L’Italia viene scalzata dalla Francia dal trono dell’industria del vino dopo nove anni consecutivi in vetta alla produzione mondiale. È l’effetto del cambiamento climatico che con piogge torrenziali, gelate premature e malattie delle piante hanno compromesso la resa dei vigneti e rovinato parte del raccolto di quest’anno. L’Organizzazione internazionale delle vigne e del vino ha registrato un crollo generale del settore che ha portato la produzione su base globale a livelli così bassi che non si vedevano da oltre 60 anni. E in questo quadro di crisi internazionale il nostro è tra i Paesi che ha fatto segnare il calo maggiore in confronto alla vendemmia dello scorso anno.
Il crollo dell’Italia
Secondo le prime stime dell’Oiv sul 2023, la produzione mondiale di vino ha raggiunto il livello più basso dal 1961, il -7 per cento rispetto al 2022, per un totale di 244,1 milioni di ettolitri.
Da quanto emerso dall’analisi dei dati dei 29 Paesi che rappresentano il 94 per cento del mercato, l’Italia ha registrato un calo ancora maggiore: il -12 per cento, record negativo dal 2017. Un decremento inferiore soltanto alla Spagna, che ha fatto segnare un -14 per cento, toccando i minimi da 20 anni a causa della siccità che ha investito la penisola iberica, ma senza intaccare il terzo posto nella classifica dei produttori nel mercato mondiale.
In termini assoluti, però, il nostro Paese è quello che ha subito la contrazione più significativa, 5,9 milioni di ettolitri in meno rispetto al 2022, lasciando dopo 9 anni in vetta il primo posto alla Francia, con una produzione di 45,8 milioni di ettolitri, stabile dall’anno scorso.
Le stime sono in linea con l’analisi fatta dalla Coldiretti, che ha previsto sia il sorpasso delle bottiglie d’oltralpe, sia una diminuzione ancora maggiore del 14 per cento per l’Italia attestandosi intorno ai 43 milioni di ettolitri, rispetto ai 50 milioni della stagione precedente (qui avevamo riportato l’allarme della Coldiretti sul vino italiano mentre qui avevamo già riportato le previsioni sull’abdicazione dell’Italia come primo produttore al mondo di vino).
La sfida non si basa però soltanto sulla quantità: il nostro Paese può vantare 653 varietà d’uva registrate, circa il doppio rispetto ai cugini transalpini, il 70 per cento delle quali con Denominazioni di Origine Controllata e Garantita (DOCG), Doc e IGT (qui avevamo parlato della prima volta per una cantina italiana del premio di migliore del mondo).
Il quadro mondiale
A incidere maggiormente sul calo mondiale della produzione del vino è stato l’emisfero Sud pesantemente investito da fenomeni atmosferici estremi, dal -6 per cento della Nuova Zelanda al -30 per cento del Brasile, passando dal -10 per cento del Sud Africa.
I Paesi più colpiti dal calo della resa dei vigneti in questa parte del mondo sono Australia, Argentina e Cile, che hanno perso in valore assoluto rispettivamente 3,1 (-24%) 2,6 (-23%) e 2,5 (-20%) milioni ettolitri.
Dall’altra parte dell’equatore, invece, tengono botta gli Stati Uniti, quarto produttore mondiale con con 25,2 milioni di ettolitri, ed una crescita del 12% sul 2022 (+2,8 milioni di ettolitri), la maggiore in tutto il globo, e del 4% sulla media degli ultimi 5 anni.
Nonostante il tonfo di Italia e Spagna, l’Unione europea rimane comunque la fonte principale di vino, pari al 61 per cento del mercato internazionale, grazie anche alla crescita nel 2023 di altri Paesi: Germania con +0,9 milioni di ettolitri, Austria (+0,6), Romania (+0,6) e Bulgaria (+0,1).