Il grido d’allarme di infermieri e farmacisti: partite Iva a 30 euro, se ti ammali ne prendono un altro

Federcontribuenti sta denunciando le gravi irregolarità nei contratti di lavoro di infermieri e farmacisti. Ecco le condizioni in cui sono costretti a lavorare

Pubblicato: 16 Marzo 2020 12:37

Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Li chiamiamo eroi, adesso. Ma vivono in una perenne condizione di sfruttamento e stress che di solito non vediamo. L’emergenza Coronavirus svela con tutta la sua brutalità la precaria posizione lavorativa degli infermieri e dei farmacisti in Italia.

La denuncia di Federcontribuenti

Federcontribuenti sta denunciando le gravi irregolarità nei contratti di lavoro di infermieri e farmacisti e dà vita al Dipartimento Infermieri sotto la segnalazione della stessa categoria.

In questi giorni di emergenza sono tantissimi gli infermieri assunti, prima nelle zone rosse e poi anche in altre regioni, a 30 euro nei reparti di rianimazione come liberi professionisti. Costretti ad aprirsi la partita Iva, “sottopagati e sballottati dall’Inps all’Enpapi, ente previdenziale scosso negli ultimi giorni da un arresto eccellente per appropriazione indebita” attacca Federcontribuenti.

“Non stanno assumendo dalle graduatorie che hanno, ma stanno facendo bandi per liberi professionisti che non hanno la malattia. Negli ospedali scarseggiano i mezzi di protezione e la possibilità d’infettarsi è alta” denunciano infermieri e farmacisti.

Partite Iva a 30 euro e nessuna tutela

Negli avvisi pubblici per l’ingaggio di infermieri professionisti è previsto un compenso pari a 30 euro onnicomprensivo. I liberi professionisti non hanno alcuna tutela in caso di contagio, se si ammalano ne cercano un altro. Nel bando si specifica che, finita l’emergenza, finisce la collaborazione, per cui dopo li si lascia a casa.

La stessa denuncia arriva dai farmacisti. Anche le interinali cercano personale per la terapia intensiva solo per la fase di emergenza, quindi ”si teme una speculazione; li passeranno in seguito agli ospedali pubblici, guadagnandoci”.

La situazione dei farmacisti, che chiedono i battenti chiusi

I farmacisti collaboratori, che costituiscono i 2/3 della forza lavoro delle farmacie del territorio nazionale, stanno svolgendo in questi giorni un ruolo fondamentale per la tutela della salute del cittadino e l’accesso alle terapie. Ma purtroppo molti farmacisti collaboratori stanno lavorando in assenza delle tutele necessarie, quali i DPI, contro il rischio di contagio dal Coronavirus, dotazione che sarebbe un obbligo del datore di lavoro.

Per questo il Comitato no Enpaf e moltissimi farmacisti in questi giorni stanno chiedendo l’obbligo dell’esercizio a battenti chiusi a tutela della salute dei farmacisti e dei cittadini stessi.

Si taglia sempre sulle risorse umane

Tutto è cambiato a partire dalla legge 27/2012 che ha abrogato i tariffari: sono gli infermieri a dover determinare la propria parcella, seguendo delle norme precisate nella suddetta legge. “Tutto ciò è un falso poiché obbligati ad accettare le imposizioni dei ‘cartelli'” denuncia la federazione dei contribuenti italiani.

Da anni viene denunciato come, in nome di un costante rosso nel bilancio della Sanità, anziché intaccare la classe dirigente nelle Asl, sia stata usata “l’accetta sulle risorse umane, medici e infermieri”.

Oggi, con l’emergenza Covid-19 e l’importanza di evitare un sovraccarico nei presidi medici non in grado di far fronte ad una probabile epidemia, “i nostri ospedali taglieggiati andrebbero al collasso” spiega Federcontribuenti, che ha deciso di presentare un’interrogazione parlamentare.

I tagli alla sanità pubblica

Il “profondo rosso” del Sistema sanitario nazionale, che ora rischia il collasso, viene pagato tagliando il personale medico e le strutture ospedaliere. Meno 28 miliardi dal 2010 al 2019 e il DEF riduce il rapporto spesa sanitaria/PIL dal 6,6% nel 2019-2020 al 6,5% nel 2021 e 6,4% nel 2022.

La spesa sanitaria privata, per il 90% a carico del paziente, è pari a 37 miliardi e 318 milioni di euro. Ogni italiano spende, mediamente, in assistenza sanitaria 2.466 euro. La spesa SSN cresce ogni anno dello 0,7% mentre continua la diminuzione della spesa per il personale (-6%).

Tradotto, significa che un quinto della spesa sanitaria nazionale finisce in strutture private e queste spese sono difficilmente controllabili. Il 25% dei posti letto ospedalieri, il 59% degli ambulatori e il 78% delle strutture sociosanitarie residenziali del SSN sono di privati accreditati e queste strutture, dimostrano i dati, spesso assumono infermieri costretti ad aprirsi una partita Iva e come tutti gli autonomi non hanno alcuna tutela.

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