Alviero Martini commissariata: l’azienda di moda “sfruttava i lavoratori cinesi”

Il Tribunale di Milano dispone l'amministrazione giudiziaria della società di alta moda specializzata in borse e accessori. Scoperti opifici cinesi e dormitori abusivi e un falso contratto per "mascherare" la morte di un operaio in nero

Pubblicato: 17 Gennaio 2024 18:33Aggiornato: 3 aprile 2024 23:33

Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

L’azienda di alta moda Alviero Martini è stata commissariata per casi di sfruttamento del lavoro. L’amministrazione giudiziaria della società specializzata in borse e accessori è stata disposta dal Tribunale di Milano, al termine di un’inchiesta condotta da carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro e pm Paolo Storari.

Secondo i giudici della Sezione autonoma misure di prevenzione, l’azienda non sarebbe stata in grado di “prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo” lungo la propria filiera di appalti. Come ultimo anello della catena di produzione, sarebbero stati utilizzati opifici cinesi con dormitori abusivi e manovalanza in nero.

Sfruttamento del lavoro in “opifici cinesi e dormitori abusivi”

I controlli sono stati effettuati in otto opifici, risultati tutti risultati irregolari, nei quali sono stati identificati 197 lavoratori. Di questi, 37 erano occupati in nero e irregolari sul territorio nazionale. Il sistema “a strozzo” evidenziato dagli investigatori permetteva di realizzare “una massimizzazione dei profitti”.

L’opificio cinese che produce effettivamente i manufatti sarebbe stato costretto ad abbattere i costi del lavoro (contributivi, assicurativi e imposte dirette) “facendo ricorso a manovalanza in nero e clandestina, non osservando le norme relative alla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”. Non solo: non venivano rispettati neanche i Contratti Collettivi Nazionali Lavoro di settore riguardo retribuzioni della manodopera, orari di lavoro, pause e ferie” (qui abbiamo spiegato come l’industria italiana è crollata negli ultimi 15 anni: solo il Nord-Est resiste).

Le indagini dei carabinieri sono scattate a settembre 2023 e hanno preso in esame modalità di produzione, confezionamento e commercializzazione dei capi di alta moda. Nel mirino degli inquirenti sono finiti i soggetti affidatari degli appalti e i sub-affidatari non autorizzati. Gli opifici controllati erano gestiti da cittadini cinesi nelle province di Milano, Monza e Brianza e Pavia. Secondo gli investigatori, negli stabilimenti la lavorazione evidenziava tre grandi categorie di irregolarità: condizione di sfruttamento (pagamento sotto soglia, orario di lavoro non conforme, ambienti di lavoro insalubri); gravi violazioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro (omessa sorveglianza sanitaria, omessa formazione e informazione); e ospitando la manodopera in dormitori realizzati abusivamente ed in condizioni igienico sanitarie sotto minimo etico.

Nesso tra mondo del lusso e laboratori cinesi per profitto

Nel provvedimento del Tribunale di Milano si legge che “i grandi marchi, tra cui anche quello della Alviero Martini spa, mostrano una generalizzata carenza di modelli organizzativi” e che il brand di moda, nel momento in cui si avvale di “soggetti che sono dediti a un pesante sfruttamento lavorativo, integra la condotta agevolatoria”.

Nel loro atto, i giudici citano i risultati delle indagini sulla Alviero Martini spa quando si parla di “cultura di impresa gravemente deficitaria sotto il profilo del controllo, anche minimo, della filiera produttiva della quale la società si avvale”. Attraverso gli accertamenti poi è stata fatta luce su una prassi illecita “così radicata e collaudata, da poter essere considerata inserita in una più ampia politica d’impresa diretta all’aumento del business“.

I carabinieri e il pm hanno poi sottolineato come l’intero sistema abbia dato vita a un processo di decoupling organizzativo (letteralmente: “disaccoppiamento”). Tradotto: accanto alla struttura formale e ufficiale dell’azienda, si è sviluppata un’altra struttura “informale” pensata per seguire “le regole dell’efficienza e del risultato”. Secondo il Tribunale, “l’unico strumento per far cessare questa situazione, in un’ottica di interventi proporzionali, è una moderna messa alla prova aziendale” (intanto in Giappone l’inchiesta si allarga a tutta la produzione Boeing dopo l’incidente del finestrino di un 737).

Fornitori “disciplinati da un codice etico”

Come riferito dalla stessa Alviero Martini spa, tutti i rapporti di fornitura erano disciplinati “da un preciso codice etico a tutela del lavoro e dei lavoratori“. Ogni fornitore era tenuto a seguire il codice alla lettera.

In una nota la società precisa anche che, nel caso emergessero attività illecite effettuate da soggetti terzi, “introdotte a insaputa dell’azienda nella filiera produttiva, assolutamente contrari ai valori aziendali, si riserva di intervenire nei modi e nelle sedi più opportune, al fine di tutelare i lavoratori in primis e l’azienda stessa”.

Gli indagati e le sanzioni da oltre 150mila euro

Sono stati iscritti nel registro degli indagati per caporalato dieci titolari di aziende di diritto o di fatto di origine cinese. Gli inquirenti hanno inoltre segnalato 37 persone non in regola con la permanenza e il soggiorno. Sono state poi comminate ammende per oltre 153mila euro e sanzioni amministrative per 150mila euro, mentre per sei aziende è stata disposta la sospensione dell’attività per “gravi violazioni in materia di sicurezza e per utilizzo di lavoro nero”.

Con un comunicato Alviero Martini spa ha tenuto a precisare che “di essersi messa tempestivamente a disposizione delle autorità preposte, non essendo peraltro indagati né la società né i propri rappresentanti, al fine di garantire e implementare da parte di tutti i suoi fornitori, il rispetto delle norme in materia di tutela del lavoro”.

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