Perché le donne (che fanno impresa) sono più sostenibili, cos’è l’eco gender gap

Come le donne stanno trasformando l'economia e l'ambiente: analisi dell'impatto femminile sulla sostenibilità e la crescita aziendale

Pubblicato: 29 Aprile 2024 11:10

Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

Le donne sono più attente all’ambiente? Non è raro trovare titoli altisonanti online e non che rimandano a un concetto, o per meglio dire una formula, che recita: “la sostenibilità è donna”. Tale accostamento non implica necessariamente che tutte le donne siano sostenibili, ma che molte donne siano più attente ai propri comportamenti verso l’ambiente rispetto agli uomini. 

Di recente, tra i molti termini comparsi per descrivere la complessità della realtà e delle crisi che la attraversano, troviamo quello di eco gender gap. Con questo termine si vuole descrivere la differenza di consapevolezza ambientale e di comportamento ecologico che intercorre tra uomini e donne (Treccani). Sono molti gli studi, che scopriremo nel corso di questa analisi, dai quali emerge un maggior impegno femminile verso la preservazione dell’ambiente. Tali pratiche sono messe in campo dalle donne sia in senso altruistico e volontario, sia attraverso un’etica di cura femminista (non femminile, quindi inteso cura della persona piccola o anziana) quando si fa impresa.

Diversi studi condotti negli anni hanno dimostrato come le imprese gestite da donne siano maggiormente attente alla sostenibilità. Non si tratta solo dei prodotti pensati e messi sul mercato per essere “eco”, ma anche della gestione delle risorse, gli investimenti verso realtà sostenibili e le innovazione nel processo produttivo in chiave green. È così che dall’unione di “verde” (in inglese green), un colore usato per richiamare alla mente l’ambientalismo e “rosa” (in inglese pink), colore collegato all’immaginario dei movimenti femministi, nasce la cosiddetta violet economy

Questo percorso trasforma l’idea di “impresa femminile”, che tradizionalmente si distingue da quella maschile solo per l’identità di genere del dirigente, in un concetto più ampio di impresa femminista che ha alle spalle il movimento femminista nella sua forma intersezionale, ovvero capace di trovare risposte con uno sguardo allargato oltre le problematiche ambientali, verso gli aspetti sociali, di classe, geografici e molto altro.

Cosa significa eco gender gap?

Esiste un divario di consapevolezza e comportamenti sostenibili tra uomini e donne. Sono diversi gli studi scientifici che hanno analizzato e confermato che le donne sono più sostenibili sia nelle scelte di acquisto che quando fanno impresa. Gli studi condotti hanno cercato di rispondere non solo con delle statistiche a questa differenza, ma anche al perché dietro i numeri.

La spiegazione varia a seconda del punto di vista utilizzato. Alcune interpretazioni dei dati vogliono le donne più attente alla questione sostenibilità ambientale per via del legame che hanno con la madre Terra. Questo aspetto rappresenta meglio le realtà non occidentali, dove invece è il movimento femminista ad aver portato istanze ecologiste nel dibattito. In ogni caso secondo le analisi, come quelle di mercato condotte dalla società Mintel, le donne risultano vivere in maniera più sostenibile rispetto agli uomini. La percentuale di differenza è piuttosto alta: le donne hanno abitudini di consumo green nel 71% dei casi, mentre gli uomini nel 59%. 

I dati sono confermati di anno in anno e possono essere racchiusi nel fenomeno che prende il nome di eco gender gap. Un fattore che non può essere escluso in un’analisi di questo tipo è il condizionamento, ovvero quello che vivono le donne maggiormente sottoposte a un marketing aggressivo e che si concentra sui prodotti per la pulizia e l’alimentazione. Nella maggior parte dei casi sono le donne a occuparsi di questi due aspetti della casa e per questo sono a loro rivolte pubblicità che nel migliore dei casi sono green marketing e nel peggiore greenwashing. Tale influenza però ha degli effetti oggettivamente positivi. Come spiegato nella ricerca  “Lo spostamento della spesa per cibo, vacanze e arredamento potrebbe ridurre le emissioni di gas serra di quasi il 40%”, pubblicato sul Journal of industrial ecology, si evidenzia come gli uomini con le loro spese provochino il 16% in più di emissioni di gas serra. Sono le donne a prediligere i mezzi pubblici e la bici all’auto, a sostituire la carne con i legumi, comprare frutta e verdura di stagione, a fare scelte consapevoli sui prodotti a basse emissioni. Al contrario gli uomini consumano più carne e carburante, facendo così schizzare la loro quota di emissioni. 

L’eco gender gap mostra un punto di vista di genere sulla sostenibilità e su come una società di stampo patriarcale e capilista provochi danni all’ambiente.

Dati a confronto: perché le donne sono più sostenibili

Nel 2015 Astraricerche ha condotto un’indagine attraverso la raccolta di 400 interviste. Da queste è emerso che l’85% delle donne è molto/abbastanza preoccupata per la questione ambientale, mentre gli uomini lo sono nel 79% dei casi. È da notare che la preoccupazione aumenta con l’età. Il 72% delle donne pagherebbe di più un prodotto se questo fosse ecologico, mentre gli uomini lo farebbero solo nel 63% dei casi. I dati Istat dell’indagine “Aspetti della vita quotidiana-preoccupazioni ambientali e comportamenti eco-compatibili“ del 2023 mostrano ancora una volta, a distanza di quasi 10 anni, come siano principalmente le donne (40,8%) a leggere le etichette dei prodotti per acquistare quelli più sostenibili rispetto agli uomini (28,7%) e ad acquistare i prodotti biologici (15,9% rispetto al 11,4%). 

Un altro punto di vista è stato portato alla luce dallo studio pubblicato nel 2021 su Appetite, dove viene evidenziato come le donne consumino meno carne rispetto agli uomini e che in generale queste sono più propense a diventare vegetariane o vegane. Dallo studio emerge che per l’uomo mangiare in maniera consapevole non è una priorità e che è portato in generale ad avere comportamenti meno sostenibili. Certo non si può generalizzare uno studio su un campione di persone, ma se in molte indagini viene evidenziato che le donne sono maggiormente attente alla sostenibilità un perché c’è. Il motivo è che i cambiamenti climatici hanno maggior impatto sulle donne rispetto agli uomini. 

Il movimento femminista analizza con sempre maggiore attenzione la subordinazione delle donne in relazione al rapporto oppressivo dell’essere umano con la natura. Il cambiamento climatico colpisce in misura maggiore le donne e chi è oppresso, esasperando il gender gap. Se è vero che le donne sono maggiormente esposte agli affetti del cambiamento climatico (un moltiplicatore di vulnerabilità) e anche vero che non tutte le donne lo sono allo stesso modo. La crisi climatica porta, anzi sta già portando a un aumento di povertà, pericoli, sfollamenti e reati di tratta. Tutti fenomeni che colpiscono soprattutto le donne e i bambini. Non è un caso se un sondaggio, condotto prima della Cop 26 del 2021, ha confermato che sono proprio le donne a soffrire di più di eco-ansia. Il rapporto vede il 45% delle donne soffrire di ansia rispetto al cambiamento climatico e le sue conseguenze, mentre la percentuale degli uomini scende al 36%. 

È una questione di sopravvivenza. La tendenza si può riscontrare anche nelle nuove generazioni, dove il genere di appartenenza assegnato alla nascita non determina più in maniera evidente una differenza di comportamento sostenibile e questo perché tanto i giovani quanto le giovani stanno subendo e subiranno gli eventi estremi del cambiamento climatico in forme sempre più invasive.

Una nuova necessità: cos’è la violet economy

I dati, che rappresentano numeri apparentemente freddi, sono fin troppo reali di fronte al cambiamento climatico. Non è un caso, visto quanto detto fin’ora, che di recente si sia parlato sempre più spesso di violet economy, ovvero una proposta di economia che mira a eliminare le barriere d’ingresso e ridurre il divario uomo-donna. L’obiettivo è quello di migliorare l’assistenza, aumentare il congedo di maternità e diminuire il carico del lavoro domestico sulle spalle delle donne lavoratrici. Ma non solo. 

Sono sempre di più le imprenditrici che si fanno portavoci e traino della transizione ecologica dell’economia italiana. Tra il 2018 e il 2022 le imprese che hanno investito in green economy sono state 510.000, solo nel 2023 sono state 432.000. Ma è sulle imprese a conduzione donne che si inizia a fare la differenza. Nel rapporto“GreenItaly” di fondazione Symbola-unioncamere si legge che su 1.345.000 imprese femminili, il 12% hanno puntato sul green, mentre le imprese a conduzione maschile investono meno sulla sostenibilità (solo il 9%). 

Cosa ci dicono i rapporti condotti negli ultimi anni in Italia? Si apprende di come le donne che fanno impresa sono più attente alla sostenibilità e le loro attività sono più performanti in ambito green. Nell’indagine condotta dal Centro studi della Camera di commercio presentate alla fiera del Levante di Bari, ultima tappa di Terziario Donna, è emerso che tra il 2022 e il 2024 9 imprese su 10 hanno adottato misure green. L’attenzione alla sostenibilità delle imprese a gestione donna è quindi aumentata. Queste non puntano tanto a un prodotto green (anche se ci sono risultati impressionanti sulla capacità di recupero di materiali di scarto), ma al processo produttivo stesso che viene trasformato in sostenibile. 

Il commento della presidente di Terziano Donna Anna Lapini:

Le donne, le imprenditrici dimostrano di essere più avanti […] e di aver compreso che non ci può essere sostenibilità ambientale senza sostenibilità sociale ed economica.

Nella tabella le motivazioni dietro l’investimento green:

Fonte: Cento studi Tagliacarne-Unioncamere
Tabella motivi investimenti e limiti imprese green

C’è però un problema, ovvero la difficoltà di ricevere investimenti. Un ostacolo che incontra 1 donna su 3 (il 34%) mentre tocca appena il 20% degli uomini (1 impresa su 5). Eppure gli imprenditori hanno una minor conoscenza sul tema ambientalismo e sostenibilità (28% dei casi) rispetto alle donne (21%), così come sulle competenze per accedere a investimenti green (uomini 17% rispetto a donne 22%). 

Impresa femminile o economia femminista? La differenza sostanziale

C’è molta differenza tra economia e impresa femminile ed economia e impresa femminista. Sappiamo infatti che dagli anni 90 in poi la produzione mondiale ha visto una crescita senza precedenti e questa ha comportato anche consumi, scarti e inquinamento da record. “Abbiamo consumato troppo e male – scrive lapidaria l’economista Azzurra Rinaldi – Quello che serve ora è una rivoluzione culturale, una presa in carico delle nostre responsabilità, sia come consumatore che come produttore”. Rinaldi nel suo commento fa riferimento alla necessità di avere un punto di vista sull’economia che sia femminista e intersezionale.  Il concetto di intersezionalità – che è stato proposto per spiegare la sovrapposizione di diverse caratteristiche dell’identità e le conseguenti discriminazioni, oppressioni o dominazioni che si subiscono – serve un’economia che include nella ricerca delle soluzioni alla crisi economica, alla crisi climatica e gender gap tutti i soggetti, dando loro voce e opportunità.

L’uomo (inteso come maschio e non come umanità) ha instaurato un meccanismo di sfruttamento con l’ambiente. Il mercato contemporaneo è quindi la conseguenza di quello evoluto dagli anni 90, capace per la sua stessa natura consumistica ma omertosa di sospendere la responsabilità del consumatore e spesso anche del produttore nei confronti dell’ambiente. È qui che entrano in gioco le donne con la loro maggiore attenzione alla sostenibilità. Non è un caso infatti se la Giornata della Terra è frutto dell’iniziativa di una scienziata, Rachel Carson

Inoltre le Nazioni Unite ci dicono che il raggiungimento della parità di genere porterà un maggior numero di opportunità per affrontare le sfide più urgenti come il cambiamento climatico. Diversi studi, come quello riportato nell’articolo “L’emancipazione politica delle donne è importante per l’ambiente?”, risponde che nei Paesi dove le donne hanno uno status sociale e politico più elevato si hanno emissioni di CO2 inferiori del 12% rispetto alla media. Invece nello studio condotto e pubblicato su Sociologist for women in society, “Uguaglianza di genere e ambientalismo statale”, si è scoperto che i Paesi con a capo una donna ratificano più trattati internazionali sull’ambiente.

Infine un’analisi di confronto su 17 studi ha dimostrato come le donne in un ruoli di gestione delle risorse naturali non solo sono più responsabili e sono più trasparenti (ovvero diminuisce la corruzione e il rischio di collusione con ecomafie), ma gestiscono le risorse in maniera diversa rispetto agli uomini, ovvero con maggiore attenzione all’impatto ambientale e, di fatto, in maniera migliore

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