A ottobre cibi ancora più cari. Non accenna a placarsi l’inflazione, che si ripercuote duramente sul carrello della spesa degli italiani. Lato consumatori, secondo l’Indice dei prezzi all’ingrosso elaborato mensilmente da Unioncamere, l’aumento dei prezzi generalizzato dei beni alimentari pesa sempre di più: ad ottobre i prezzi hanno registrato una crescita su base annua del 13,8%, contro il +11,8% di settembre.
Indice
Quali cibi costano di più
Ma quali sono i cibi che sono aumentati di più? I rincari riguardano soprattutto i prezzi all’ingrosso del riso, che registra un +14% su base mensile. Sulla base delle stime elaborate dall’Ente Risi, le superfici coltivate a Lunghi A – una varietà di riso destinata al consumo interno – nel 2022 dovrebbero subire una contrazione di 22mila ettari, pari a circa il 20% delle aree coltivate nell’anno precedente.
Forti rincari anche per l’olio di oliva, che sfiora il +6% e il +19% su base annua, con la produzione nazionale 2022/23 attesa sui livelli della campagna 2018/19 considerata tra le peggiori mai registrate.
Discorso simile per le uova, che ad ottobre aumentano di oltre il +6% rispetto al mese precedente, facendo addirittura segnare un maxi aumento su base annua, pari al +43,7%.
Per quanto riguarda gli agrumi, osserva Unioncamere, si osservano importanti variazioni per le clementine (+47,4%), le cui prime partite di provenienza nazionale sono presenti sul mercato a partire da fine ottobre. In aumento anche pompelmi (+20,5%) e limoni (+11,9%). Tra la frutta, pesche (+6,6%) e, soprattutto, le pesche noci o nettarine (+74,1%) hanno mostrato a ottobre intensi incrementi. Lievi aumenti per le pere (+12,1%).
Per gli italiani sta diventando sempre più difficile anche comprare carne: su base tendenziale, gli aumenti schizzano a +32%. In particolare, +5% per la carne di coniglio rispetto a settembre, +3% per il pollo e +6,3% per la carne di bovino adulto. Scende invece in picchiata la carne suina, facendosi notare per un -5,2% rispetto a settembre. Sul versante dell’offerta, pur crescendo su base mensile (+1,5%), le macellazioni si mantengono su livelli inferiori del -10% rispetto ad ottobre 2021.
Aumenti anche per cipolle (+8,3%) e patate (+11,9%), per cui si riscontra un livello della domanda più alto, normale per il periodo autunnale.
Accelerano anche i formaggi freschi – che segnano un +3,3% su base mensile – e i formaggi a stagionatura media, +1,9%, trainati soprattutto dall’Asiago, che spicca per il suo +3,6% per il Mezzano. Stabile il Parmigiano Reggiano mentre si rilevano a fine mese segnali di rialzo per il Grana Padano. Non si arresta la corsa nemmeno del Pecorino Romano, che ad ottobre raggiunge il record storico di 13 euro al kg.
Altro prodotto che vede un notevole aumento di prezzo è la semola (+2,1% rispetto a settembre). Lo scarto positivo su base annua si è però azzerato (+0,2% contro il +7,4% di settembre). Si conferma una maggiore stabilità per le farine di grano tenero, che evidenziano un aumento annuo prossimo al +40%.
Nuovi rialzi anche per i listini del latte, con le quotazioni che chiudono il mese con aumenti medi del +1,2% rispetto a settembre, toccando la quota record di 680 euro a tonnellata sulle principali piazze di scambio.
Guardando al pesce, il prezzo del dentice è schizzato al +15%, con la variazione tendenziale che sale al +41%. In termini tendenziali risulta robusta la crescita delle cannocchie (+23%). Infine, forti aumenti tendenziali per i prezzi di mitili e calamari.
Perché sono aumentati i prezzi dei prodotti alimentari ad ottobre
Diversi i motivi che hanno portato a questa situazione. Per quanto riguardo il riso, ad esempio, i rincari sono trainati da aspettative di contrazione della produzione. Secondo le ultime stime le superfici coltivate a Lunghi A dovrebbero subire nel 2022 una riduzione di circa il -20% rispetto allo scorso anno.
Per quanto riguarda l’olio d’oliva, la produzione nazionale 2022/23 è attesa sui livelli della campagna 2018/19, considerata tra le peggiori mai registrate. A complicare il quadro il crollo della produzione della Spagna, primo produttore di olio di oliva al mondo, con il Ministero dell’Agricoltura spagnolo che stima una contrazione fino al -50% rispetto allo scorso anno. Timidi rialzi in chiusura di mese anche per l’olio di palma, alimentati dal peggioramento delle condizioni produttive in Indonesia e Malaysia a causa di una stagione delle piogge particolarmente intensa.
Tra la frutta, pesche e nettarine hanno mostrato a ottobre intensi incrementi: sui mercati è risultata presente, infatti, solo una piccola quantità di prodotto importato, in quanto le produzioni nazionali sono terminate a fine settembre. I lievi aumenti delle pere sono dipesi, invece, da alcuni problemi di produzione dati dalla cimice asiatica nel corso dell’estate: nei mercati, infatti, sono ancora presenti per la maggior parte frutti di piccolo calibro rispetto alla stagione.
Per la carne di coniglio i rincari sono dovuti essenzialmente alla domanda superiore all’offerta. Pollo e bovino scontano una flessione delle attività di ingrasso e di macellazione a causa del caro mangimi.
Per cipolle e patate gli aumenti di prezzo sono legati a un livello della domanda più alto, fisiologico però per il periodo autunnale.
Il mercato delle uova vive invece un contesto di deficit dell’offerta rispetto alla domanda. Forti criticità anche per l’intera filiera dei formaggi freschi e a stagionatura media, in particolare per il persistere del deficit produttivo di latte a livello europeo. Secondo gli ultimi dati Eurostat, la raccolta complessiva europea di latte ha evidenziato ad agosto una variazione su base annua negativa per il 6° mese consecutivo.
Anche la semola sta patendo una maggiore domanda interna e anche il rincaro delle alternative americane.
Guardando al pesce, il prezzo del dentice è dovuto al prodotto sempre meno pescato nei nostri mari, quello delle cannocchie al fatto che si tratta di un prodotto il cui consumo è in costante aumento.
Quali cibi costano di meno
A ottobre, le alte temperature hanno favorito l’aumento della produzione di molti prodotti ortaggi, determinando così un complessivo calo dei prezzi all’ingrosso (-3,9%) dopo i forti rialzi di settembre.
In particolare, a differenza delle previsioni pessimistiche di ottobre, si sono osservati decise diminuzione di prezzo per le insalate (-22,2%), la cui produzione non è più ostacolata dal grande caldo. Generalizzati cali delle quotazioni per gli ortaggi a lunga conservazione tipicamente autunnali, come i cavoli cappucci (-20,5%), i cavoli verza (-13,1%) e le zucche (-30%).
Anche per gli ortaggi da cottura, come bietole (-18,5%) e broccoletti (-32,6%), si riscontrano diminuzioni delle quotazioni su base mensile, per via dell’aumento dei quantitativi presenti nei mercati; aumenti, invece, rispetto al 2021.
Prezzi altalenanti per le diverse varietà di pomodori (-5,9%) ma che, nel complesso, non comportano grandi fluttuazioni, per melanzane (0,1%), peperoni (9,8%), zucchine (7,9%) e cetrioli (-9,4%), passati quasi totalmente alle produzioni da coltura protetta e, in minor parte, all’import spagnolo, con un livello della domanda abbastanza stabile.
In calo invece le arance (-7,5%), per cui si riscontra una maggior presenza nei mercati rispetto al mese scorso. Per quanto riguarda le fragole (-14,6%) si sono registrati ribassi su base mensile, ma aumenti rispetto al 2021, dovuti ai maggiori costi di produzione delle serre. In calo le mele (-10,8%), le cui produzioni nazionali stanno arrivando con maggior vigore nei mercati. In calo anche l’uva (-9,3%), per via dell’entrata nei mercati delle vendemmie nazionali. Stabili i frutti tropicali, per cui si sono riscontrati maggiormente aumenti su base annuale, a causa dei costi di trasporto notevolmente aumentati.
Concentrandoci sugli oli, sempre secondo i dati di Unioncamere, le quotazioni nazionali degli oli di semi stanno lentamente tornado ai livelli pre-guerra in Ucraina, con cali medi del -5% rispetto ai prezzi di settembre. Scende al +11% la variazione su base annua (contro il +20% di settembre), mentre rispetto ai livelli di febbraio le quotazioni risultano superiori del +9%, contro il picco di aprile a quota +75%.
Segno meno ad ottobre anche per i listini del burro, in calo del -1,4% rispetto ai prezzi medi di settembre. La dinamica ribassista si rafforza in chiusura di mese, con cali settimanali fino al -6% in apertura di novembre, sulla scia della debolezza che ha interessato i principali mercati europei già dalla prima metà di ottobre. Il quadro è dettato anche dalla maggiore disponibilità di prodotto in tutta Europa, sostenuta a sua volta dai robusti miglioramenti produttivi registrati dai principali paesi produttori negli ultimi mesi, in primis la Germania. Scende al +77% la variazione tendenziale contro il +110% di settembre.
Ribassi anche per il pesce, grazie all’aumento stagionale delle catture per alcune specie. In questo periodo, infatti, la gran parte dei pesci, crostacei e molluschi raggiungono una taglia idonea all’uso commerciale, incentivando altresì l’attività di pesca.
Tra i pesci freschi di mare si registrano cali rilevanti rispetto a settembre per i prezzi di cefali (-30%), orate (-14%), sarde (-10%) e triglie (-17%), specie ampiamente presenti in ottobre.
Tra i crostacei freschi in netto calo su base mensile le quotazioni del gambero rosa (-32%). Arretrano rispetto a dodici mesi fa i prezzi degli scampi (-18%) in virtù delle maggiori catture di quest’anno. Per quanto riguarda i molluschi freschi, nette flessioni mensili per i prezzi delle seppie (-24%), che nel mese di ottobre raggiungono la taglia commerciale.