Israele lancia l’operazione in Libano, ma non sarà un’invasione

Alla fine le truppe israeliane hanno lanciato raid e incursioni mirate nel sud del Libano, senza però puntare all'invasione. Nel mirino ci sono infrastrutture di Hezbollah che hanno dato filo da torcere allo Stato ebraico in questo primo anno di conflitto

Pubblicato: 1 Ottobre 2024 09:16

Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Dopo aver fornito tutte le avvisaglie, Israele ha lanciato un’operazione di terra in Libano. Oltre ai raid a Beirut e Valle della Beqa’, che hanno provocato centinaia di vittime e centinaia di migliaia di sfollati in meno di una settimana, ora si è passati all’incursione. Si tratta tuttavia di operazioni mirate e temporanee, che non puntano all’invasione o all’occupazione del sud del Paese confinante.

Le autorità libanesi, dal canto loro, hanno precisato che gli israeliani non superato la linea blu di demarcazione fra i due Paesi, ma che hanno bombardato massicciamente le località di confine restando dalla loro parte del confine.

Le incursioni di Israele in Libano saranno “mirate e limitate”

A sgomberare ogni dubbio sulle operazioni militari è stato lo stesso Israele, in modo da evitare scomposte reazioni iraniane o di Hezbollah e la conseguente escalation del conflitto. Lo Stato ebraico non pianifica un’occupazione militare a lungo termine del Libano meridionale. I vertici militari si sono guardati però bene dal fornire dettagli in merito alle tempistiche delle incursioni compiute con l’impiego di artiglieria e unità corazzate. Come riferito da alcuni ufficiali alla Cnn, le azioni belliche mirano alla rimozione delle “minacce immediate” predisposte da Hezbollah nei villaggi libanesi lungo il confine, inclusa la capacità dei miliziani sciiti di penetrare oltrefrontiera.

I soldati della 98ma Divisione, inclusi i militari dei Paracadutisti, del Commando e della Settima Brigata si sono preparati per operazioni “mirate, limitate e localizzate”. Entro, dunque, pochi chilometri dalla frontiera. Le Idf hanno dichiarato che l’operazione di terra è contro “infrastrutture” del gruppo sostenuto dall’Iran, le quali “rappresentano una minaccia immediata per le comunità nel nord di Israele”. Prima di ingaggiare “intensi combattimenti”, le unità dello Stato ebraico hanno invitato i civili a “non guidare veicoli nelle aree a sud del fiume Litani fino a nuovo avviso”. Secondo la propaganda israeliana, i miliziani di Hezbollah “stanno usando l’ambiente civile e voi come scudo umano per organizzare attacchi”.

Un funzionario della sicurezza israeliano ha in seguito precisato che non ci sono stati scontri diretti con Hezbollah all’interno del Libano, contraddicendo le precedenti affermazioni dell’esercito su “pesanti combattimenti” in corso. I raid delle truppe israeliane nel Libano meridionale hanno interessato nella notte solo “una breve distanza oltre confine”. Aggiungendo che un’operazione più ampia che abbia come obiettivo Beirut, colpita da ripetuti attacchi aerei negli ultimi giorni, “non è sul tavolo”. Nel frattempo non sono tuttavia cessati i raid sulla capitale libanese, dove Israele ha bombardato ancora i siti di produzione di armi e infrastrutture appartenenti al “Partito di dio” nel quartiere meridionale di Dahieh e innescato un inasprimento delle ostilità.

La versione del Libano

Le autorità libanesi si sono affrettato nello smentire la violazione del loro territorio nazionale. Diverse fonti hanno riferito alla testata L’Orient-Le Jour che “non c’è stata alcuna invasione da parte dell’esercito israeliano”. Da parte sua, Hezbollah ha indicato che stava monitorando “raduni e movimenti di truppe” al confine e che era ampiamente a conoscenza di ogni mossa del nemico.

L’esercito di Beirut ha poi smentito le voci sul ritiro delle sue unità stanziate nel sud del Paese per diversi chilometri. Lo Stato maggiore ha riferito che le truppe stavano al contrario “riposizionando alcuni punti di osservazione avanzati nelle loro aree di responsabilità designate”. Il comando dell’esercito libanese ha inoltre sottolineato la continua cooperazione e il coordinamento con la Forza d’interposizione delle Nazioni Unite in Libano (Unifil), che a sua volta ha fatto sapere che non abbandonerà le proprie posizioni.

La stessa Unifil ha poi evidenziato come l’esercito israeliano avesse notificato il giorno prima la sua “intenzione di intraprendere limitate incursioni di terra in Libano”. La Forza di pacekeeping aveva descritto la decisione di Tel Aviv uno “sviluppo pericoloso”, aggiungendo che “qualsiasi attraversamento del confine con il Libano è una violazione della sovranità e dell’integrità territoriale libanese e una violazione della risoluzione 1701“. Il riferimento è alla risoluzione delle Nazioni Unite del 2006 che ha posto fine alla guerra (durata 34 giorni) tra Israele e Hezbollah. “Esortiamo tutti gli attori a fare un passo indietro rispetto a tali atti di escalation, che porteranno solo a più violenza e a più spargimento di sangue”, ha concluso l’Unifil.

Operazioni segrete di Israele in Libano da mesi

L’esercito israeliano ha inoltre pubblicato un documento in cui il comandante dell’Unità Aguz conferma per la prima volta che l’Idf ha effettuato operazioni segrete di commando transfrontalieri negli ultimi mesi nel sud del Libano. “Abbiamo iniziato con più operazioni di basso profilo, e ora entreremo in una manovra più significativa e riporteremo i residenti del nord sani e salvi alle loro case. Questa è una questione fondamentale, è dal 2006 che non operiamo in Libano”, si legge.

L’esercito israeliano ha emanato un ordine di evacuazione rivolto ad almeno 20 comunità nel sud del Libano, invitando tutti i residenti a recarsi a nord del fiume Awali, a circa 60 chilometri dal confine con Israele. Si tratta di una distanza maggiore rispetto al fiume Litani, che segna il confine settentrionale di una zona cuscinetto dichiarata dalle Nazioni Unite dopo la guerra del 2006. Il fiume Litani è a 30 chilometri dalla frontiera.

E’ poi emerso che sono oltre 70 le “mini incursioni” che le Forze di difesa hanno compiuto dall’inizio della guerra, distruggendo numerose postazioni di Hezbollah, tunnel e migliaia di armi che sarebbero state potenzialmente utilizzate “per invadere Israele”. Propaganda pura, perché nessun agente di prossimità dell’Iran si sognerebbe di rischiare così la propria struttura e la propria agenda. Ma tant’è. I funzionari israeliani hanno ribadito che mirano a rendere l’offensiva “il più breve possibile, anche solo di poche settimane. Non c’è stata alcuna intenzione di rimanere nel Libano meridionale, ma solo di rafforzare le difese e la sorveglianza alla frontiera”.

Cosa succederà ora?

Il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, aveva lasciato intendere che l’esercito fosse pronto per un’operazione di terra e a usare le forze “dall’aria, dal mare e da terra” per colpire Hezbollah. Il vice leader dell’organizzazione fondamentalista aveva ribattuto di essere più che predisposto a qualunque azione nemica. In definitiva, i raid israeliani sembrano davvero seguire, come affermato dallo Stato maggiore, “un piano metodico stabilito dal Comando Nord, per il quale i soldati si sono addestrati e preparati negli ultimi mesi”.

Una guerra aperta contro il potente apparato militare di Hezbollah sarebbe un disastro annunciato per Israele. Senza contare le ulteriori ripercussioni sull’immagine dello Stato ebraico, che ha già straperso la guerra mediatica a causa delle atrocità sui civili di Gaza. L’obiettivo di Tel Aviv è neutralizzare la capacità missilistica di Hezbollah a ridosso del confine, distruggendo i sistemi di lancio che in un anno di conflitto hanno sputato razzi e vettori contro il nord del Paese, in un scontro mantenuto a bassa intensità prima dell’ondata di uccisioni dei vertici politico-militari delle milizie filo-iraniane.

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