Mar Rosso, è guerra ibrida. Crosetto pronto a reclutare riservisti: “Il mondo è cambiato, l’Italia si prepari”

Il ministro della Difesa si trova ad affrontare la crisi del Mar Rosso, che definisce una guerra ibrida commerciale. Governo al lavoro per reclutare riservisti

Pubblicato: 29 Gennaio 2024 19:14

Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Siamo in guerra. Una guerra commerciale almeno, di sicuro. Secondo il ministro della Difesa Guido Crosetto, gli attacchi alle navi nel Mar Rosso non sono solo un’offensiva militare, ma un nuovo capitolo di “guerra ibrida“. In una intervista a La Stampa, lo storico braccio destro della premier Meloni spiega che la decisione degli Houthi di non colpire le navi cinesi e russe di fatto “vuole alterare le regole del commercio mondiale”.

“Il mondo sta cambiando, si combattono sia guerre evidenti sia ibride. Solo nel Mar Rosso ci sono più guerre, Cina e Russia stanno già combattendo una loro guerra ibrida”. Le navi russe e cinesi non vengono attaccate e “la cosa viene annunciata apertamente”. Questo crea un disallineamento commerciale, spiega, perché le loro merci hanno costi di trasporto e di assicurazioni inferiori, cosa che si riflette sui prezzi. “È una guerra che si innesca su un’altra guerra”.

Crosetto sottolinea che il governo a guida Meloni ha condannato duramente i crimini di Hamas, “dopodiché abbiamo detto a Netanyahu che non si può essere contrari alla soluzione dei due Stati che tutto il mondo sostiene. Né si può stare zitti davanti al numero altissimo di vittime civili”.

Serve una missione europea, subito

Per questo la missione europea Aspides è ancora più urgente, soprattutto per i nostri interessi nazionali. L’Italia ad oggi a causa degli attacchi degli Houthi sta perdendo qualcosa come 95 milioni di euro al giorno. “Per l’Italia molto più che per altri Stati” dice Crosetto.

“Per andare più rapidi abbiamo trovato un accordo con Francia e Germania. Poi, però, per dei puri dettagli, si perdono settimane e ora non ce lo possiamo permettere” chiosa. Ha in parte influito il fatto che la Spagna abbia frenato su un intervento europeo: “Quella del governo spagnolo è una diffidenza ideologica. Sánchez ha fatto prevalere l’interesse dei suoi accordi politici su quelli della sicurezza internazionale” evidenzia.

Le azioni di Stati Uniti e Gran Bretagna stanno ottenendo risultati concreti, ma non basta. “Gli Houthi sono molto organizzati e non facili da sconfiggere. Io spero che passi il messaggio che siamo davanti a uno scenario nuovo, che ci riguarda da vicino e che ci dobbiamo attrezzare”.

Cosa farà l’Italia nella missione sul Mar Rosso

Ciò che sappiamo ad oggi, come ha confermato lo stesso ministro, è che l’Italia manderà una nave che si va ad aggiungere alle altre già presenti in zona per le altre missioni.

Il nostro Paese è pronto ad assumere il comando. Le navi italiane non potranno colpire le postazioni degli Houthi, perché, come precisa, nell’ambito degli accordi internazionali Nato “noi non possiamo bombardare, a meno che ci sia una risoluzione internazionale o la richiesta di un Paese amico”.

Ciò che può fare l’Italia però è “rispondere agli attacchi, magari anche anticipandoli”. Inevitabilmente, per questo passaggio cruciale dovrà essere coinvolto il Parlamento. “Ci saranno delle comunicazioni o passaggi formali, a seconda della configurazione della missione, con un voto dell’Aula” chiarisce ancora il capo della Difesa.

Crosetto pronto a un decreto per reclutare riservisti

Il ministero intanto è al lavoro in questi giorni per dare alla luce una legge per l’introduzione di una riserva ausiliaria dello Stato, delle Forze armate, che sarebbe composta da massimo 10mila persone, come peraltro già previsto dalla legge 119 del 2022 introdotta dal precedente governo e come già anticipato da Crosetto qualche mese fa, almeno nelle intenzioni. Esiste infatti già una delega del Parlamento per reclutare riservisti.

Già in una precedente intervista al Corriere della Sera, Crosetto ha spiegato che “non abbiamo un problema di numero, ma per esempio costruire una riserva nazionale delle forze armate, come in Svizzera e in Israele, è un mio obiettivo, anche se attivare, ovviamente, in casi gravissimi”. Il governo Meloni tira dritto e non sembra avere alcuna intenzione di fare marcia indietro sull’approvazione di una legge su questo nelle prossime settimane, “una delle riforme necessarie all’Italia” afferma.

Ma chi comporrebbe questa riserva? Chi sarebbe chiamato a fare da riservista? Niente panico: non i comuni cittadini, ma molto più plausibilmente ex militari o personale con determinate caratteristiche, da impiegare solo ed esclusivamente in caso di necessità durante conflitti o crisi internazionali, non impiegati sul fronte dei teatri operativi ma per il supporto logistico e la cooperazione.

Volontari insomma che, in caso di necessità, possano essere attivati per affiancare le forze armate. “I militari dovranno specializzarsi sempre di più, ma poi serve un bacino più ampio”: tutto sta capire esattamente quanto ampio.

Perché secondo Crosetto l’esercito italiano va riformato

Un discorso “difficile da accettare” ammette, “perché tutti noi tendiamo a nasconderci in una comfort zone”, ma a suo dire indispensabile. Deve cambiare il ruolo delle forze armate italiane. “Abbiamo trasformato le forze armate con l’idea che non ci fosse più bisogno di difendere il nostro territorio e che la pace fosse una conquista di fatto irreversibile”.

Le forze armate, in questo quadro, al massimo partecipano a missioni di pace, senza arrivare a scontri veri e propri. “Ora i recinti sono stati abbattuti, non ci sono più regole. Abbiamo costruito regole con l’idea di un mondo sempre pacifico, di nazioni che non invadono le altre, di guerre che non incidono sul benessere dei nostri cittadini. E invece ci ritroviamo in un mondo diverso, in cui gli attori che lo stanno destabilizzando – Iran, Russia e Corea del Nord – hanno una capacità produttiva militare superiore a quella della Nato“.

Non sembra preoccupato che si generi allarme tra i cittadini Crosetto – “Il ruolo del ministro della Difesa presuppone di prendere in considerazione gli scenari peggiori possibili” -, anche se è evidente, come lui stesso ha confermato, che lo scenario peggiore “sarebbe doversi difendere sul proprio territorio”. Altra cosa che “va prevista” è intervenire in Paesi lontani per difendere gli interessi italiani, conclude.

Nessuna svolta militarista, comunque, assicura: “Noi non vogliamo la guerra, i riservisti non servono per fare la guerra, ma per difendersi, in supporto alle forze armate regolari, e solo nel caso, poco probabile, di un attacco diretto. Non c’è una visione ideologica, ma pragmatica. Come la Svizzera, che non partecipa a conflitti da secoli ma è pronta a difendersi”.

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