A volte le premesse sono fondamentali, come questa: per la maggior parte del mondo, ciò che dice il G7 non ha valore. Un’organizzazione multilaterale internazionale non ha potere geopolitico, ma è importante per decifrare tensioni e traiettorie interne al fronte occidentale, guidato dagli Usa. Usa che vogliono compattare il fronte europeo nella guerra d’Ucraina, mostrando rinnovato impegno nel supporto a Kiev nonostante il loro momento di stanchezza imperiale.
Tanta propaganda e poca sostanza, bisogna ammettere. Ma il conflitto grande tra Stati Uniti e Russia si gioca anche e soprattutto su questo campo. E Washington, seppur egemone e padrone di fare e disfare a suo piacimento, si impegna in qualche modo con Kiev. Alimentando inevitabilmente speranze di adesione alla Nato e di vittoria su Mosca. Circostanze non proprio felici per gli americani. Vediamo dunque in cosa consiste questo “impegno” per la causa ucraina sottoscritto al grande vertice in corso in Puglia.
La doppia vittoria di Zelensky al G7
Dal punto di vista ucraino, nella sua giornata al G7 di Borgo Egnazia, Volodymyr Zelensky ha messo a segno una doppia vittoria. La prima è arrivata proprio dalla sessione del vertice dedicata a Kiev, al termine della quale la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha annunciato il raggiungimento di un “accordo politico” per fornire un sostegno finanziario aggiuntivo all’Ucraina di 50 miliardi di dollari entro fine anno. “Grazie a un meccanismo di prestiti per la cui restituzione potranno essere utilizzati gli extraprofitti derivanti dagli asset russi congelati nelle nostre giurisdizioni”. La premier ha precisato che non si tratta di una “confisca” di beni, ma di “interessi che maturano nel tempo” e di un passaggio politico fondamentale che dovrà essere definito successivamente dal punto di vista tecnico.
La seconda vittoria, per seguire la retorica zelenskiana, riguarda per l’appunto la firma dell’accordo di sicurezza con gli Stati Uniti. Un’intesa salutata dal presidente ucraino come il documento “più forte” nella storia del Paese nella sua versione indipendente. Ubi maior minor cessat, come si dice. Perché Kiev ha in essere accordi di sicurezza anche con gli altri sei Paesi del G7, più altri 10 con ulteriori Stati e 10 ancora in via di definizione. Si tratta di Gran Bretagna, Francia, Germania e Italia, seguite da Danimarca, Canada, Paesi Bassi, Finlandia, Lettonia, Spagna, Belgio, Portogallo, Svezia, Norvegia e Islanda. Uno sforzo diplomatico notevole nel tentativo di dotarsi delle difese aeree necessarie a impedire lo sfondamento russo del fronte di Kharkiv e del Donetsk. “Patriot sta già diventando una parola ucraina”, afferma Zelensky riferendosi ai sistema di difesa missilistica. Durante il vertice dei Sette Grandi a Borgo Egnazia, il presidente ucraino ha concluso un accordo anche col Giappone, grande baluardo degli Usa nel Pacifico in ottica anti-cinese.
Quando fai il pieno di propaganda, vieni ripagato con la stessa moneta. In un colloquio diretto con Xi Jinping, Zelensky sostiene di aver ricevuto dal presidente cinese la garanzia che “non venderà armi alla Russia”. Al di là della sottile differenza tra il vendere e il fornire, al netto delle traduzioni, Pechino proseguirà senza dubbio i suoi traffici e i suoi affari oscuri con Mosca, nell’ambito di quel fronte anti-occidentale organizzato per pura convenienza anche con l’Iran.
Il contenuto dell’accordo di sicurezza tra Usa e Ucraina
Cominciamo subito col precisare che l’accordo non impegna gli Usa a fornire truppe per difendere l’Ucraina, a differenza delle promesse di mutua difesa “tutti per uno, uno per tutti” attivo per i Paesi Nato. Né è stata stabilita alcuna somma certa collegata al sostegno a Kiev. L’intesa impegna “semplicemente” gli Stati Uniti a tenere consultazioni ad alto livello con l’amministrazione Zelensky entro 24 ore se l’Ucraina verrà nuovamente attaccata in maniera massiccia, e promette che il presidente americano lavorerà con il Congresso per attuare gli accordi di sicurezza. Gli Stati Uniti continueranno inoltre ad addestrare l’esercito del Paese invaso, ad approfondire la cooperazione sulla produzione dell’industria bellica e a condividere più informazioni di quanto fatto finora. Con l’obiettivo di aumentare il potere deterrente a lungo termine dell’Ucraina in diversi ambiti: aria, mare e cyber. Anche dopo che il conflitto con la Russia finirà, contando sulla convergenza di accordi simili anche con gli alleati.
Il sito ufficiale della Casa Bianca precisa che l’accordo ha una durata di 10 anni ed è rinnovabile. Ecco di seguito i punti salienti del testo:
- Costruire e mantenere una credibile capacità di difesa e deterrenza dell’Ucraina. Viene delineato il progetto di una futura forza ucraina che sia “forte, sostenibile e resiliente”. Washington e Kiev “approfondiranno la cooperazione in materia di sicurezza e difesa e collaboreranno strettamente con l’ampia rete di partner di sicurezza dell’Ucraina. Sosterremo l’intera gamma delle attuali esigenze difensive del Paese ora e nel lungo termine, aiutando la resistenza a vincere la guerra e rafforzando le sue capacità di deterrenza contro le minacce future. Insieme, espanderemo la condivisione dell’intelligence, miglioreremo l’interoperabilità tra i nostri eserciti in linea con gli standard Nato e lavoreremo con i nostri alleati per rendere Kiev come un contributore a lungo termine alla sicurezza europea”.
- Rafforzare la capacità dell’Ucraina di sostenere la sua contesa con la Russia a lungo termine, anche rafforzando la base industriale della difesa e sostenendo la ripresa economica e la sicurezza energetica.
- Accelerare l’integrazione euro-atlantica dell’Ucraina, anche attraverso l’attuazione da parte del Paese di riforme sulle istituzioni democratiche, economiche e di sicurezza in linea con i requisiti per l’adesione all’Ue e il programma di riforme in ambito Nato.
- Raggiungere una pace giusta che rispetti i diritti dell’Ucraina ai sensi del diritto internazionale, con un ampio sostegno globale, e che sostenga i principi chiave della Carta delle Nazioni Unite, comprese la sovranità e l’integrità territoriale, inclusa la responsabilità per le azioni della Russia.
- Consultare i massimi livelli in caso di un futuro attacco armato russo contro l’Ucraina, per determinare le misure appropriate e necessarie per sostenere Kiev.
L’accordo Biden-Zelensky funzionerà? Sarà davvero utile all’Ucraina?
L’accordo siglato a favor di telecamere da Joe Biden e Volodymyr Zelensky mira a impegnare le future amministrazioni statunitensi a sostenere l’Ucraina, anche se Donald Trump dovesse vincere le elezioni presidenziali di novembre. Pura utopia, nel totale sprezzo degli apparati statunitensi che ora non sono tanto distanti dalle idee dell’ex presidente. In ogni caso l’intesa raggiunta al G7 costituirà la cornice per uno sforzo a lungo termine da parte degli Stati Uniti per aiutare a sviluppare le Forze armate ucraine, che hanno aggiornato le loro tattiche primeggiando nel campo dei droni ma che hanno disperato bisogno di altre armi moderne. E l’industria bellica che la Germania ha annunciato di costruire direttamente nel Paese invaso non basterà: le forniture militari dall’esterno restano cruciali.
I funzionari americani che hanno riferito i retroscena della firma hanno detto anche altro. Tipo che sperano che l’accordo trascenda le divisioni politiche interne agli Stati Uniti, paventando tuttavia che Trump o qualsiasi futuro presidente potrebbe ritirarsi dall’intesa esecutiva legalmente vincolante. Perché essa non costituisce un trattato e non sarà ratificato dal Congresso degli Stati Uniti, il vero organo che decide e stanzia i dollari. Né tantomeno vengono assunti nuovi impegni riguardo alle prospettive dell’Ucraina di aderire alla Nato, che restano ancora molto lontane. Per un impero che rinnova la sua narrazione, l’immagine è tutto. Per questo Washington rafforzerà la “credibile capacità di difesa e deterrenza” dell’Ucraina, ha affermato il Consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan. “Se Vladimir Putin pensa di poter sopravvivere alla coalizione che sostiene Kiev, si sbaglia”. Con Trump in testa in molti sondaggi elettorali, il futuro dell’accordo rimane poco chiaro. Il tycoon ha più volte espresso scetticismo nei confronti del supporto all’Ucraina, affermando anzi che avrebbe posto fine alla guerra entro 24 ore e spingendo affinché l’Europa si assumesse maggiormente l’onere di sostenere Kiev. Alla fine, però, ha dato il suo assenso all’approvazione da parte del Congresso agli aiuti per il Paese invaso in primavera.
L’accordo firmato in seno al G7 arriva dopo mesi di negoziati, iniziati nell’agosto 2023, e cioè nel mese successivo a un vertice della Nato in cui l’amministrazione Biden era tra le più riluttanti a offrire a Kiev un percorso rapido verso l’adesione all’Alleanza Atlantica. I funzionari statunitensi hanno invece proposto una serie di accordi bilaterali sulla sicurezza come un modo per creare una forma diversa di sostegno organizzato e vincolante a lungo termine. Non molto tempo dopo l’inizio delle trattative, però, i miliardi di dollari di aiuti militari a breve termine che gli Stati Uniti inviano all’Ucraina sono rimasti a lungo ostaggio del Congresso, con gli scettici repubblicani della Camera che ne hanno ritardato l’approvazione fino ad aprile. Gli stessi funzionari hanno ritenuto che non avesse molto senso parlare di impegni a lungo termine nei confronti dell’Ucraina, quando neanche riuscivano a smuovere i fondi necessari per le esigenze militari più immediate.
La Casa Bianca si aspetta che le nazioni coinvolte in accordi con l’Ucraina coordinino il modo in cui portano avanti i loro impegni di assistenza, potenzialmente a partire dal vertice Nato in programma a luglio a Washington. Anche se non tutti i Paesi che hanno firmato un accordo con Kiev sono membri dell’Alleanza. Non proprio un dettaglio secondario. Da parte sua Kiev non lo dice, ma teme che l’intesa si riveli vana come il Memorandum di Budapest del 1994, in base al quale all’Ucraina venivano fornite “garanzie” di sicurezza da parte di Gran Bretagna, Russia e Stati Uniti in cambio della rinuncia alle armi nucleari ereditate dalla dissolta Unione Sovietica.