Incentivo all’esodo, cos’è e come si tassa

L’incentivo all’esodo gode di una normativa particolarmente favorevole con riguardo agli aspetti contributivo (Inps) e fiscale (Irpef). Vediamo come funziona

Alessandra Moretti

Consulente del lavoro

Laureata, è Consulente del Lavoro dal 2013. Esperta di gestione e amministrazione del personale.

In occasione della cessazione di un rapporto di lavoro, soprattutto al fine di agevolare l’uscita del dipendente dall’azienda, il datore di lavoro può corrispondere una somma di denaro aggiuntiva rispetto alle spettanze obbligatorie per legge: in questo caso si parla di incentivo all’esodo. Di seguito parleremo delle sue peculiarità e della sua tassazione.

Le spettanze di fine rapporto

Al termine del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto ad erogare al lavoratore cessato, sia per licenziamento che per dimissioni, alcune somme previste per legge, più comunemente note come spettanze di fine rapporto.

In particolare si tratta dei seguenti importi:

In questo panorama, l’incentivo all’esodo si colloca come una spettanza di fine rapporto non obbligatoria e aggiuntiva rispetto a quanto sopra indicato, che il datore di lavoro può decidere di pagare, in accordo con il lavoratore, al fine di accompagnarne l’uscita dal posto di lavoro ed attuare le proprie politiche di turn over o riduzione del personale nella maniera più indolore possibile.

L’erogazione dell’incentivo all’esodo deve sempre essere formalizzata tramite un accordo raggiunto tra datore di lavoro e lavoratore (anche per il tramite di assistenza sindacale).
Spesso viene affiancata ad una transazione, ossia un accordo con cui le parti pongono fine ad una lite in essere o decidono di prevenire liti future. In pratica, il lavoratore rinuncia a qualsiasi pretesa futura sul rapporto di lavoro, ricevendo in cambio una somma di denaro e liberando l’azienda dal rischio di contenzioso.

Le tasse sull’incentivo all’esodo

L’incentivo all’esodo gode di una normativa particolarmente favorevole con riguardo agli aspetti contributivo (Inps) e fiscale (Irpef).

Infatti, tutte le somme destinate all’incentivazione dell’esodo dei lavoratori non sono imponibili dal punto di vista previdenziale e dunque non subiscono nessuna trattenuta a titolo di contributi Inps, sia a carico del dipendente che a carico del datore di lavoro.

Invece, dal punto di vista fiscale si applica il regime di tassazione separata previsto per il trattamento di fine rapporto (art. 17 Tuir) che, a differenza dell’Irpef ordinaria a scaglioni prevista per la normale retribuzione, utilizza un’aliquota media basata sui cinque anni precedenti al momento di percezione dei redditi da tassare separatamente. Nella generalità dei casi si tratta di un’aliquota più conveniente rispetto a quella dell’irpef ordinaria.

E’ però importante sottolineare che la tassazione effettuata sull’incentivo all’esodo è basata su un calcolo che determina un’aliquota provvisoria applicata dal datore di lavoro. La tassazione definitiva viene predisposta dall’Agenzia delle Entrate entro il terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione del sostituto di imposta.

Per capire meglio si segua questo esempio:

In questo caso l’Agenzia delle Entrate dovrà ricalcolare la liquidazione definitiva delle imposte entro il 31 dicembre 2026, ossia entro il terzo anno successivo alla presentazione del modello 770/2023.

Il risultato della riliquidazione può comportare maggiori trattenute che il dipendente dovrà pagare direttamente all’Agenzia delle Entrate oppure un rimborso di imposte che sono già state pagate in eccesso.

Le informazioni hanno carattere generale. Si consiglia sempre di verificare in base alla situazione specifica, al settore di appartenenza e al CCNL applicato.

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