Daniela Santanchè e Ki Group nel mirino di Report: dopo il fallimento, le accuse sulle partite IVA

Dopo il fallimento certificato dal tribunale, l'inchiesta giornalistica di Report su Ki Group non si è fermata. Ora potrebbe profilarsi anche un'indagine per bancarotta fraudolenta

Pubblicato: 29 Gennaio 2024 15:37

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Redazione

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Meno di un mese fa il Tribunale fallimentare di Milano ha disposto la liquidazione giudiziale, ossia il fallimento secondo le vecchie procedure, di Ki Group srl, una delle società leader del cibo bio gestita per quasi 10 anni dall’attuale ministra del Turismo, Daniela Santanchè, poi uscita dal board della società.

I riflettori pubblici sul caso sono stati accesi dalla trasmissione Report. Dopo le puntate andate in onda in televisione la Ki Group, ora in fallimento, ha pagato la liquidazione ai propri dipendenti. Dall’altro lato, però, l’azienda non ha previsto nulla del genere per i circa 70 collaboratori a partita IVA, alcuni dei quali lavoravano per il gruppo da 30 anni.

Il fallimento di Ki Group e la difesa di Santanchè: “Nessun ruolo”

Decidendo per la liquidazione della società il 9 gennaio, i giudici milanesi hanno accolto la richiesta della Procura. La società aveva invece chiesto l’ammissione al concordato semplificato. Una situazione che aveva spinto la Santanchè (già coinvolta in un’altra inchiesta nel 2023) a mettere subito le mani avanti, chiarendo la propria posizione: “In relazione all’apertura della liquidazione giudiziale della società Ki Group s.r.l., e alle conseguenti notizie apparse su talune testate giornalistiche in riferimento a un asserito caso Santanchè, intendo precisare che in detta società ho avuto tempo addietro un ruolo del tutto marginale e oggi non ne ho alcuno“.

La ministra ha insomma smentito le notizie secondo cui Ki Group avrebbe fatto “capo a lei”, affermando che tali illazioni sembravano più che altro “ispirate esclusivamente dalla volontà di screditare la mia immagine personale e la reputazione della carica che ho l’onore di ricoprire“. Attraverso la società ufficialmente ascrivibile a Santanchè, la Immobiliare Dani s.r.l., la ministra deteneva in KI Group, sin dalla data di costituzione societaria, “soltanto un’insignificante partecipazione” (pari al 5%).

Daniela Santanchè è stata presidente del Consiglio di amministrazione, priva di deleghe, dal 30 aprile 2019 al 15 giugno 2020, data in cui ha rassegnato le dimissioni. “Dal 14 settembre 2020 ho, poi, assunto il ruolo di consigliere, ancora senza alcuna delega gestoria e ancora per pochi mesi, fino al 10 maggio 2021, data in cui ho dismesso definitivamente ogni funzione”, ha affermato ancora (qui avevamo elencato tutti i guai della ministra).

Ki Group, nessun pagamento alle partite IVA: verso l’accusa di bancarotta fraudolenta?

L’inchiesta di Report non si è però fermata dopo la sentenza milanese. Un nuovo servizio del giornalista Giorgio Mottola, si è concentrato nuovamente sulla gestione quasi decennale dell’azienda da parte di Daniela Santanchè e del suo ex compagno Canio Mazzaro. Rilevando una presunta disparità di trattamento tra dipendenti e partite IVA. A questi ultimi, oltre 70 agenti commerciali della società che da tre anni chiedono gli stipendi arretrati, è stato proposto un accordo che puntava a evitare il fallimento di Ki Group. “Pagando il meno possibile”, sostengono i reporter.

Nonostante i tentativi, però, la Ki Group non è riuscita a evitare il fallimento. Sulle spalle della società gravano infatti oltre 9 milioni di euro debiti, di cui quasi 3 milioni nei confronti dello Stato. La decisione del Tribunale fallimentare di Milano potrebbe ora portare all’avvio di un’indagine per bancarotta fraudolenta.

È stata inoltre fatta luce su un’operazione finanziaria basata su crediti IVA ritenuti falsi da oltre un miliardo di euro. “Erano quelli che intrattenevano il rapporto con la clientela, hanno fatto insomma la storia della società. C’era gente che lavorava con noi da almeno 30 anni”, ha spiegato Monica Lasagna, ex responsabile commerciale di Ki Group. Uno degli agenti afferma di aver ricevuto meno di 9mila euro, a fronte di quasi 65mila di arretrati.

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