Influenza australiana in Italia, come riconoscere i sintomi e affrontarla

Segnalati in Italia i primi casi del virus AH3N2, la variante “australiana” dell'influenza. Particolarmente importante la vaccinazione per proteggere le fasce più deboli

Pubblicato: 4 Novembre 2024 11:49

Federico Mereta

Giornalista scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica. Raccontare la scienza e la salute è la sua passione, perché crede che la conoscenza sia alla base di ogni nostra scelta. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Avete presente un “maestro di metamorfosi”? Uno studioso, tempo fa, ha definito così il virus dell’influenza. Perché si modifica. Spesso di pochissimo, come accade quest’anno. In altri casi ci sono vere e proprie modificazioni profonde del virus. In queste circostanze ci si trova di fronte ad un ceppo virale sostanzialmente nuovo.

Non è questo il caso dell’influenza australiana, anche se il virus AH3N2 che la contraddistingue presenta sicuramente caratteristiche di immunoevasività, ovvero può essere meno facile da affrontare da parte del sistema difensivo dell’organismo. Nei giorni scorsi ci sono stati i primi casi in diverse regioni e addirittura a Genova c’è stato un ricovero con sintomi neurologici legati all’infezione.
Perché l’influenza può determinare complicanze anche serie e per questo è utile proteggersi con la vaccinazione, specie se si è a rischio per età o per la presenza di patologie croniche.

Non solo AH3N2

Il virus dell’influenza, insomma, tende a presentarsi con caratteristiche poco – o molto – diverse da quelle dell’anno prima. Perché deve modificarsi per sopravvivere. In questo senso quella che viene definita variante “australiana” di AH3N2 non fa eccezione. Ma preoccupa perché proprio sull’altra faccia del pianeta, nell’inverno australiano, si è rivelata particolarmente “cattiva” e con ampia capacità di diffusione. Per questo c’è grande attenzione, anche considerando che i primi casi sono giunti in sostanziale anticipo rispetto ai tempi classici di diffusione del virus, verso fine dicembre.
Va anche detto che ci sono moltissimi virus in circolazione, da quelli parainfluenzali fino al Virus Respiratorio Sinciziale (RSV) e ovviamente all’ultima variante di Sars-CoV-2. Anche per questo c’è il rischio di superare quei circa 14 milioni di casi riscontrati lo scorso anno. E per questo la co-circolazione di SARS-CoV-2 e RSV rende quest’anno particolarmente importante la vaccinazione per proteggere le fasce più deboli. Sempre ricordando che per escludere che si tratti di Covid è sempre d’aiuto il classico tampone.

Quando è “vera” influenza

Appena abbiamo qualche linea di febbre e ci sentiamo debilitati, magari con un mal di testa che non vuole andarsene, pensiamo subito “ho l’influenza”. In realtà spesso non è così. Tecnicamente si può parlare di “vera influenza” se i sintomi compaiono in un periodo che varia dalle 24 alle 72 ore e solo se ci sono tre condizioni presenti contemporaneamente:

Negli altri casi, pur se i sintomi possono essere simili, è più corretto parlare di infezioni respiratorie acute o sindromi para- influenzali, come ad esempio il raffreddore.

Chi rischia di più

In genere i virus AH3N2 tendono ad essere particolarmente difficili da affrontare per gli anziani ed i fragili. D’altro canto, questi soggetti sono anche quelli che possono avere nell’infezione da virus influenzali la classica “goccia” che fa traboccare il vaso di una salute non proprio ottimale. Dando luogo a complicazioni che possono interessare diversi apparati a partire da quello cardiovascolare, tanto che la Società Europea di Cardiologia (ESC) propone la vaccinazione con la massima raccomandazione.
E lo stesso deve avvenire per chi soffre di cronicità come il diabete, malattie respiratorie come la BPCO, problematiche a carico dei reni con malattia renale cronica oltre a tante altre possibilità.

In particolare preoccupa il fenomeno dell’immunosenescenza. Con questo termine si descrive l’invecchiamento biologico del sistema immunitario, che è associato a un progressivo declino di immunità, scarsa risposta alle vaccinazioni, aumento dell’esposizione alle infezioni (anche determinato dal maggior numero di ospedalizzazioni), maggiore impiego di antibiotici e aumento delle infezioni paucisintomatiche che rappresentano uno stimolo cronico all’attivazione “proinfiammatoria” del sistema immunitario. Gli agenti patogeni, come appunto i virus influenzali, trovano quindi una resistenza inferiore in soggetti con più di 65 anni, che sono maggiormente esposti al contagio e più fragili rispetto agli effetti.
E l’Australiana, in questo senso rappresenta certo un problema da prevenire.

Una vaccinazione su misura

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), sulla base dei dati della Rete sentinella mondiale di sorveglianza dell’influenza, ha stabilito la composizione vaccinale. Esistono diversi tipi di vaccino per massimizzarne l’efficacia anche in funzione delle caratteristiche del soggetto, efficacia che riesce sicuramente a evitare gli effetti più pesanti della malattia come il rischio di decesso nonostante, come ben noto, non si possa parlare di un’efficacia del 100% in quanto minata dal fatto che le manifestazioni respiratorie sono dovute in realtà a un cocktail di virus e solo quelle dovute all’ortomixovirus dell’influenza possono essere protette dal vaccino.

Nell’ambito della composizione vaccinale quest’anno, tra l’altro, sono previsti solo 3 stipiti virali:

Il vaccino è in testa alle modalità di prevenzione dell’influenza, ma non è ovviamente l’unica modalità di prevenzione che abbiamo a disposizione. Anche se a volte ce ne dimentichiamo, infatti, ci sono semplici regole di igiene che dovrebbero accompagnarci tutto l’anno ma che diventano particolarmente significative quando i virus influenzali sono in circolazione. Per proteggersi e proteggere gli altri dal contagio, come lavarsi bene le mani, mettere le mani davanti alla bocca e al naso quando si tossisce o si starnutisce e rimanere a riposo quando si è ammalati per evitare di contagiare gli altri. Per il resto, attenzione agli sbalzi di temperatura quando fa molto freddo. Il virus sa sfruttare l’impercettibile calo delle difese locali che si verifica quando fa molto freddo.

Quali sono le caratteristiche dei virus influenzali e cosa significa AH3N2

I virus influenzali sono altamente contagiosi e presentano alcune caratteristiche che li rendono del tutto diversi dai loro “simili”. Fanno parte della famiglia Orthomyxoviridae, genere orthomyxovirus. Hanno la forma di una sfera, più o meno simile ad un pallone da calcio pur se di dimensioni infinitesime rispetto ad esso, siamo nell’ordine degli 80-120 nanometri di diametro. Ma soprattutto sulla loro superficie esterna appaiono “spinosi”, perché presentano alcune protuberanze sottili chiamate in termine scientifico “spikes”. Queste strutture sono fondamentali per la risposta dell’organismo al virus, per l’attività dei farmaci e per la messa a punto dei vaccini. Su queste protuberanze si trovano infatti i cosiddetti antigeni di superficie, ovvero le emoagglutinine (contraddistinte dalla sigla H) e le neuraminidasi (contrassegnate con la lettera N).
Questi due elementi sono fondamentali per la definizione del sottotipo di virus: infatti per ogni ceppo influenzale, si usa una lettera che caratterizza in termini generali la “famiglia” virale in base agli antigeni interni (A, B e C); per il tipo A, le due sigle H e N, seguite da un numero contraddistinguono specificamente gli antigeni propri del singolo ceppo. Non vi è invece alcun sottotipo per i virus B e C. Ovviamente la complessa struttura del virus non è limitata alla sua parte esterna. Al suo interno è infatti presente il patrimonio genetico virale, sotto forma di acido ribonucleico (RNA).

Come curare l’influenza

Partiamo da un dato chiaro. Non ci sono trattamenti mirati da fare a caso in grado di attaccare direttamente il virus. ma per fortuna, oltre al riposo e all’alimentazione leggera, possiamo contrastarne i sintomi con farmaci definiti appunto sintomatici, come antipiretici e antinfiammatori.
Nei giorni la curva dei disturbi si modifica e dopo qualche giorno il quadro tende a normalizzarsi. Non vanno impiegati autonomamente gli antibiotici, che sono utili solo per le infezioni batteriche. Il medico è l’unico che può prescriverli. Quindi alimentazione leggera, riposo (anche per non andare a contagiare con il virus altre persone) e un clima ottimale a casa possono aiutare a portare a sfebbrare. Sempre che non compaiano complicanze. In questo caso il medico può consigliare, caso per caso, l’atteggiamento più corretto.

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