Virus della poliomielite, perché sale l’attenzione in Europa

L’Europa è “polio-free” ma recentemente sono stati rilevati diversi campioni di acque reflue positivi al poliovirus in 3 paesi dell'Ue. L'importanza di garantire una copertura vaccinale elevata

Pubblicato: 16 Dicembre 2024 17:28

Federico Mereta

Giornalista scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica. Raccontare la scienza e la salute è la sua passione, perché crede che la conoscenza sia alla base di ogni nostra scelta. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Tre diversi ceppi virali, chiamati Poliovirus. Sono questi, entrando nel corpo più spesso attraverso le vie digerenti, a provocare la poliomielite. La malattia è particolarmente temibile, tanto da essere causa potenziale di paralisi di braccia e gambe e risultare addirittura mortale.
Grazie alla vaccinazione, l’Europa è “polio-free”. Ma ci sono segnali che riaccendono l’attenzione sul tema. L’ultimo arriva dalle rilevazioni in diverse nazioni dell’Unione Europea di campioni di acque reflue positivi al poliovirus, tutti negli scorsi mesi. E per questo motivo l’ECDC, ovvero l’European Center for Diseases Control and Prevention, invita a tenere alta la guardia. Sia chiaro. Questi “ritrovamenti” potrebbero segnalare una potenziale circolazione dei virus, ma non ci sono stati casi di malattia umana. Tuttavia, proprio per questi motivi, gli stessi Centri Europei per il controllo delle malattie ricordano l’importanza di garantire una copertura vaccinale elevata nella popolazione generale e di continuare a sostenere i sistemi di sorveglianza.

La storia del vaccino

La ricerca per giungere alla messa a punto di un vaccino, diverse decine di anni fa, è stata estremamente rapida. Nel 1948, un team di ricercatori condotti da John Franklin Enders presso il Children’s Hospital Boston, è riuscito a coltivare con successo in laboratorio il poliovirus umano. Per questa ricerca lo stesso Enders insieme a Thomas Huckle Weller e Frederick Chapman Robbins ha ricevuto il Premio Nobel per la Medicina nel 1954. I loro studi di base, infatti, sono stati fondamentali per la messa a punto di un vaccino.
Il primo ad essere stato realizzato è stato il vaccino Salk, messo a punto con la tecnica più semplice, quella dell’inattivazione del virus attraverso formolo. Validato già nel 1954, questo vaccino è stato poi studiato nel più ampio studio clinico mai realizzato al mondo, su ben 1.800.000 bambini in Usa, Canada e Finlandia. I risultati sono giunti nel 1955 e già le industrie farmaceutiche si sono impegnate a produrre questo vaccino in grandi quantità: tuttavia non si trattava, almeno all’epoca di un vaccino particolarmente valido perché l’efficacia protettiva da lotto a lotto. Poi ci fu una sorta di “colpo di grazia” a quel vaccino perché si verificarono alcuni casi di malattia legata alla somministrazione del vaccino stesso. Gli Usa continuarono a somministrarlo, ma in Europa e in Italia si è iniziato a lavorare sull’altro vaccino messo a punto da Sabin: in questo caso il virus non era inattivato, ma attenuato. I primi test dimostrarono che questa protezione era efficace e l’Italia ha scelto quel vaccino per il programma di immunizzazione della popolazione.

La grande campagna di vaccinazione in Italia

Chi ha i capelli bianchi ricorda come nel nostro Paese la poliomielite era responsabile di circa 3000 casi l’anno di grave invalidità. Inoltre nel 1958 si è osservata una grande epidemia con circa 8500 casi. Poi, nel 1964, grazie alla disponibilità del vaccino è iniziata la campagna di immunizzazione. L’iniziativa di prevenzione ha preso in considerazione tutti i bambini tra i sei mesi e i 14 anni di età, perché si pensava che sopra questa soglia la popolazione fosse immunizzata contro il virus grazie all’infezione naturale. La campagna ha previsto tre appuntamenti: in marzo si è vaccinato nei confronti del virus Polio 1, ad aprile verso il virus Polio 3 e a maggio per il polio 2. La protezione nei confronti di questo ceppo è stata realizzata per ultima, visto che era meno virulento e soprattutto poteva interferire con le risposte nei confronti degli altri virus. Poi si è effettuato un richiamo impiegando una dose di vaccino trivalente.

L’Europa diventa “polio-free”

Grazie alla massiccia campagna di vaccinazione, proseguita poi negli anni successivi, in Italia l’ultimo caso di infezione clinicamente rilevabile è stato registrato nel 1983 dopo una progressiva discesa del numero dei casi senza alcuna risalita. Abbiamo quindi eradicato la poliomielite prima di altri Paesi, considerando che l’Europa è divenuta “polio free” all’inizio del terzo millennio.
Va detto che negli anni le strategie vaccinali sono mutate. Il vaccino Sabin, infatti, aveva fatto registrare nei grandissimi numeri rarissimi casi di VAP (acronimo che sta per virus Associated Paralisys), soprattutto dopo la prima dose. Nel frattempo la ricerca ha lavorato molto per migliorare il vaccino Salk, che è diventato nuovamente disponibile nella sua versione rinnovata e più sicura agli inizi degli anni 90. Per questo in quell’epoca di è tornati a somministrare il vaccino Salk, che aveva un miglior profilo di sicurezza. Ancora oggi il Salk è contenuto nella vaccinazione esavalente, in associazione con altre vaccinazioni, e rappresenta un eccellente presidio di difesa dall’infezione. Il vaccino è quindi un presidio fondamentale.

Come ci si protegge in Italia

In Italia per la prevenzione della poliomielite è prevista la somministrazione di quattro dosi di vaccino. Si tratta del preparato Salk (anche detto IPV), che contiene i virus della poliomielite uccisi ed inattivati. Le prime dosi sono somministrate nel primo anno di vita, generalmente in un’unica iniezione insieme ad altri vaccini nel cosiddetto esavalente. La quarta dose viene somministrata tra i 5 e i 6 anni, come richiamo. Recentemente si è aggiunta una quinta dose per gli adolescenti. Oggi secondo il Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale – PNPV 2023-2025 il ciclo vaccinale prevede 5 dosi da somministrare preferibilmente a 2 mesi, 4 mesi, 10 mesi, 5-6 anni e nell’adolescenza. In generale, la protezione vaccinale è elevatissima e si mantiene nel tempo.

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