Cos’è il contratto collettivo nazionale di lavoro

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Redazione

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Il contratto collettivo nazionale di lavoro (che normalmente si abbrevia con la sigla CCNL) è un contratto di lavoro stipulato a livello nazionale grazie a un accordo tra i sindacati, quindi le organizzazioni dei lavori dipendenti, e le organizzazioni rappresentative dei datori di lavoro. In alcuni casi, il contratto è direttamente con il datore di lavoro, in modo da poter considerare alcuni aspetti in maniera più puntuale e personale rispetto alla legge in vigore. Comunque, tutti i contratti sono conservati nell’archivio nazionale del Consiglio Nazionale dell’economia e del lavoro.

Cosa determina il contratto collettivo nazionale

All’interno del CCNL sono regolati i rapporti tra datore di lavoro e dipendente, da un punto di vista esclusivamente normativo e disciplinare. Nello specifico, il contratto collettivo nazionale illustra con maggiore chiarezza alcuni aspetti dei contratti individuali di lavoro di un determinata categoria: il trattamento di una certa classe professionale per esempio gli insegnanti o i lavoratori del terzo settore dovrà essere equiparato su tutto il territorio nazionale, sia per quel che riguarda l’aspetto economico (scatti di livello, retribuzione oraria), sia per l’aspetto normativo, ovvero tutto ciò che ha a che fare con orari lavorativi, mansioni, qualifiche.

Chi redige il contratto collettivo di lavoro

Dopo aver visto cos’è il contratto collettivo di lavoro e cosa determina, vediamo nello specifico i soggetti coinvolti. Le parti che stipulano il CCNL dipendono da vari fattori:

Un’ultima fondamentale differenziazione da fare è tra settore privato e pubblico: nel settore privato, infatti, il contratto collettivo nazionale è stipulato dai sindacati in rappresentanza dei lavoratori e dalle associazioni dei datori di lavoro. Diverso il discorso del pubblico: infatti, le parti sono sostituite dalle rappresentanze sindacali dei lavoratori e dell’Aran, ovvero la rappresentanza addetta alle negoziazioni per le pubbliche amministrazioni per ciò che riguarda l’attività di contrattazione collettiva.

L’efficacia del contratto collettivo di lavoro

Sebbene il CCNL come anticipato potrebbe essere applicato esclusivamente a chi è iscritto ai sindacati, perché andrebbe stipulato tra sindacato (in rappresentanza del lavoratore) e datore di lavoro o associazioni che lo rappresentano, oggi si è soliti rifarsi al contratto collettivo nazionale anche nei contratti individuali. In questo modo, lavoratori e datori dovranno attenersi ai vincoli delle parti interessate secondo quanto previsto dal CCNL.

Durata del contratto collettivo di lavoro

Non esiste un tempo standard per un contratto collettivo nazionale di lavoro, perché la durata sarà fissata dalle parti. Di solito, il CCNL di categoria ha una durata di tre anni, sia per la parte normativa, sia per la parte economica. Alla scadenza di tale periodo il contratto collettivo nazionale non sarà più vincolante, sebbene conservino efficacia esclusivamente le clausole che riguardano la retribuzione del lavoratore. Ovviamente, come tutti gli altri contratti, anche quello nazionale può essere riconfermato. Nel momento in cui si intende farlo, si dovranno presentare, tre mesi prima della scadenza, le cosiddette piattaforme rivendicative. A questo punto sarà necessario riconsiderare e ridiscutere i punti del contratto collettivo di lavoro per aggiornarlo e rinegoziarlo al meglio. Può però succedere che il contratto scada senza che le parti abbiano trovato un accordo: in questo caso ai lavoratori spetta un’indennità di vacanza contrattuale, ovvero una cifra aggiuntiva che tenga conto dell’inflazione e possa salvaguardare la retribuzione dei lavoratori.

Legge e contratto collettivo nazionale

Nonostante sia piuttosto logico come pensiero è bene esplicitarlo: il contratto collettivo nazionale del lavoro si trova in posizione subordinata rispetto alla legge. Questo significa che possono derogare quanto previsto per legge solo in senso migliorativo e sono vietate le modifiche peggiorative. Il motivo è il seguente: la legge pone già le condizioni di trattamento e i diritti minimi inderogabili dei lavoratori, quindi il contratto può migliorare le tutele ma non andare a togliere quanto spetta per legge ai dipendenti.

Alcune volte, però, si trovano dei grandi vuoti normativi: in questo caso è proprio il contratto collettivo di lavoro che deve andare a colmare queste lacune.

Contratto collettivo nazionale e contratto individuale

Se dovessimo immaginare una scala, che vede sul gradino più alto la legge e al secondo il CCNL, sul terzo potremmo mettere il contratto individuale. Quest’ultimo, infatti, si trova in posizione subordinata rispetto al contratto collettivo nazionale, ovvero può prevedere dei trattamenti migliorativi ma non peggiorativi rispetto a quanto previsto dalla contrattazione collettiva. In pratica, se una certa categoria può lavorare al massimo 8 ore al giorno, un contratto individuale non potrà obbligare il lavoratore a essere operativo per 9, ma potrà regolamentare un turno giornaliero di 7 ore; oppure dal punto di vista economico se il salario minimo del CCNL è fissato a 1000 euro, non sarà possibile prevedere uno stipendio mensile di 900 euro, bensì si potrà scegliere di aumentarlo a 1100.

I livelli del contratto collettivo di lavoro

Come anticipato, il CCNL potrebbe subire alcune variazioni su base territoriali. Per comprendere meglio la questione, possiamo dire che i contratti collettivi di lavoro si articolano principalmente su due livelli:

Cosa c’è scritto nel contratto collettivo nazionale

Cos’è contenuto nel CCNL? Il contratto collettivo di lavoro affronta e regola problematiche diverse, se volessimo semplificare, possiamo farne un elenco:

Il contratto collettivo di prossimità

Nonostante abbiamo detto che il contratto aziendale o di secondo livello è subordinato al CCNL, e quindi non è possibile modificare in peggio le disposizioni che prevede, esistono delle eccezioni. Una di queste è il contratto collettivo di prossimità. Con questo è possibile secondo l’articolo 8 del decreto legge 138/2011 derogare alle disposizioni di legge e alle relative regolamentazioni contenute nei contratti nazionali di lavoro, da parte dei collettivi aziendali. Quindi, anche dove esistano norme specifiche è possibile intervenire rimodulando in peggio le condizioni del lavoratore. Ovviamente, è necessario che sussistano alcune condizioni:

Se dovessero mancare queste condizioni non potrà essere applicato il contratto di prossimità: l’accordo preso tra la parte sindacale e i datori di lavoro dovrà, quindi, specificare la motivazione che ha portato alla modifica della materia legale o della clausola del CCNL.

Le modifiche di contratto non possono essere indiscriminate e a discrezione personale, esistono delle limitazioni. È infatti necessario che il rispetto della Costituzione e i vincoli imposti da normative comunitarie, nonché quelli delle convenzioni internazionali sul lavoro. Infrangendo queste condizioni non potrà essere ritenuto valido il contratto di prossimità.

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