Il Regno Unito blocca l’export di armi a Israele: quanto vale la guerra in Palestina per l’Italia

Il ministero degli Esteri del Regno Unito ha bloccato parte delle licenze che permettono di esportare armi verso Israele

Pubblicato: 3 Settembre 2024 13:51

Matteo Runchi

Editor esperto di economia e attualità

Redattore esperto di tecnologia e esteri, scrive di attualità, cronaca ed economia

Il Regno Unito ha bloccato una parte delle licenze che permettono alle sue aziende di esportare materiale bellico, armi e munizioni, in Israele. Si tratta di meno del 10% del totale delle licenze e il provvedimento riguarda soprattutto società che producono componenti per droni, aerei, elicotteri e armi che permettono di colpire obiettivi terrestri.

L’Inghilterra non è tra i Paesi che esportano più armi a Israele. Quel ruolo è ricoperto in misura nettamente maggioritaria dagli Stati Uniti, con un ruolo molto importante, per ragioni storiche, anche della Germania. L’Italia pur contribuendo molto meno degli altri due Stati sul podio di questa classifica, è al terzo posto.

Il Regno Unito blocca le esportazioni di armi a Israele

Il Regno Unito ha sospeso alcune delle licenze che permettono alle proprie imprese di esportare componenti di armi in Israele. Si tratta di una trentina delle 350 concessioni totali emesse per questo scopo dallo Stato britannico, e riguardano soprattutto aziende che si occupano della produzione di componenti per velivoli come aerei, droni ed elicotteri, oltre che dei sistemi montati su di essi per colpire obiettivi a terra.

La decisione è stata presa lunedì 2 settembre dal nuovo governo laburista di Keir Starmer e annunciata tramite il ministro degli Esteri David Lammy. La ragione dietro a questa scelta è di tipo umanitario e arriva dopo un esame di due mesi degli attacchi portati avanti da Israele all’interno della Striscia di Gaza. Il ministero degli Esteri ha espresso infatti preoccupazione per la condotta dell’esercito israeliano, citando possibili violazioni del diritto internazionale da parte di Israele e del suo esercito, l’Idf.

Il Regno Unito non è tra i più importanti esportatori di armi a Israele. Di conseguenza, questa decisione non avrà realisticamente ripercussioni sulle operazioni militari nella Striscia di Gaza. L’interruzione della validità di queste licenze è un atto politico che vuole sottolineare come il sostegno del Regno Unito a Israele non sia del tutto incondizionato.

Il ruolo dell’Italia nella fornitura di armi a Israele

Israele importa una quantità significativa delle armi che il suo esercito utilizza. Ad avere un ruolo cruciale in questo commercio sono gli Stati Uniti, dai quali proviene il 68% delle forniture belliche che arrivano a Tel Aviv. Ogni anno il Paese spende 3,5 miliardi di euro soltanto in armi americane, un settimo dei quali dedicati alla sola difesa missilistica stando all’ultimo accordo firmato tra i due Paesi nel 2016. Dopo l’attacco del 7 ottobre, il parlamento americano ha approvato quasi 13 miliardi di euro di ulteriori aiuti.

Al secondo posto tra i fornitori di armi di Israele c’è la Germania. I legami storici tra i due Paesi hanno permesso la creazione di un commercio che vale dopo il 7 ottobre 300 milioni di euro all’anno. Al terzo posto, anche se nettamente staccata, c’è l’Italia. Il nostro Paese contribuisce a poco meno dell’1% del fabbisogno dell’Idf. Si tratta principalmente di artiglieria navale ed elicotteri, oltre che vari tipi di munizioni. Secondo l’ultima relazione ufficiale del governo disponibile a riguardo, quella del 2022, ogni anno dal nostro Paese arrivano in Israele armi per circa 9 milioni di euro.

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