Mancano 258mila lavoratori per negozi, ristoranti e hotel: i giovani scelgono altri lavori

Confcommercio avverte che in Italia mancano 258mila lavoratori nel commercio, nella ristorazione e nell’alloggio: si prevedono possibili gravi ripercussioni sul Pil

Pubblicato: 10 Febbraio 2025 11:44

Riccardo Castrichini

Giornalista

Nato a Latina nel 1991, è laureato in Economia e Marketing e ha un Master in Radio, Tv e Web Content. Ha collaborato con molte redazioni e radio.

Confcommercio ha lanciato un allarme che non potrà essere certo ignorato dalle istituzioni: in Italia mancano 258mila lavoratori nei settori del commercio, della ristorazione e dell’alloggio.

Entrando nello specifico, il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro in questi ambiti è salito del 4% nel 2025, rispetto solo allo scorso anno. Uno scenario definito come fortemente emergenziale per il Pil italiano. Tra le molteplici cause che hanno contribuito a creare il disallineamento troviamo principalmente il calo demografico, il cambiamento delle preferenze occupazionali e la ridotta mobilità territoriale.

Le figure professionali più richieste

Nel quadro sull’occupazione nel settore del commercio, della ristorazione e dell’alloggio, emerge in maniera molto chiara che le aziende avrebbero bisogno di più personale, ma fanno attualmente molta fatica a trovarlo.

In particolare, “il settore del commercio si trova a dover fronteggiare una carenza di figure professionali chiave, come commessi specializzati (nel settore moda e abbigliamento) e lavoratori con competenze specifiche nell’ambito alimentare, come macellai, gastronomi e addetti alla vendita di pesce”. E ancora: “Nel settore della ristorazione, mancano camerieri, barman, cuochi, pizzaioli e gelatai, mentre nelle strutture ricettive si registra una scarsità di cuochi, camerieri e addetti alla pulizia e al riassetto delle camere”.

Si tratta di figure professionali cardine per le aziende prese a riferimento che, al venir meno dei lavoratori sono messe nella condizione di lavorare meno e peggio, con il danno sull’intero sistema economico che potrebbe “compromettere l’andamento del Prodotto interno lordo (PIL)”.

I motivi dello scarso interesse verso questo lavori

Come detto in precedenza, alla base del disallineamento tra domanda e offerta di lavoro nei settori del commercio, della ristorazione e dell’alloggio ci sono una serie di concause che rendono difficile, per non dire impossibile, la buona resa economica degli stessi.

“In primo luogo – si legge nel comunicato della Confederazione generale italiana delle imprese, delle attività professionali e del lavoro autonomo – vi sono fattori strutturali come il calo demografico, con una perdita di 4,8 milioni di individui nella fascia di età compresa tra i 15 e i 39 anni dal 1982 al 2024″.

E ancora, “si aggiungono cambiamenti nelle preferenze occupazionali, la crescente difficoltà nel trovare lavoratori con il giusto mix di conoscenze, abilità e competenze, e una sempre minore disponibilità alla mobilità territoriale”.

Confcommercio chiede interventi strutturali

Per provare a risolvere la difficile situazione, il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli ha sottolineato l’urgenza di “sostenere le imprese che investono in nuova formazione, anche di immigrati, e rendono più competitivo il nostro Paese”.
Per farlo è necessario un “rafforzamento del legame tra il sistema educativo e il tessuto produttivo“, “in modo da orientare i giovani verso professioni in linea con le esigenze del mercato, incentivare la motivazione e offrire opportunità di stage, tirocini e apprendistato”.

In ultimo, non certo per importanza, è necessario che le parti sociali lavorino al meglio per la rinegoziazione dei contratti collettivi. Più nello specifico, il contratto del terziario è stato oggetto di rinnovo a marzo 2024 al termine di una lunga contrattazione e uno sciopero di categoria che era stato proclamato dai sindacati a dicembre 2023.

Dal primo aprile 2024 è stata ufficializzata l’intesa che prevede un aumento di 240 euro per il quarto livello contrattuale, comprensivi di quanto già riconosciuto con il Protocollo straordinario del dicembre 2022. Tale accordo interessa 3 milioni di lavoratori è resterà valido fino al 31 marzo 2027.

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