L’impronta idrica è uno degli indicatori utilizzati per misurare l’impatto sull’ambiente delle attività umane, riferito in particolare al consumo di acqua dolce legato alla produzione e allo smaltimento di prodotti e servizi. Ovviamente esistono altri parametri per rilevare l’impatto dell’uomo sul Pianeta, come l’impronta ecologica per calcolare il consumo di risorse naturali, oppure la carbon footprint per misurare le emissioni di gas serra generate da persone, aziende e paesi.
Questi indicatori sono fondamentali per capire quali sono gli effetti sulla Terra delle nostre scelte, valutando in maniera accurata le ricadute sull’ambiente dell’attuale sistema socioeconomico e capire quali soluzioni adottare per un futuro più ecosostenibile. Vediamo cos’è l’impronta idrica e come si calcola, perché è importante e cosa possiamo fare per ridurre il consumo d’acqua dolce, una risorsa essenziale per la vita umana.
Indice
Impronta idrica: definizione e significato
Il significato di impronta idrica, il cui corrispettivo termine inglese è water footprint, è la misura della quantità di acqua dolce utilizzata per la produzione di beni e servizi che usiamo ogni giorno. Questo indicatore trova diversi tipi di applicazione, infatti è possibile calcolare tale valore in riferimento appena ad una attività specifica, oppure utilizzarlo per rilevare il consumo di acqua dolce di un’impresa, un prodotto o una città.
Naturalmente si può misurare l’impronta idrica anche di un intero Stato, di un continente o il dispendio idrico globale di tutto il Pianeta. La water footprint prende in considerazione il consumo d’acqua dolce diretto e indiretto. Il primo è legato al prelievo di acqua, ad esempio per bere o lavare gli indumenti, il secondo al consumo d’acqua necessario per ottenere un prodotto o un servizio, come l’acqua che serve per produrre un chilogrammo di carne bovina.
Cos’è l’impronta idrica
Come abbiamo visto, l’impronta idrica è la misurazione del volume d’acqua dolce necessaria per la produzione e lo smaltimento di beni e servizi. L’indicatore tiene conto sia dell’acqua consumata in modo diretto e indiretto, sia dell’acqua inquinata dalle diverse attività umane. Ciò consente di ottenere una prospettiva completa della water footprint di prodotti, aziende e paesi, con la possibilità di comparare differenti soluzioni e individuare le opzioni più ecosostenibili.
In particolare, esistono 3 tipologie di impronta idrica:
- impronta idrica verde;
- impronta idrica blu;
- impronta idrica grigia.
L’impronta idrica verde rappresenta l’acqua delle precipitazioni atmosferiche, indispensabile per le attività agricole e forestali, la quale tiene conto dell’acqua disponibile nel suolo nell’area occupata dalle radici, compresa quella che evapora e viene utilizzata dalle piante stesse. L’impronta idrica blu, invece, si riferisce all’acqua consumata e prelevata per le attività umane, proveniente da bacini idrici come laghi e fiumi, oppure dal sottosuolo.
Possono presentare un’impronta idrica blu le abitazioni, in quanto prelevano acqua dalle sorgenti montane per utilizzarla in casa dopo la depurazione, oppure l’industria che consuma l’acqua dolce per le esigenze dei dipendenti e le necessità produttive all’interno degli stabilimenti. Infine c’è l’impronta idrica grigia, la quale misura l’inquinamento dell’acqua, poiché considera la quantità di acqua dolce che serve per assimilare le sostanze inquinanti generate dall’uomo.
L’impronta idrica grigia indica ad esempio l’impatto sulle risorse idriche degli scarichi fognari, oppure le ricadute del deflusso delle acque inquinate nel sottosuolo, per capire quanta acqua serve per smaltire quel tipo di impatto e restituire uno standard di qualità idrico simile all’originale. Queste tre tipologie di water footprint insieme compongono l’impronta l’idrica, un indicatore indispensabile per misurare l’impatto delle nostre attività su questa risorsa e ottenere una maggiore consapevolezza sulla sostenibilità di prodotti e servizi.
A cosa serve l’impronta idrica
L’importanza dell’impronta idrica è legata alla sostenibilità ambientale, infatti conoscere la water footprint permette di individuare gli sprechi d’acqua e capire quali interventi effettuare per preservare questa risorsa naturale. Ad esempio, si possono confrontare prodotti simili e scegliere quello con un impatto idrico inferiore, compiendo una scelta eco-friendly che contribuisce alla tutela delle riserve idriche di acqua dolce.
Allo stesso modo è possibile rilevare una serie di problematiche legate alla gestione dell’acqua in azienda, pianificando soluzioni per ottimizzare il consumo idrico e rendere il ciclo produttivo più virtuoso. L’analisi dell’impronta idrica serve anche ai governi, per mettere a punto piani di sviluppo. In questo modo si possono realizzare investimenti in modelli economici sostenibili a basso consumo d’acqua, oppure finanziare attività di riduzione dell’inquinamento idrico.
Inoltre, bisogna considerare come l’acqua dolce sia una risorsa fondamentale per l’uomo, non solo per la sua sopravvivenza ma anche per la salute delle persone. Per questo motivo è importante valutare non appena l’accesso all’acqua, ma anche la qualità delle risorse idriche disponibili per la popolazione. Oggi sulla Terra siamo già quasi 8 miliardi di persone, con la previsione di arrivare entro il 2050 ad oltre 10 miliardi di persone.
Senza una gestione responsabile delle riserve idriche milioni di persone saranno costrette a fare i conti con la carenza di acqua dolce sicura e di buona qualità, in quanto sempre più scarsa e contaminata dall’inquinamento generato dall’attività umana. Secondo le Nazioni Unite, entro il 2025 i cambiamenti climatici, la crescita demografica e un utilizzo inadeguato dell’acqua causeranno la scarsità delle risorse idriche per 1,8 miliardi di persone, mentre oltre il 60% della popolazione sarà colpita da stress idrici.
Quanta acqua dolce è disponibile sulla Terra
L’acqua può sembrare una risorsa abbondante e presente dovunque, ma in realtà è scarsa e distribuita in modo non uniforme sul Pianeta. Sulla Terra infatti il 97% dell’acqua presente è salata e contenuta negli oceani, mentre appena meno del 3% delle riserve idriche mondiali sono composte da acqua dolce. La maggior parte, inoltre, si trova racchiusa all’interno dei ghiacciai, perciò è inutilizzabile o rischia di dispendersi negli oceani a causa dello scioglimento dei ghiacci causato dal riscaldamento globale.
Tra i paesi più ricchi di acqua dolce ci sono il Brasile, la Colombia, la Russia, la Cina e l’India, con riserve considerevoli disponibili anche in Canada, Stati Uniti, Indonesia, Congo e Cina. Complessivamente, questi 9 paesi detengono il 60% delle riserve globali di acqua dolce come indicato dalle Nazioni Unite. Allo stesso tempo, esistono disuguaglianze importanti nella localizzazione e nell’accessibilità all’acqua dolce pulita, sia a livello mondiale sia negli stessi paesi all’interno di zone differenti.
Impronta idrica: calcolo ed esempi
Per calcolare l’impronta idrica si utilizzano una serie di formule e modelli, con l’obiettivo di identificare il volume d’acqua dolce impiegata per l’intero ciclo di vita di prodotti e servizi. L’unità di misura della water footprint è il volume d’acqua in relazione a un’unità di tempo o di peso, in base al tipo di misurazioni che si vanno ad effettuare. Questi calcoli vengono eseguiti da associazioni, enti e gruppi di ricerca, con lo scopo di aiutare imprese, governi e cittadini a prendere le decisioni giuste.
Impronta idrica alimenti
Un settore responsabile di un elevato consumo idrico è il comparto alimentare, infatti la produzione di cibo richiede quantità considerevoli di acqua dolce. Questa risorsa è essenziale per gli allevamenti di bestiame e l’irrigazione delle coltivazioni, tuttavia questi ambiti provocano spesso una serie di sprechi significativi, soprattutto quando non vengono adottate pratiche sostenibili da parte delle aziende e scelte consapevoli dei consumatori.
Ecco i dati sull’impronta idrica degli alimenti forniti dalla piattaforma internazionale Water Footprint Network.
- Pomodori 214 litri/Kg
- Lattuga 237 litri/Kg
- Arance 560 litri/Kg
- Banane 790 litri/Kg
- Mele 822 litri/Kg
- Pane 1608 litri/Kg
- Pasta 1849 litri/Kg
- Formaggi 3178 litri/Kg
- Pollo 4325 litri/Kg
- Carne bovina 15415 litri/Kg
- Cioccolato 17196 litri/Kg
È evidente come un’alimentazione salutare sia anche più ecosostenibile, infatti alimenti come la frutta, la verdura e i cereali vantano una bassa impronta idrica. Al contrario, alimenti di origine animale come la carne e i formaggi richiedono un elevato consumo di risorse idriche per la loro produzione. Per compiere scelte eco-friendly è possibile partire dalla spesa, cercando di privilegiare gli alimenti più sani e i prodotti provenienti da filiere corte e produttori locali.
Impronta idrica abbigliamento
Oltre all’alimentazione anche l’acquisto di beni di consumo è responsabile di un consistente dispendio idrico, infatti l’industria tessile è la seconda più inquinante dopo quella alimentare. Secondo la CIA, l’associazione delle Donne in Campo della Confederazione Agricoltori Italiani, il settore tessile causerebbe a livello globale il 10% delle emissioni inquinanti e il 20% del consumo idrico mondiale. Ad esempio, secondo la Water Footprint Network per produrre un paio di jeans servono 10 mila litri d’acqua, mentre per una t-shirt sono necessari circa 2.700 litri d’acqua.
Impronta idrica dei paesi
Oltre ai prodotti e ai settori economici è possibile analizzare i dati dell’impronta idrica anche dei paesi. A livello mondiale gli Stati Uniti vantano il primato per consumo procapite di acqua dolce, con un valore di 7.800 litri al giorno a persona secondo Water Footprint Network. Tuttavia anche l’Italia si posiziona ai vertici mondiali, con un’impronta idrica procapite di 6.300 litri al giorno a persona, superata alla Spagna con un consumo di 6.700 litri al giorno a persona e dal Canada con 6.400 litri d’acqua consumati a persona ogni giorno.
Come ridurre l’impronta idrica
Nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite uno dei punti cardine del programma di sviluppo sostenibile riguarda proprio una gestione responsabile delle risorse idriche, con l’obiettivo di garantire a tutta la popolazione entro il 2030 l’accesso a servizi igienico-sanitari e all’acqua pulita. Per farlo è fondamentale intervenire per la riduzione dell’impronta idrica, promuovendo soluzioni ecosostenibili nell’utilizzo dell’acqua dolce da parte delle persone e delle aziende.
Innanzitutto è possibile adottare la dieta mediterranea per un’alimentazione a basso consumo idrico, limitando il consumo di carne rossa e di prodotti di origine animale, preferendo invece alimenti benefici, salutari e locali come frutta, verdura e cereali integrali. Inoltre bisogna compiere scelte responsabili quando si acquistano beni di consumo, ad esempio optando per abiti provenienti da industrie tessili con una bassa water footprint, oppure comprando indumenti realizzati con tessuti a ridotto consumo idrico.
Allo stesso tempo è necessario investire nella manutenzione della rete idrica, evitando gli sprechi d’acqua potabile per preservare questa risorsa essenziale per la vita umana. L’azione congiunta di risparmio idrico, gestione responsabile e utilizzo sostenibile dell’acqua può garantire una forte diminuzione dell’impronta idrica. In più non dimenticare l’importanza della riduzione dell’inquinamento idrico, favorendo non solo un uso ottimale di questa risorsa preziosa, ma anche la tutela della qualità dell’acqua minimizzando la contaminazione di falde, fiumi e laghi.