va a premiare i cittadini più virtuosi nella produzione di rifiuti.

Ma entriamo un po’ più nel dettaglio e scopriamo come funziona la TARIP e quando viene applicata effettivamente.

TARIP e TARI, quali differenze ci sono

La TARIP – ossia la tariffa puntuale – è un metodo di applicazione della tassa sui rifiuti, che i contribuenti devono versare obbligatoriamente. Per determinare gli importi che i singoli contribuenti devono pagare si prende in considerazione l’effettiva fruizione del servizio da parte dei singoli utenti. E la reale produzione di rifiuti.

Ma cosa differenzia la TARIP dalla TARI? Attualmente il metodo di calcolo dell’imposta sui rifiuti si basa sulla quantità attesa, che viene determinata dai metri quadrati dell’abitazione e dal numero delle persone che compongono una determinata famiglia.

Per il calcolo della TARIP, invece, è necessario rilevare quale sia l’effettivo volume o peso dei rifiuti che sono stati prodotti. Diventa a tutti gli effetti una tariffa più puntuale perché si paga effettivamente l’uso che si fa del servizio di smaltimento, secondo il modello promosso dall’Unione europea Pay As You Throw. La nuova metodologia di calcolo non serve solo a proteggere il portafoglio dei contribuenti: introduce un sistema di tassazione molto più equo ed è un importante alleato nella tutela dell’ambiente.

Grazie alla TARIP si riesce a risparmiare e si può evitare una tassazione che si applica esclusivamente sui metri quadrati e sul numero degli abitanti un determinato immobile. Ma soprattutto si invogliano i consumatori a produrre meno rifiuti.

Come si calcola la TARIP

Come abbiamo visto in precedenza la TARIP è un sistema di calcolo della tariffa di smaltimento dei rifiuti che è, sostanzialmente, legato alla loro reale produzione. Si basa su un importante principio: chi produce meno rifiuti, paga di meno.

L’importo che deve essere versato per la TARIP è così costituito da una quota fissa, che viene determinata dalla superficie dell’immobile e da una quota variabile, che viene modulata in base al servizio che viene fornito e all’entità dei costi di gestione. Nel dettaglio la quota variabile è costituita dalle seguenti voci:

Una buona pratica, per riuscire a contenere i costi della TARIP, è quella di esporre il contenitore solo e soltanto quando è realmente pieno. E soprattutto cercare di differenziare il più possibile, in modo da ridurre il più possibile gli svuotamenti del secco non riciclabile.

Gli svuotamenti hanno un costo variabile, che viene determinato in base a una serie di coefficienti di produzione del secco non riciclabile, che viene conferito al Comune. A ogni modo viene applicata una tariffa unitaria prevista dalla normativa. Un Decreto Ministeriale datato 20 aprile 2017 ha stabilito che il costo per gli svuotamenti venga espresso in euro al chilogrammo, invece che euro al litro, in modo da riuscire a modulare l’importo della bolletta sul numero effettivo degli svuotamenti.

Per conteggiare il numero degli svuotamenti si utilizza un chip presente sui contenitori. Proprio grazie al loro funzionamento si riesce a determinare quale sia l’importo della bolletta TARIP da versare.

TARIP: i vantaggi per i consumatori

La TARIP è stata riconosciuta come un metodo efficace per poter centrare gli obiettivi fissati dall’Unione europea per la riduzione dei rifiuti e la promozione dell’economia circolare. Attraverso l’introduzione della tariffa puntuale si punta a raggiungere l’obiettivo del 55% del riciclo dei rifiuti urbani entro il 2025 e il 65% del riciclo degli imballaggi entro il 2035.

Tra gli obiettivi previsti c’è anche quello di ridurre i costi di smaltimento attraverso una percentuale più alta di raccolta differenziata dei rifiuti a livello locale.

Ai vantaggi ecologici si aggiungono anche alcuni importanti aspetti economici e logistici. Al costo del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, grazie alla TARIP, viene applicata una tariffa meritocratica, che serve a spingere gli utenti a migliorare la qualità e la quantità dei rifiuti differenziati. Ma soprattutto dovrebbe portarli a produrre meno rifiuti. Il continuo monitoraggio del servizio offerto, inoltre, permette di migliorare la raccolta e aumentare il grado di soddisfazione degli utenti.

Le criticità della TARIP

Inutile negarlo che in capo alla TARIP ci sono alcune criticità. Rimane, ad esempio, la quota invariabile dei servizi condivisi, che non dipende dall’utente. Ma non solo:

Dove si paga la TARIP

A riscuotere la TARIP è direttamente il Comune o il gestore a cui è stato affidato il servizio.

Secondo gli ultimi dati a disposizione, in Italia, sarebbero almeno 872 i Comuni che applicano il sistema di tariffa puntuale, che corrispondono all’11% del totale delle amministrazioni comunali e al 10,8% della popolazione.

A detenere il primato per numero di Comuni è la Regione Veneto, dove sono passati a questo sistema 251 Comuni su un totale di 571, pari quasi al 44% del totale, con una popolazione di oltre 1,9 milioni di abitanti (il 39%). Seguono il Trentino Alto Adige e la Lombardia.

Nei comuni nei quali è applicata la TARIP la percentuale di raccolta differenziata è pari al 79,1%, contro una media nazionale del 61,3%.

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