Il contesto politico ed economico attuale rende difficile mantenere le promesse elettorali di riforma delle pensioni. Il Mef stesso parla di crisi delle pensioni, prevedendo che fino al 2070 il sistema pensionistico potrà solo peggiorare.
Secondo il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, la prossima manovra non sarà caratterizzata da tagli drastici. Tuttavia, l’attenzione sarà concentrata sulla conferma dei bonus in busta paga, dalla riduzione dei contributi alla revisione dell’Irpef. Gran parte delle risorse disponibili per la legge di Bilancio sono già impegnate, anche per iniziare a restituire il debito e affrontare i costi derivanti dalla procedura d’infrazione.
Attualmente, è improbabile che il governo riesca a reperire le risorse necessarie per un cambiamento radicale del sistema pensionistico. Alcune misure in scadenza entro il 31 dicembre prossimo richiedono decisioni urgenti.
Riforma delle pensioni: il conto alla rovescia
Tra le misure in scadenza ci sono Quota 103, Ape Sociale e Opzione Donna, con l’aumento delle pensioni minime che rappresenta una delle promesse più politicamente caricate. Quota 103, cara alla Lega, e l’aumento delle pensioni minime, sostenuto da Forza Italia, sono esempi di misure che stanno per concludersi. Salvini continua a ripetere che queste promesse saranno mantenute entro la fine della legislatura, ma la realtà indica che la stagione delle “quote” sta per finire. La penalizzazione del ricalcolo contributivo di Quota 103 e il continuo rinvio di Quota 41 sono segnali inequivocabili.
Quota 103 è una delle misure di flessibilità più rilevanti. Senza fondi nella legge di Bilancio 2024, questa misura potrebbe non essere confermata o potrebbe essere ulteriormente peggiorata per renderla sostenibile. L’Ape Sociale, un anticipo pensionistico destinato ai soggetti più vulnerabili, scadrà a fine anno. Nonostante sembri destinata a essere rinnovata, in caso di risorse limitate anche questa misura potrebbe essere messa in discussione.
Cosa succederà a ottobre: le pensioni non una priorità per le casse dello Stato
La situazione economica del Paese rende la manovra di ottobre estremamente complicata. Con un deficit eccessivo e la necessità di correggere i conti per il nuovo Patto di stabilità, sarà già un miracolo trovare 15 miliardi per coprire il doppio taglio del cuneo fiscale e dell’Irpef. Le pensioni, in questo contesto, non sono una priorità. La mancata convocazione del tavolo previdenza da parte della ministra del Lavoro, Marina Calderone, ne è una chiara dimostrazione. I sindacati sono preparati a un confronto acceso in autunno, temendo che il governo possa fare cassa sulle pensioni per il terzo anno consecutivo.
Indicizzazione e inflazione: una questione contesa
A gennaio, è previsto il ritorno di un sistema di indicizzazione all’inflazione più favorevole. Il governo potrebbe opporsi, nonostante l’inflazione da restituire quest’anno sia molto più bassa rispetto agli ultimi due anni: probabilmente non raggiunge l’1,5%.
Claudio Durigon, sottosegretario leghista al Lavoro, ha espresso chiaramente che non è giusto applicare la stessa inflazione a tutti: meno per i redditi alti, più per quelli bassi. Inoltre, si sta considerando l’idea di incentivare la permanenza in servizio per alcune professioni, come medici e infermieri, per migliorare la flessibilità in entrata nel mercato del lavoro.
La Lega, che una volta promuoveva il pensionamento anticipato con “bastano 41 anni di lavoro”, sembra ora orientarsi verso una maggiore flessibilità in uscita, sostenendo che tutti debbano restare più a lungo nel mercato del lavoro. Questo cambiamento è evidente anche nella riduzione delle nuove pensioni, con un calo significativo registrato negli ultimi due anni. Il comparto leghista delle quote (Quota 100, 102 e 103) è costato 5 miliardi l’anno scorso, su un totale di 304 miliardi di spesa previdenziale.
Prospettive per la spesa pensionistica
Secondo il rapporto del Mef, la spesa pubblica per le pensioni in rapporto al Pil aumenterà fino al 2040, per poi iniziare a diminuire. Dal 15,6% del 2015, è salita al 16,9% nel 2020 ed è prevista in calo al 15,4% nel 2025. Si prevede che tornerà a crescere al 17,1% nel 2040, raggiungendo il picco massimo, per poi calare gradualmente fino al 13,8% nel 2070.