Uno degli strumenti di cui le aziende e liberi professionisti fanno ampio uso è il leasing, che permette una certa flessibilità nel momento in cui si devono acquistare dei beni utili per l’attività. Grazie al leasing è possibile utilizzare un bene senza doverlo acquistare direttamente, ma soprattutto è possibile accedere ad una serie di benefici nel momento in cui si gestisce il capitale e si riescono ad ottimizzare i flussi di cassa.
Benché sia uno strumento molto semplice da utilizzare, fiscalmente parlando il leasing è particolarmente complesso e la normativa in materia è in continuo sviluppo. Ma cerchiamo di capire come si devono muovere i diretti interessati e a cosa devono stare attenti nella sua gestione.
Indice
In cosa consiste il leasing
Una definizione ufficiale di leasing arriva dall’articolo 17, comma 2, della Legge n. 183/76, che lo definisce come una forma di contratto attraverso il quale un soggetto concede ad un altro la possibilità di utilizzare un bene: il suo godimento avviene a seguito di un versamento di un canone periodico. Il contratto può prevedere la possibilità di riscattare il bene al suo termine.
Nella maggior parte delle occasioni il bene si trova presso il venditore. L’accordo si viene a definire nel momento in cui un finanziatore acquista il bene dal venditore e lo mette a disposizione dell’utilizzatore, il quale si impegna a versare un canone periodico al finanziatore. L’opzione di riscatto può essere esercitata con il versamento dell’importo residuo, che viene prefissato nel momento in cui viene stipulato il contratto.
A carico dell’utilizzatore è la conduzione del bene: nel caso di un automobile, per esempio, vi è l’acquisto del carburante. Una volta esercitata l’opzione di riscatto la proprietà del bene, che fino a quel momento è stato di proprietà della società finanziatrice, passa all’utilizzatore.
Documenti necessari per stipulare un leasing
Per stipulare un contratto di leasing sono necessari due elementi fondamentali:
- su scelta ed indicazione dell’utilizzatore, il bene deve essere acquisto o fatto costruire dal finanziatore;
- l’utilizzatore deve avere diritto ad esercitare due opzioni: restituire il bene locato o diventarne il proprietario con il versamento di un prezzo prestabilito, il cui importo deve essere concordato e determinato basandosi su dei criteri particolari.
Leasing operativo e finanziario
Come abbiamo anticipato in precedenza il leasing è un contratto attraverso il quale un soggetto dà in locazione dei beni mobili o immobili ad un conduttore. Quest’ultimo ha la possibilità di acquistare i beni locati allo scadere del contratto, dopo aver versato un prezzo prestabilito. A seconda del tipo di operazioni che si stanno effettuando, si possono distinguere due tipi diversi di leasing:
- operativo, nel caso in cui il locatore risulti essere anche il fornitore del bene. Quindi il contratto viene sottoscritto tra il fornitore del bene e l’utilizzatore;
- finanziario, quando il locatore è un intermediario che acquista il bene da un fornitore su indicazione dell’utilizzatore e gli permette di utilizzarlo dietro il corrispettivo. Permettendogli di acquistarlo al termine del periodo pattuito.
Come deve essere gestito il leasing contabilmente
Quanto andremo ad analizzare in questa sede si applica ai casi più comuni di leasing, nei quali è prevista la facoltà di riscattare il bene al termine della locazione da parte di un utilizzatore (il cosiddetto leasing finanziario). Da un punto di vista strettamente contabile, i beni strumentali possono diventare rilevanti secondo due criteri:
- metodo patrimoniale, che permette l’iscrizione nell’attivo patrimoniale nel momento in cui, quando scade il contratto, il contribuente decide di riscattare il bene. Fino a quel momento sono rilevanti i canoni di locazione maturati nel corso dell’esercizio: il bene non è di proprietà dell’utilizzatore;
- metodo finanziario – che è previsto dai principi contabili internazionali – attraverso il quale l’operazione viene assimilata ad un acquisto vero e proprio. Questo comporta l’iscrizione immediata all’attivo patrimoniale del bene, con la conseguente imputazione del conto economico e del relativo ammortamento dei costi sostenuti.
Quale disciplina fiscale deve essere applicata
A determinare quale disciplina fiscale debba essere applicata è l’articolo 102, comma 7, del Tuir, che si applica ai soggetti Irpef e Ires. In base a queste regole:
Per l’impresa utilizzatrice che imputa a conto economico i canoni di locazione finanziaria, a prescindere dalla durata contrattuale prevista, la deduzione è ammessa per un periodo non inferiore alla metà del periodo corrispondente al coefficiente stabilito a norma del co. 2 [in base a quanto previsto dal D.M. 31 dicembre 1988] in relazione all’attività esercitata dall’impresa stessa; in caso di beni immobili la deduzione è ammessa per un periodo non inferiore a 12 anni. La quota di interessi impliciti desunta dal contratto è soggetta alle regole dell’art. 96.
Il modo in cui portare in deduzione fiscale i canoni di leasing per le imprese e i liberi professionisti varia a seconda del criterio contabile che è stato adottato:
- metodo patrimoniale: prima che avvenga il riscatto del bene sono deducibili unicamente i canoni, per i quali deve essere rispettato il principio di competenza. Per i contratti che sono stati stipulati dopo il 29 aprile 2012, la relativa durata – nel caso in cui dovesse risultare inferiore al periodo minimo stabilito dalla legge – è irrilevante. Per i contratti, invece, che sono stati stabiliti dopo il 28 aprile 2012 la durata minima varia a seconda del bene preso in leasing e costituisce una condizione per la sua deducibilità;
- metodo finanziario: in questo caso risultano deducibili l’ammortamento e gli interessi passivi, che possono essere imputati a conto economico. Volendo sintetizzare al massimo il bene acquistato deve essere considerato alla stessa stregua di un acquisto in proprietà. In entrambi i casi, ad ogni modo, la quota di interessi impliciti è sottoposta alle regole ordinarie che devono essere applicate agli interessi passivi.
Quale durata deve avere il contratto
Quanti dovessero adottare il criterio patrimoniale di contabilizzazione devono prestare attenzione alla durata del contratto. Nel caso in cui questi siano stati stipulati prima dal 1° gennaio 2014 sono soggetti a delle condizioni più favorevoli rispetto a quelli sottoscritti in precedenza. Per quelli che sono stati stipulati a partire dal 29 aprile 2012, infatti, è stato eliminato il vincolo della durata minima del contratto.
Generalmente la durata del contratto ha rilievo fiscale solo e soltanto se risulta essere superiore al minimo indicato dalla legge. In questo caso i canoni risultano essere deducibili sulla base dell’imputazione a conto economico, secondo le regole ordinarie.
Nei casi in cui sia prevista la durata del contratto non deve essere inferiore alla metà del periodo di ammortamento fiscale: deve essere compresa, in estrema sintesi, tra un minimo di 8 anni e un massimo di 15.