Scandalo liste d’attesa bloccate in ospedale: medici denunciati per attività a pagamento

Scandalo liste d’attesa bloccate in ospedale, il blitz dei NAS: più di 20 tra infermieri e medici denunciati per aver deviato i pazienti su prestazioni e attività a pagamento

Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

Nei mesi di luglio ed agosto, i Carabinieri dei NAS, di concerto con il Ministero della Salute, hanno portato avanti un’intensa attività di controllo, su tutto il territorio nazionale, al fine di verificare la gestione delle liste di attesa per l’erogazione di prestazioni ambulatoriali, riconducibili a visite specialistiche ed esami diagnostici, afferenti al Servizio sanitario pubblico. Dal blitz ben 26 operatori sanitari, tra medici e infermieri, sono stati ritenuti responsabili di reati di falsità ideologica e materiale, truffa aggravata, peculato ed interruzione di pubblico servizio.

Le strutture indagate

Come riporta il Ministero della Salute, le ispezioni sono state eseguite presso presidi ospedalieri e ambulatori delle aziende sanitarie, compresi gli Istituti di Ricovero e Cura a carattere scientifico, nonché presso le strutture private accreditate, con la finalità di accertare il rispetto dei criteri previsti dal Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa (PNGLA), stilati per assicurare un corretto accesso alle prestazioni fornite dal Servizio sanitario pubblico ed uniformare un’equa e tempestiva erogazione dei servizi sanitari a favore dei cittadini.

Sono stati effettuati accessi presso 1.364 tra ospedali, ambulatori e cliniche, sia pubblici che privati in convenzione con il SSN, analizzando 3.884 liste e agende di prenotazione per prestazioni ambulatoriali relative a svariate tipologie di visite mediche specialistiche e di esami diagnostici.

Gli accertamenti dei NAS hanno consentito di individuare condotte penalmente rilevanti che hanno portato il deferimento all’Autorità giudiziaria di 26 tra medici e infermieri, ritenuti responsabili di reati di falsità ideologica e materiale, truffa aggravata, peculato ed interruzione di pubblico servizio. L’attività ispettiva svolta sull’ingente mole di dati e di riscontri relativi a oltre 3 mila 800 agende ha consentito, inoltre, di rilevare 1.118 situazioni di affanno nella gestione delle liste di attesa e superamento delle tempistiche imposte dalle linee guida del Piano nazionale, pari al 29% di quelle esaminate.

Medici e infermieri sotto accusa

Tra i casi più rilevanti, i NAS di Milano, Torino, Perugia e Catania hanno deferito 9 medici per aver favorito conoscenti e propri pazienti privati, stravolgendo le liste d’attesa, consentendo loro di essere sottoposti a prestazioni in data antecedente rispetto alla prenotazione ed eludendo le classi di priorità.

I NAS di Reggio Calabria hanno deferito invece, per l’ipotesi di peculato, 3 medici di Aziende Sanitarie per aver prestato fraudolentemente servizio presso un poliambulatorio privato sebbene contrattualizzati in regime esclusivo con le aziende sanitarie pubbliche.

I NAS di Perugia hanno a loro volta individuato un medico radiologo svolgere attività privata presso un altro ospedale, pur trovandosi in malattia, nonché due infermieri che svolgevano esami ematici a favore di privati attestando falsi ricoveri.

Il sistema delle liste d’attesa bloccate

Alla base dei ritardi e delle lista d’attesa bloccate e compromesse, due motivazioni: favorire amici e parenti (o chi aveva già pagato una visita privata), spingere i pazienti a effettuare controlli presso ambulatori e studi privati così da accelerare o aggirare i tempi d’attesa. Controlli questi che spesso venivano effettuati in privato dai medici che poi sono stati scoperti a manomettere le liste del servizio pubblico.

Come si legge nella nota pubblicata dal Ministero della Salute, tra le cause più frequenti degli sforamenti delle tempistiche sono state accertate – su 761 agende – carenze funzionali ed organizzative dei presidi ospedalieri e degli ambulatori, diffusa carenza di personale medico e tecnici specializzati che, unitamente alla mancanza di adeguati stanziamenti ed attrezzature, ha determinato il rallentamento dell’esecuzione di prestazioni sanitarie. Ritardi questi che hanno avuto delle ripercussioni anche nel mancato rispetto delle classi di priorità (Urgente, Breve e Differibile), che sono state di conseguenza ricollocate.

In 195 situazioni i NAS hanno riscontrato la sospensione o la chiusura delle agende di prenotazione, in parte condotte con procedure non consentite oppure determinate dalla carenza o assenza di operatori senza prevedere la sostituzione. Proprio in tale contesto, gli accertamenti svolti dai Nuclei di Palermo, Reggio Calabria, Latina e Udine hanno consentito di rilevare vere e proprie condotte dolose, deferendo 14 dirigenti e medici ritenuti responsabili del reato di interruzione di pubblico servizio, per aver arbitrariamente chiuso in modo ingiustificato le agende di prenotazione tra luglio e agosto, posticipando conseguentemente le prestazioni diagnostiche, al fine di consentire al personale di poter fruire delle ferie estive o svolgere indebitamente attività a pagamento.

Alle carenze di organico si integrano anche comportamenti non allineati ad una corretta deontologia professionale, come nel caso di un dirigente medico di una ASL della provincia di Roma che, sebbene responsabile degli ambulatori di gastroenterologia e colonscopia per cui vi fosse indisponibilità presso l’intera ASL, lo stesso esercitava le medesime prestazioni in attività intramoenia extramuraria -regolarmente autorizzata- presso un poliambulatorio privato, con una programmazione fino ad 8 esami giornalieri. In tale contesto, sono state anche individuate 21 irregolarità nello svolgimento di attività intramoenia per esubero delle prestazioni concordate con le ASL e omesse comunicazioni sullo svolgimento delle attività esterne da parte dei medici pubblici.

Da Nord a Sud: tante, troppe, le strutture coinvolte dalla scandalo

L’intervento dei NAS è stato su scala nazionale, rilevando casi di illeciti da Nord a Sud. In particolare, tra le strutture coinvolte e segnalate dal Ministero e gli operatori sanitari che dovranno ora rispondere dei reati commessi figurano:

Al momento le persone deferite all’Autorità giudiziaria sono indagate e quindi in attesa di un definitivo accertamento della loro colpevolezza in successiva sede processuale. Delle accuse, quindi, ne risponderanno nelle sedi appropriate.

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