Tutto sul contratto di lavoro a chiamata

La guida di QuiFinanza su ciò che c'è da sapere sul contratto di lavoro a chiamata. Le informazioni utili

Pubblicato: 30 Luglio 2020 11:34Aggiornato: 3 maggio 2024 16:21

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Redazione

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Il contratto di lavoro intermittente o a chiamata – job on call in inglese – permette al datore di lavoro di servirsi all’occorrenza dell’attività del lavoratore, in quanto la frequenza delle prestazioni a lui richieste non è predeterminabile.

In genere vengono assunti con questa tipologia contrattuale lavoratori del mondo dello spettacolo, centralinisti, guardiani e receptionist.

Lavori che si prevede vengano effettuati soltanto a chiamata dunque. Il Decreto Legislativo n.81 del 2015 (attuativo del Jobs Act) perfeziona le forme, introdotte già nel 2003, in cui questa tipologia contrattuale può essere attivata, la sua durata nonché le modalità di retribuzione e di licenziamento.

Al solo fine di dimostrare l’effettiva esistenza di un tale contratto, esso è richiesto in forma scritta. Scopri di più su questa forma di impiego e come funziona il lavoro a chiamata.

Contratto di lavoro a chiamata e limite di tempo

Il lavoratore intermittente può essere chiamato all’occorrenza, quando serve, ovvero in periodi particolari dell’anno, per picchi di produzione o di affluenza, per la stagione estiva ecc.

Esso può essere stipulato soltanto nel caso in cui le prestazioni abbiano periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno e i soggetti abbiano meno di 24 o più di 55 anni. (salvo diversa previsione nel Ccnl di categoria).

In presenza di queste due condizioni, il contratto di lavoro intermittente non può superare, per ciascun lavoratore che firma con lo stesso datore di lavoro, le 400 giornate complessive nell’arco di 3 anni solari, a eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo.

Nel caso in cui il rapporto di lavoro dovesse superare questo periodo, il contratto si trasforma automaticamente in un rapporto a tempo indeterminato full time, a eccezione sempre dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo. Così stabilisce il DL n. 76 del 2013, art. 13 comma 3.

Lavoro a chiamata e requisiti del contratto

Per essere valido, inoltre, il contratto di lavoro a chiamata o intermittente deve sempre e necessariamente indicare:

La legge stabilisce inoltre che il lavoratore può anche avere più contratti a chiamata contemporaneamente, a patto che le imprese non operino nello stesso settore, ovvero che non vi sia concorrenza, e che lo svolgimento di uno non implichi l’impossibilità di svolgere l’altro e viceversa.

Quando ricorrere al lavoro intermittente: causa oggettiva o soggettiva ed esclusioni

Lo abbiamo accennato sopra. Nel contratto di lavoro a chiamata bisogna specificare obbligatoriamente il motivo per il quale si ricorre a questa forma di lavoro subordinato.

Se esiste la necessità materiale di servirsi di queste prestazioni a carattere discontinuo, secondo quanto previsto dal Ccnl, allora la causa sarà oggettiva. La causa diventa soggettiva in riferimento ai fattori anagrafici che sostanziano questo contratto.

Il lavoro a chiamata non può, inoltre, essere stipulato nei seguenti casi:

Lavoro intermittente: gli obblighi del datore di lavoro

Il datore di lavoro è tenuto per legge a dare comunicazione pre-assuntiva al lavoratore, tramite modalità telematica, prima di ogni chiamata, nonché una comunicazione amministrativa prima dello svolgimento della prestazione lavorativa o di più prestazioni di durata non superiore ai 30 giorni se preventivamente pianificate in sede contrattuale.

La comunicazione amministrativa va inoltrata tramite il Portale Servizi del sito ClicLavoro, tramite PEC oppure tramite l’app Lavoro Intermittente all’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

In caso di prestazione da svolgersi entro 12 ore dalla comunicazione al lavoratore (e solo in questo caso), il datore di lavoro potrà inoltrare la comunicazione all’ispettorato tramite SMS, ma solo se la sua azienda è registrata sul portale ClicLavoro, contenente almeno il codice fiscale del lavoratore, al numero 339 9942256.

Lavoro intermittente: retribuzione, pensione e TFR

La retribuzione di un contratto a chiamata deve essere analoga a quella di un lavoratore di pari livello e con le stesse mansioni, ma non intermittente. Le ore lavorate, cioè, gli vengono retribuite esattamente nello stesso modo.

La stessa cosa vale per il TFR e i contributi pensionistici che il lavoratore si troverà a versare. Tutto deve essere proporzionale alle ore di lavoro effettuate.

Lavoro intermittente: malattia, maternità, ferie e permessi

Se il contratto prevede l’indennità di disponibilità e dunque l’obbligo di accettare la chiamata, ma l’interessato/a si trova infortunato o malato, occorre avvisare tempestivamente il datore di lavoro e comunicargli la durata effettiva dell’assenza.

Questo periodo sarà coperto con l’indennità di malattia Inps e il lavoratore sarà soggetto a verifiche mediche e visite fiscali. Se il datore di lavoro non è avvisato per tempo, il lavoratore perde l’indennità di disponibilità per 15 giorni. In caso di maternità le cose funzionano in modo analogo.

Per quanto riguarda invece ferie e permessi, in quanto contratto di lavoro subordinato, esse maturano in proporzione alle giornate lavorative.

Lavoro intermittente: dimissioni e licenziamento

Le modalità che regolano le dimissioni in un contratto a chiamata sono le stesse di un contratto a tempo determinato o indeterminato, ma con alcune regole specifiche:

Le modalità di licenziamento invece sono le stesse previste per le tipologie di contratto a tempo determinato e indeterminato. Il lavoratore può essere dunque licenziato immediatamente per giusta causa – e con preavviso senza giusta causa.

Il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata – se il contratto prevede l’indennità di disponibilità – e dunque l’obbligo di risposta, comporta la risoluzione immediata e inappellabile del contratto stesso.

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